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Liturgia della domenica
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Omelia

"Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12,32). Così si apre il brano evangelico propostoci in questa domenica. Riprende il cuore della predicazione di Gesù che è appunto la venuta del regno; e ai suoi discepoli viene affidata la grave missione di continuare ad annunciarlo e a realizzarlo già da ora, nonostante siano un piccolo gregge. La centralità di questa predicazione, che di conseguenza deve essere tale anche nella preoccupazione dei credenti, è affermata icasticamente nel versetto precedente a quello indicato: "Cercate piuttosto il suo (del Padre) regno, e queste cose (i beni della vita) vi saranno date in aggiunta" (v. 31).
Questo riferimento al regno di Dio, cui il discepolo deve dedicare tutto il suo interesse, si colloca in netta antitesi con il comune sentire degli uomini, tesi a cercare solo le cose della terra. Il regno di Dio è l’instaurazione della pace piena per tutto l’uomo e per tutti gli uomini. È qui la ragione stessa delle parole che seguono: fare elemosine per procurarsi borse che non si consumano e tesori da porre nel cielo, dove non ci sono né ladri che rubano né tignola che corrode. Gesù vuol dire che, a differenza dei beni terreni che si possono perdere, i tesori celesti non corrono alcun pericolo (si riprende una tradizione biblica che era solita considerare le opere buone come tesori conservati nei cieli; un antico detto ebraico recita così: "I miei padri hanno accumulato tesori per sotto, e io ho accumulato tesori per sopra. I miei padri hanno accumulato tesori che non fruttano alcun interesse, e io ho accumulato tesori che fruttano interessi"). Emerge da queste frasi evangeliche un uomo diverso dal ricco sorpreso dalla morte mentre pensa ai suoi guadagni o è preso dai suoi affanni: è il discepolo che attende il Signore e il suo regno. Il Vangelo chiarisce questa idea con la parabola dell’amministratore posto a capo di una casa dopo la partenza del padrone.
L’amministratore, pensando che quest’ultimo tarderà a tornare, si mette a picchiare i servi e le serve, a bere e a ubriacarsi. Si tratta di una scena che a prima vista ci sembra esagerata, in verità descrive una situazione piuttosto frequente. In fondo, le tante ingiustizie e le migliaia di piccole cattiverie quotidiane che rendono la vita difficile a tutti nascono da questo atteggiamento piuttosto diffuso. Dall’idea, cioè, di comportarci come piccoli padroncini piuttosto cattivi verso gli altri, con il pensiero, abbastanza miope, che tanto a noi non toccherà mai subire nulla. In realtà, il maltrattamento di un’altra persona, oltre a essere un fatto odioso in sé, contiene sempre una certa dose di stupidità. È sempre un fatto violento che, bene o male, si ritorce anche contro chi ha compiuto, da posizione di forza, la piccola violenza. Credo che anche qui avvenga la stessa cosa che capita con il problema dell’inquinamento. Colui che inquina in modo ignorante l’ambiente, anche se pensa che non lo riguardi, finisce per inquinare anche se stesso con l’aria che respira o con il cibo con cui si nutre. La stessa cosa accade a chi rende più difficile la vita per gli altri: agendo così inquina la vita, e la violenza che ha esercitato si ritorce anche contro se stesso. È per questo che il brano del Vangelo propone di stare ben svegli: "Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese" e poi: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli" (vv. 35-37). L’uomo che vuol dormire spegne la lucerna; chi vuol essere sveglio quando il padrone torna rimane con la lampada accesa.
La vigilanza è una virtù che sembra un po’ in disuso ai giorni nostri. Al contrario è essenziale per la nostra vita. Spesso ci addormentiamo sulle nostre cose, ci lasciamo appesantire dagli affanni e dalle angustie. "Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (v. 34), dice Gesù. Ed è qui il problema per parte nostra. Il tesoro del cristiano è il Signore, e la sua vita è nella sua attesa. La ricompensa di cui parla Gesù, e che sarà data a coloro che egli troverà vigilanti, è una ricompensa incredibile e sconvolge le consuetudini normali: il padrone stesso diviene servo dei servi, si cinge le vesti, li invita a distendersi sui cuscini della sala da pranzo e passa a servirli. È il senso di una vita piena che riescono a vivere coloro che sono vigilanti non per sé ma nell’accogliere il Signore. Molti santi, pensando alla vigilanza, hanno detto: "Devo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo". Se tutti vivessimo ogni giorno come se fosse l’ultimo credo che la nostra vita sarebbe diversa, molto più umana e più bella. Più piena, più ricca, più vera, meno annoiata, meno disperata. Insomma, più vita.