PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Liturgia della domenica
Parola di Dio ogni giorno

Liturgia della domenica

Festa di Cristo Re dell'universo.
Memoria della Presentazione al Tempio della Madre del Signore. Questa festa, nata a Gerusalemme e celebrata anche in Oriente, ricorda insieme l'antico tempio e l'offerta al Signore che Maria fece della sua vita.
Leggi di più

Libretto DEL GIORNO
Liturgia della domenica

Omelia

Con questa trentaquattresima domenica si chiude l’anno liturgico. È vero che solo chi va in chiesa se ne accorge. Si tratta, infatti, di una data che non corrisponde a nessun avvenimento amministrativo, scolastico o di altro genere, che in qualche modo apre o chiude un periodo particolare. In verità l’intero anno liturgico risponde a una misurazione del tempo che è al di fuori delle normali consuetudini degli uomini. Ed è giusto che sia così. Il tempo liturgico, infatti, non nasce dal basso; non è originato dalle misurazioni degli uomini e dalle loro scadenze. È un tempo che viene dall’alto, da Dio; è il "Tempo" di Dio che entra nel "tempo" degli uomini; è la "Storia" che irrompe nella "storia" degli uomini. Si potrebbe dire che l’anno liturgico è Cristo stesso, contemplato di domenica in domenica.
In quest’ultima domenica, che chiude il tempo liturgico, vediamo il Cristo alla fine dei tempi come "re dell’universo". La Parola di Dio anche in questa domenica, come ha fatto sempre, ci prende per mano e ci introduce nella contemplazione della regalità di Gesù. Non si tratta di restare a vedere dall’esterno questo mistero: ci siamo dentro. L’apostolo Palo esorta ognuno di noi a ringraziare Dio "che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore" (Col 1,13). Siamo davvero dei "trasferiti" o, se volete, degli "emigrati", da questo mondo, dove regnano le tenebre, a un altro mondo, ove regna il Signore Gesù. E che questo mondo di Gesù sia "altro" dal nostro appare evidente dalla scena evangelica che oggi ci viene proposta come immagine della regalità: Gesù inchiodato sulla croce con accanto due ladri.
Qualcuno, scusandosi per la vena dissacrante nel paragone, ha detto che questa è la foto ufficiale del nostro re (è vero che l’abbiamo messa in tanti luoghi, ma l’abitudine con cui la guardiamo le ha fatto perdere il suo valore di scandalo, di pietra d’inciampo, per farla divenire spesso unicamente un oggetto di ornamento). Non c’è dubbio che si tratta di uno strano trono (la croce) e di una corte ancor più strana (due ladri). Eppure Gesù afferma senza mezzi termini che lui è re, e che lo è proprio in questo modo. L’apostolo Paolo raccolse questa convinzione e la trasmise alle Chiese, ben sapendo dello scandalo che avrebbe provocato. Ai cristiani di Corinto scriveva: "noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani" (l Cor 1,23). Gesù è re da crocifisso; in questo modo egli esercita il suo potere regale. Gesù, del resto, l’aveva detto più volte ai discepoli nei tre anni che era stato con loro. Poco prima di morire disse loro: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così" (Lc 22,25-26). E Gesù lo mostra per primo con la sua vita e la sua morte.
Mentre sta inchiodato sulla croce gli arriva un identico suggerimento da più parti: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (23,37). Glielo dicono i capi dei sacerdoti, glielo gridano i soldati, e glielo urla anche uno dei ladri appeso accanto a lui. Le persone sono diverse, ma il ritornello è sempre lo stesso: "Salva te stesso". In queste tre semplici parole è racchiuso uno dei dogmi che fondano più radicalmente la vita di ognuno di noi. E questa dottrina l’abbiamo appresa fin dall’infanzia. In essa è racchiusa la regola di vita, è sintetizzato il metro per giudicare ogni cosa, è simboleggiata la discriminante che ci fa accettare questo e rifiutare quello.
Ebbene, sulla croce è sconfitto questo dogma. L’amore ha annientato la convinzione più profonda che presiede alla vita degli uomini. Tutti salvano se stessi in questo mondo. L’unico che non ha salvato se stesso è stato Gesù. In tal senso il potere regale trova proprio sulla croce il suo punto più alto. E ne vediamo immediatamente l’effetto. Gesù re, non cedendo all’ultima tentazione, appunto quella di salvare se stesso, salva uno dei due ladri solo perché questi ha intravisto fin dove l’amore lo aveva condotto. La festa di Cristo, re dell’universo, è la festa di questo amore, un amore che ha dato tutto se stesso per gli uomini. Su di esso è fondata tutta la nostra speranza, il nostro oggi e il nostro domani.