PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Venerdì santo
Parola di Dio ogni giorno

Venerdì santo

Venerdì santo.
Memoria della morte di Gesù sulla croce.
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Libretto DEL GIORNO
Venerdì santo
venerdì 3 aprile

Omelia

La Santa Liturgia del Venerdì santo inizia con il celebrante che si prostra a terra. È un segno: imitare Gesù prostrato a terra per l'angoscia nell'orto degli ulivi. Come restare insensibili davanti a un tale amore che giunge sino alla morte pur di non abbandonarci? "Noi tutti – scrive Isaia – eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti… Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… È stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità". Il profeta ci dice la ragione di quella prostrazione con la faccia a terra. E come se non bastasse, egli "si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come un agnello condotto al macello, come una pecora muta di fronte ai suoi tosatori". Gesù è l'agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo; che ha ingaggiato la lotta contro il male, anche a costo di rimetterci la vita. Gesù non vuole morire: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". E quale sia la volontà di Dio, Gesù lo sa bene: "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno". La volontà di Dio è evitare che il male ci inghiotta, che la morte ci travolga. Gesù non la evita; la prende su di sé perché non schiacci noi; non vuole perderci. Nessuno dei suoi discepoli, di ieri e di oggi, deve soccombere alla morte.
Per questo la passione continua. Continua nei numerosi orti degli ulivi di questo mondo ove c'è ancora la guerra e dove milioni di profughi vengono ammassati; continua là dove c'è gente prostrata dall'angoscia; continua in quei malati lasciati soli nell'agonia; continua ovunque si suda sangue per il dolore e la disperazione. La passione secondo Giovanni, che oggi abbiamo ascoltato, inizia proprio dall'orto degli ulivi, e le parole che Gesù rivolge alle guardie esprimono bene la sua decisione di non perdere nessuno. Quando le guardie arrivano, è Gesù che va loro incontro; non solo non fugge, sembra persino prendere l'iniziativa: "Chi cercate?", chiede alla squadra che si presenta. Alla loro risposta: "Gesù, il Nazareno!", replica: "Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano". Non vuole che i suoi siano colpiti; al contrario vuole salvarli, preservarli da ogni male. Del resto ha passato tutta la sua vita a raccogliere i dispersi, a guarire i malati, ad annunciare un regno di pace e non di violenza. Ed è proprio questo suo impegno il motivo della sua morte.
Da dove nasce l'opposizione contro di lui? Dal fatto che era misericordioso, troppo; dal suo amore per tutti, persino per i nemici. Frequenta troppo i peccatori e i pubblicani. E poi perdona tutti, ed anche facilmente. Per lui sarebbe stato sufficiente fermarsi a Nazareth e avrebbe superato di molto i 33 anni; oppure avrebbe dovuto abbassare le esigenze del Vangelo; o anche avrebbe dovuto tralasciare quella caparbietà nel difendere ogni volta i deboli. Insomma, bastava pensare un po' più a sé e un po' meno agli altri e certamente non sarebbe finito sulla croce. Pietro – per fare un esempio – fa proprio così. Un po' segue il Signore, poi ritorna sui suoi passi, però all'interrogatorio incalzante della serva nega persino di conoscerlo. Del resto che importa? Con quella frasetta si salva. Gesù al contrario non rinnega né il Vangelo, né Pietro, né gli altri. Eppure ad un certo momento basterebbe davvero poco per salvarsi. Pilato è convinto della sua innocenza, e gli chiede solo qualche chiarimento. Ma Gesù tace. "Non mi parli?" – gli chiede – "Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". Pietro parla e si salva. Gesù tace, non vuole perdere nessuno di quelli che gli sono stati affidati, ed è crocifisso.
Anche noi siamo tra coloro che il Padre ha affidato alle sue mani. Egli ha preso su di sé il nostro peccato, le nostre croci, perché noi tutti fossimo sollevati. Nel cuore della liturgia del Venerdì santo entra solennemente la croce: tutti si inginocchiano e la baciano. La croce non è più maledizione, ma Vangelo, fonte di una nuova vita: "Ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga" (Tt 2,14), scrive l'apostolo Paolo. Su quella croce è stata sconfitta la legge, sino ad allora irresistibile, dell'amore per se stessi. Questa legge è stata scardinata da colui che ha vissuto per gli altri sino a morire sulla croce. Gesù ha tolto agli uomini la paura di servire, la paura di essere solidali, la paura di non vivere solo per sé. Con la croce siamo stati liberati dalla schiavitù di noi stessi, del nostro io, per allargare le mani e il cuore sino ai confini della terra. La liturgia del Venerdì santo, non a caso, è segnata in modo del tutto particolare da una lunga preghiera universale; è come allargare le braccia della croce sino ai confini della terra per far sentire a tutti il calore e la tenerezza dell'amore di Dio che tutto supera, tutto copre, tutto perdona, tutto salva.

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