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Memoria di Gesù crocifisso
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Memoria di Gesù crocifisso

Memoria di san Romualdo (950-1027), anacoreta e padre dei monaci camaldolesi.
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Libretto DEL GIORNO
Memoria di Gesù crocifisso
venerdì 19 giugno

Memoria di san Romualdo (950-1027), anacoreta e padre dei monaci camaldolesi.


Lettura della Parola di Dio

Alleluia, alleluia, alleluia !

Questo è il Vangelo dei poveri,
la liberazione dei prigionieri,
la vista dei ciechi,
la libertà degli oppressi.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Dalla seconda lettera di Paolo ai Corinzi 11,18.21-30

Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch'io. Lo dico con vergogna, come se fossimo stati deboli!
Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi - lo dico da stolto - oso vantarmi anch'io. Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.

 

Alleluia, alleluia, alleluia !

Il Figlio dell'uomo
è venuto a servire,
chi vuole essere grande
si faccia servo di tutti.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Paolo sfida i suoi oppositori, quei giudeo-cristiani che stavano minando la sua autorità nella comunità di Corinto, i quali vantavano la loro purezza giudaica e quindi la loro superiorità rispetto alla predicazione dell'apostolo. Paolo non si vergogna di vantarsi di fronte a costoro che elogiando la propria sapienza stavano distruggendo la comunità. L'apostolo si rende conto di iniziare un discorso di autodifesa che potrebbe suonare ambiguo. Infatti vantarsi è sempre un modo per esaltare se stessi, è sempre espressione di un protagonismo che vuole imporsi sugli altri. L'orgoglio porta spesso ad avere un'idea alta di se stessi. Per questo dice di voler parlare da "stolto", perché i Corinzi accettino la sua autodifesa, che è difesa del Vangelo da lui predicato e non di se stesso. Il vanto di Paolo fa emergere da una parte la sua debolezza e dall'altra la forza del Signore. Paolo non è inferiore agli oppositori chiamati ironicamente "superapostoli": è di origine ebraica, appartiene a Israele ed è figlio anche di Abramo ed erede della promessa messianica. È fiero di essere ebreo e di essere cresciuto nella scuola di uno dei più grandi sapienti dell'epoca, Gamaliele. E se questo è il vanto delle origini, ben più alto è quello dell'appartenenza a Cristo. L'apostolo scrive alla comunità che lui è ministro di Cristo in maniera molto più alta dei suoi oppositori. Aveva già scritto loro a proposito degli altri apostoli: "Ho faticato più di tutti loro" (1 Cor 15,10). Ora può asserirlo con ancor più grande forza rispetto a quei falsi profeti che purtroppo stavano rendendo schiavi (v.20) i Corinzi. E qui l'apostolo con straordinaria passione enumera quel che ha patito pur di annunciare il Vangelo che gli era stato rivelato. Le rivendicazioni di Paolo non sono per vantarsi, ma per riaffermare la paternità sulla comunità che rischiava di perdersi. Appare ancora una volta l'appassionato amore di Paolo per la comunità di Corinto. Per salvarla affronta anche il pericolo della superbia, il rischio di apparire parziale e pretenzioso. La lunga lista dei pericoli sopportati contrasta con la leggerezza dei Corinzi, come pure contrasta con la ritrosia che anche noi abbiamo di spenderci per il Vangelo soprattutto quando ci richiede rinunce e sofferenze. Ma in tutta questa lunga lista di dolori e di difficoltà, l'apostolo ricorda a se stesso, ai Corinzi e anche a noi, che è stato il Signore a sostenerlo e ad aiutarlo. Ed è per questo che può dire: "Se c'è da gloriarsi, io mi glorierò della mia debolezza" (v. 30). È da questa coscienza che si riconosce il vero apostolo e servitore di Cristo. Il vanto dell'apostolo, il vanto di ciascuno di noi, è nella nostra debolezza, perché in essa si manifesta la grazia e la forza del Signore.