PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Liturgia della domenica
Parola di Dio ogni giorno

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Domenica dell'Ascensione
Ricordo di san Pancrazio, martire a 14 anni per amore del Vangelo. Preghiera per le giovani generazioni, perché incontrino il Vangelo e il Signore.
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Libretto DEL GIORNO
Liturgia della domenica
domenica 12 maggio

Omelia

Oggi contempliamo il mistero di Gesù che “ascende” al cielo. I discepoli gli avevano chiesto se era finalmente venuto il momento in cui lui avrebbe ricostituito il regno di Israele. Era una domanda importante, come a dire: “Possiamo finalmente non preoccuparci più? Abbiamo vinto una volta per tutte il male? Quando dimostri definitivamente che sei tu il messia?”. Non era la prima volta che chiedevano a Gesù se era giunto il momento in cui tutto si sarebbe manifestato e ogni cosa si sarebbe chiarita. In questa domanda c’è forse il desiderio pigro di non dovere faticare più contro la divisione e le difficoltà, ma anche l’attesa di discepoli deboli e incerti di fronte un mondo ostile e segnato dal male. È una domanda che si affaccia particolarmente quando vediamo il male abbattersi accanto a noi. Quando vincerà l’amore? Quando la morte sarà sconfitta per sempre? Quando le lacrime degli uomini saranno asciugate? Gesù non risponde a questa domanda dei suoi. Noi capiamo così poco della vita che facilmente la riduciamo a quello che capiamo, alle nostre cose, a quello che proviamo. La vita, sembra suggerire Gesù, è ben più grande e non spetta certo a noi conoscerne i tempi ed i momenti! Ma il Signore non lascia soli e promette la forza vera, quello dello Spirito di amore che scende sui discepoli.
Gesù è salito nel santuario del cielo, un santuario non fatto da mani d’uomo, come invece sono le nostre chiese. Eppure ogni volta che celebriamo la santa liturgia siamo come coinvolti nel mistero stesso dell’Ascensione. Ogni domenica, quando entriamo nelle nostre chiese, non siamo accolti alla presenza di Dio? Non viviamo assieme a Gesù il mistero dell’Ascensione? Dall’ambone, come dal monte, egli parla ai suoi e li benedice. E la nube che lo avvolse nascondendolo agli occhi dei suoi, non è simile forse alla nube d’incenso che circonda l’altare e che avvolge il pane santo e il calice della salvezza mentre vengono elevati al cielo?
L’ascesa di Gesù al cielo non vuol dire che egli si sia allontanato dai discepoli. Significa piuttosto che egli ha raggiunto il Padre e che si è assiso accanto a lui nella gloria. Ascendere perciò vuol dire entrare in un rapporto definitivo con Dio. “In alto” non è da intendere in senso spaziale, oppure, se così vogliamo intenderlo, significa che Gesù è presente ovunque: come il cielo ci copre e ci avvolge, così il Signore ascendendo al cielo, ci copre e ci avvolge tutti. Vorrei dire ancor più: Gesù ascendendo al cielo avvolge e copre tutta la terra, così come il cielo avvolge tutta la terra. Non è, quindi, un allontanarsi. Semmai è un avvicinarsi più ampio e coinvolgente. Se così non fosse non si comprenderebbe la gioia dei discepoli. Com’è possibile gioire mentre il Signore si allontana? Eppure scrive Luca: “Dopo averlo adorato, i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia”. Gli apostoli non solo non sono tristi per la separazione, sono addirittura pieni di gioia per una nuova pienezza di presenza di Gesù.
Cos’è accaduto? Quel giorno i discepoli hanno vissuto una profonda esperienza religiosa; hanno cioè sperimentato che il Signore era ormai definitivamente accanto a loro con la sua parola e con il suo Spirito, una vicinanza certo più misteriosa, ma forse ancor più reale di prima. Senza dubbio sono tornate loro in mente le parole che avevano sentito da Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Il giorno dell’Ascensione le compresero fino in fondo: in qualunque parte della terra, in qualunque epoca, in qualunque ora, si sarebbero radunati assieme due o più discepoli del Signore, il Cristo sarebbe stato in mezzo a loro. Da quel momento in poi la presenza di Gesù sarebbe stata ancor più larga nello spazio e nel tempo; per sempre avrebbe accompagnato i discepoli, dovunque e comunque. Di qui il motivo della grande gioia. Nessuno al mondo avrebbe ormai potuto allontanare Gesù dalla loro vita. Questa gioia dei discepoli è ora la nostra gioia.
Il cielo sembra una dimensione poco concreta, lontana, quasi un sogno irraggiungibile, che può incantare per la sua bellezza, ma che non ha niente a che fare con le nostre scelte concrete. La vita terrena sembra una cosa e quella del cielo totalmente un’altra. In realtà c’è una continuità della vita. Lo stesso Signore Gesù risorto non appare ai suoi con un corpo nuovo e perfetto, ma con quel suo stesso corpo segnato dalla storia, dalla violenza. Gesù risorto, uomo della terra e del cielo, non è un fantasma, anche se il più bello. La concretezza di Gesù risorto stabilisce proprio questo legame tra la vita della terra e quella del cielo. L’apostolo Paolo afferma con solennità nella lettera ai Colossesi che “piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,19-20). L’Ascensione ci mostra qual è il futuro che Dio ha riservato ai suoi figli. È il cielo raggiunto da Gesù, dove, come aveva detto, va a prepararci un posto, perché siamo anche noi dove è lui. E lui ci prende da oggi con sé. I discepoli di Gesù non hanno risolto tutti i loro problemi: sono uomini deboli, increduli, pieni di paura. Ma possiamo essere testimoni di questo amore sempre e fino ai confini della terra. Testimoni dinanzi a tutti, anche davanti a quelli che non consideriamo o che ci sentiamo in diritto di trattare male. Troveremo un po’ di cielo nella vita di ognuno e saremo anche noi uomini del cielo.

PAROLA DI DIO OGNI GIORNO: IL CALENDARIO