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19 Gennaio 2009

Il rabbino capo di Roma, Di Segni: «Le attuali difficoltà sono transitorie e possono aiutare la riflessione». Riccardi e Spreafico: «Il dialogo non si ferma. Le nostre sono religioni sorelle»

«Tra cattolici ed ebrei amicizia irrinunciabile»

Nella «Giornata del dialogo» ieri a Roma un dibattito per rilanciare il cammino con i «fratelli maggiori» oltre le polemiche recenti

 
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Tra ebrei e cristiani c’è bisogno di un nuovo patto. Un accordo «etico-religioso che, nelle differenze, fondi la civiltà del convivere». E anche se attualmente possono esserci delle difficoltà, queste ultime «ci stimolano a non smettere di parlare, di cercare, di sognare». Perché se è vero che c’è una «irriducibilità delle differenze», è altrettanto esatto parlare, e «con piena convinzione» di «irrinunciabilità dell’amicizia». Così Andrea Riccardi ha concluso ieri sera il suo intervento durante l’incontro su “Fede, Religioni, Mondo contemporaneo”, organizzato nel Centro ebraico italiano di Roma da Bené Berith in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. Lo storico e fondatore della Comunità non era da solo. Accanto a lui, al tavolo di presidenza, sedevano anche il rabbino capo della capitale, Riccardo Di Segni, il professor Gavriel Levi e monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino. E proprio da Di Segni è venuto più di un segnale distensivo, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto essere celebrata in comune la Giornata dell’amicizia ebraico-cristiana, che quest’anno non ha visto la partecipazione degli ebrei, a causa delle polemiche sulla preghiera del venerdì santo, secondo il Messale del 1962. «La pausa nel dialogo – ha detto il rabbino capo di Roma – è transitoria e di riflessione, e deve essere benefica per entrambe le parti per capire ciò che si può fare effettivamente e il punto in cui si è arrivati». Poi, in riferimento alla conferenza di ieri sera, ha aggiunto: «Abbiamo preso questa iniziativa per costruire vie di comunicazione che siano alternative rispetto ad altre in cui si incontrano delle difficoltà». E le stesse difficoltà «non devono essere considerate soltanto elementi negativi che fermano tutto». In sostanza «se ci sono ostacoli da una parte, questo non vuol dire che non possano essere superati da altre».
L’incontro organizzato da Bené Berith (una delle più importanti organizzazioni ebraiche nel mondo, fondata nel 1843 a New York e presente in più di 50 Paesi, con finalità che vanno dalla lotta contro ogni forma di discriminazione razziale alla promozione della conoscenza dei testi e delle tradizioni ebraiche) ha permesso dunque che la giornata del 17 gennaio non passasse del tutto senza contatti. Del resto lo stesso Di Segni ha definito «importante » il confronto con gli esponenti cattolici «specie mentre nel mondo avvengono cose di segno opposto e in un momento delicato nella storia dei rapporti reciproci».
Tuttavia, ha aggiunto «restano le differenze teologiche» e resta «questa strana, assurda, ma stimolante situazione per cui convergiamo tutti verso lo stesso punto, anche se con programmi differenti ». L’insostituibilità del dialogo è stata ribadita anche da Spreafico. Un dialogo, ha aggiunto il vescovo, che «non si è fermato». Esso deve essere «il nostro modo di vivere con gli altri onde evitare di vivere contro gli altri o al più senza gli altri. Mai come oggi sentiamo l’esigenza di lavorare insieme e di rispondere insieme a una società che, a tratti, sembra volerci sempre più divisi e contrapposti». «Non bisogna fare di singoli episodi – ha proseguito Spreafico – un motivo di interruzione di un processo di avvicinamento e di mutua comprensione. Sono convinto che da ambedue le parti occorra fare passi avanti». E se «oggi alcune questioni come quella mediorientale costituiscono una impasse sulla via della comprensione e del dialogo», oppure se «l’antisemitismo si sposa all’antisionismo e alimenta antichi pregiudizi », al contrario «noi dobbiamo affermare, pur non rinnegando le nostre innegabili differenze, la necessità di non compromettere i passi importanti compiuti negli ultimi decenni».
Analoga la convinzione espressa da Andrea Riccardi. Citando testualmente le parole di un rabbino livornese dell’800, Elia Benamozegh, Riccardi ha sottolineato: «Che importa se tra ebrei e cristiani l’odio e i pregiudizi, le debolezze e i crimini hanno scavato un abisso di separazione. Le due religioni in se stesse sono e resteranno sorelle». È vero, ha concluso il fondatore di Sant’Egidio che «i tempi del parlarsi e dell’incontrarsi delle religioni non sono quelli brevi della politica o dell’informazione, ma anzi richiedono una pazienza geologica. Ma i frutti ci sono: un quadro comune di comprensione dell’agire, del credere, dell’essere nel mondo contemporaneo».


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