Lettura della Parola di Dio
Lode a te, o Signore, sia lode a te.
Lo Spirito del Signore è su di te,
chi nascerà da te sarà santo.
Lode a te, o Signore, sia lode a te.
Salmo 50 (49), 5-8.14.23
5 "Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno stabilito con me l'alleanza
offrendo un sacrificio".
6 I cieli annunciano la sua giustizia:
è Dio che giudica.
7 "Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele!
Io sono Dio, il tuo Dio!
8 Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
14 Offri a Dio come sacrificio la lode
e sciogli all'Altissimo i tuoi voti;
23 Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora;
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio".
Lode a te, o Signore, sia lode a te.
Ecco, Signore, i tuoi servi:
avvenga a noi secondo la Tua Parola.
Lode a te, o Signore, sia lode a te.
La liturgia ci ripropone oggi nuovamente il Salmo 50 per aiutare la comprensione del brano del Siracide ove viene richiamato il legame indissolubile tra il culto a Dio e l'amore per la giustizia e l'elemosina ai poveri. Il Salmo, che ha un carattere liturgico, aiuta a comprendere la falsità di un culto al Signore mentre la vita di ogni giorno è segnata dall'ingiustizia e dall'egocentrismo. È una dimensione che traversa l'intera Bibbia, sia nell'Antico Testamento che nel Nuovo. Basti pensare alla parabola del buon samaritano, nella quale Gesù condanna duramente il sacerdote e il levita rappresentanti del culto , i quali non si fermano ad aiutare l'uomo mezzo morto che pure avevano visto. Il salmista immagina Dio che chiede di riunire un'assemblea: «Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l'alleanza offrendo un sacrificio» (v. 5). Il Signore vede dal cielo i comportamenti dei suoi fedeli che non riesce più a sopportare. Già nel versetto 3 il salmista canta: «Viene il nostro Dio e non sta in silenzio». Ed ecco cosa dice il Signore ai suoi fedeli radunati davanti a lui: «Ascolta, popolo mio, voglio parlare, testimonierò contro di te, Israele! Io sono Dio, il tuo Dio! Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti» (vv. 7-8). Ma il Signore non può sopportare la distanza tra il culto esteriore e la lontananza dal suo cuore e quindi dalla sua misericordia. Nei versetti immediatamente seguenti dice con chiarezza: «Non prenderò vitelli dalla tua casa né capri dai tuoi ovili. Sono mie tutte le bestie della foresta, animali a migliaia sui monti... Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene» (vv. 9-10.12). Il Signore, che ama il suo popolo gratuitamente, non sopporta che si cerchi di "comprarlo" con i riti e le offerte. Il Signore vuole l'amore dei suoi figli, vuole il loro abbandono in lui, la loro fiducia. Per questo ripete con solennità: «Io sono Dio, il tuo Dio!» Dietro questa affermazione vi è l'intera storia della salvezza che Dio ha attuato per il suo popolo. Ecco perché, davanti al Signore il popolo dei credenti può solo ricevere, non dare; può solo dipendere, non pagare; può solo obbedire, non pretendere. Il vero culto perciò non consiste nel presentarsi a Dio con l'atteggiamento di chi si vanta dei propri meriti o, peggio ancora, di chi pretende la salvezza. Il popolo credente e ciascun fedele sta davanti al Signore come colui che ringrazia e loda il Signore per i tanti benefici ricevuti. Dice il salmista: «Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti» (v. 14). Dio non sopporta un culto che viene smentito dalla vita. Nei versetti seguenti il salmista chiarisce che un culto senza l'amore non è semplicemente questione di poca fede, ma di vera empietà: «Perché vai ripetendo i miei decreti... tu che hai in odio la disciplina e le mie parole ti getti alle spalle?» (vv. 16-17). La signoria di Dio si riconosce in un culto che si accompagna alla misericordia. Il salmista fa dire a Dio: «Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora; a chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio» (v. 23). Un commento chiaro a queste parole è l'affermazione dell'apostolo Giovanni: «Se uno dicesse amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore (1Gv 4,20). Charles de Foucauld scriveva: «Il grande insegnamento da trarre da questo Salmo è che non bisogna onorare Dio col fasto materiale, ma attraverso l'amore e la preghiera che esce dal fondo del cuore. Il fasto del culto può essere di per sé buono e giusto, ma non è il fondo del culto da rendere a Dio; esso nasce dai nostri cuori, dalla nostra vita, dal nostro amore».