PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Liturgia della domenica
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Omelia

In questa seconda domenica del “Tempo ordinario”, il Vangelo ci porta ancora una volta sulle rive del Giordano ove Gesù riceve il battesimo del Battista. Il quarto evangelista, a differenza dei sinottici, non lo descrive, vi allude solamente dirigendo l’attenzione su Gesù attraverso la testimonianza del Battista. In certo modo si potrebbe dire che attraverso questo brano (a parte il Prologo) il Vangelo di Giovanni ci narra l’ingresso di Gesù nella storia. Il predicatore del deserto che doveva preparare le vie del Signore vede “venire verso di lui” l’atteso delle genti, colui che è stato il riferimento costante della sua ricerca e della sua stessa predicazione. Davvero Giovanni ha speso la sua vita per preparargli la strada: tutte le sue parole erano dirette ad aprire il cuore degli uomini a Gesù e tutta la sua testimonianza tendeva a spianare le montagne e a riempire gli abissi dei cuori perché il Signore vi potesse entrare. Lo stesso battesimo di penitenza che amministrava nel Giordano era il segno della purificazione da ogni sozzura per accogliere il Messia.
Egli stesso ha sperato di incontrarlo. Quanto alte e quanto numerose sono state le sue preghiere perché si potesse realizzare tale incontro! Ebbene quel momento era finalmente arrivato. Quando vide tra la folla il volto del giovane profeta di Nazareth, sentì che la speranza di incontrare il salvatore non era stata vana. Come recita il Salmo 39: “Ho sperato, ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato. Ha dato ascolto al mio grido. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore”. L’incontro tra Gesù e Giovanni, esperienza certo particolare e irripetibile, ha però aperto la strada a tanti altri incontri, da quelli con i primi discepoli a quelli con tutti coloro che ascoltano la predicazione in ogni generazione, fino a noi.
L’evangelista, con il suo stile narrativo sempre carico di simbolismo, nota che Giovanni vede “venire Gesù verso di lui”. È Gesù che “viene verso” Giovanni, non viceversa. È lui che viene incontro a noi. Questo è il mistero che abbiamo celebrato nel Natale, quando Gesù è venuto ad abitare in mezzo agli uomini. Noi, peraltro, siamo così poco abituati ad andare incontro al Signore, che quando il Figlio di Dio viene su questa terra neppure l’accogliamo. L’apostolo Paolo con grande chiarezza ci descrive chi prende l’iniziativa dell’incontro. Parlando dell’incarnazione del figlio canta: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Il Signore Gesù è sceso verso di noi, per abitare in mezzo a noi, per farsi nostro fratello, amico, salvatore. Ma come accorgersi che il Signore sta venendo in mezzo a noi? Come evitare di restare con la porta chiusa mentre passa il Signore? Il Battista vedendo Gesù dice: “Io non lo conoscevo”. In realtà Giovanni, parente e quasi coetaneo di Gesù, non conosceva il “vero” volto del Signore. Anche se lo aveva visto nei suoi tratti fisici e ne aveva conosciuto la bontà, Giovanni aveva bisogno di una conoscenza più profonda, di un incontro spirituale più intimo, per comprendere il mistero di quell’uomo.
È così anche per ognuno di noi. Forse siamo in molti a presumere di conoscere già il Signore e di sapere quanto basta del Vangelo, per cui ci sentiamo dispensati dal conoscerli più profondamente. Ma se riflettiamo anche solo un poco, ci rendiamo conto di essere ancora all’inizio, vorrei dire all’abc della conoscenza e della pratica del Vangelo. Se Giovanni, pur così grande nello spirito afferma: “Io non lo conoscevo”, quanto più dobbiamo dirlo noi? Poco prima il Battista, rivolto alle folle, dice: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete!” (Gv 1,26). Ebbene io credo che anche noi dobbiamo metterci alla scuola del Battista per accorgerci di Gesù che viene accanto a noi. Ma come possiamo metterci alla sua scuola? È sufficiente ascoltare il Vangelo con il cuore. Proviamo, e vedremo il Signore avvicinarsi. Lo vedremo come un “agnello che toglie il peccato del mondo”. Lo vedremo come colui che prende su di sé la nostra fatica, la nostra angoscia, le nostre croci, i nostri dubbi, le nostre incertezze, i nostri peccati. Da questa conoscenza prende avvio la sequela. Avvenne così in quel piccolo angolo di Palestina. Tra passioni forti, ricerca e scontri, c’è l’inizio del lungo cammino della Parola di Dio per le vie del mondo. In quest’uomo Giovanni contempla colui che salverà tanti, che prenderà sulle sue spalle il peccato del mondo (questo significa “togliere” i peccati), che cancellerà i legami violenti che rendono amara ancora oggi la vita degli uomini. Questo “agnello” (davvero non si tratta di un lupo!) viene a liberarci dalle logiche del peccato, della violenza e del sopruso. Le parole di Giovanni: “Ecco l’agnello”, saranno chiare quando Pilato, presentando Gesù coronato di spine e sporco di sputi, dirà a tutti: “Ecco l’uomo!”. Quel salvatore è un agnello, un povero, un debole, un indifeso, che non è vissuto per salvare se stesso. Tutta la sua vita l’ha spesa per gli altri, sino alla morte.