PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Liturgia della domenica
Parola di Dio ogni giorno

Liturgia della domenica

XXIX del tempo ordinario.
Memoria del beato Giuseppe Puglisi, prete della Chiesa di Palermo, ucciso dalla mafia nel 1993.
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Libretto DEL GIORNO
Liturgia della domenica
domenica 21 ottobre

XXIX del tempo ordinario.
Memoria del beato Giuseppe Puglisi, prete della Chiesa di Palermo, ucciso dalla mafia nel 1993.


Prima Lettura

Dal libro del profeta Isaia 53,10-11

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

Salmo responsoriale

Salmo 32 (33)

Antifona

Lodate il Signore per la sua grazia.

Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.

Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate.

Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.

Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.

Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.

Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.

Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,

perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.

Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.

Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.

Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.

Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,

lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.

Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.

Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.

Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,

per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L'anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.

In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.

Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.

Seconda Lettura

Dalla lettera agli Ebrei 4,14-16

Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.


Lettura del Vangelo

Alleluia, alleluia, alleluia !

Ieri sono stato sepolto con Cristo,
oggi risorgo con te che sei risorto,
con te sono stato crocifisso,
ricordati di me, Signore, nel Tuo Regno.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Dal vangelo di Marco 10,35-45

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: "Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo". Egli disse loro: "Che cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero: "Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Gesù disse loro: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?". Gli risposero: "Lo possiamo". E Gesù disse loro: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato".
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: "Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".

 

Alleluia, alleluia, alleluia !

Ieri sono stato sepolto con Cristo,
oggi risorgo con te che sei risorto,
con te sono stato crocifisso,
ricordati di me, Signore, nel Tuo Regno.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Omelia

Marco riferisce un dialogo tra Gesù e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Siamo ancora sulla strada verso Gerusalemme e, per la terza volta, Gesù aveva confidato ai discepoli il destino di morte che lo aspettava al termine del cammino. I due discepoli, per nulla toccati dalle tragiche parole del Maestro, si fanno avanti e chiedono a Gesù i primi posti accanto a lui quando instaurerà il regno. Di fronte alla pretesa dei due discepoli Gesù risponde: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gesù vuole spiegare loro le esigenze del Vangelo attraverso due simboli biblici: il calice e il battesimo. Ambedue i simboli sono interpretati da Gesù in rapporto alla sua morte. Il calice è il segno dell'ira di Dio, come scrive Isaia: «Alzati, Gerusalemme, che hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira, la coppa, il calice della vertigine» (Is 51,17). Gesù, con questa metafora, indica che egli prende su di sé il giudizio di Dio per il male compiuto nel mondo, anche a costo della morte. La stessa cosa vale per il simbolo del battesimo: «Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati» (Sal 42,8). Insomma, con le due immagini, Gesù mostra che il suo cammino non è una carriera verso il potere. Semmai è l'assunzione su di sé del male degli uomini, come disse il Battista: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo».
I due discepoli probabilmente neppure ascoltano le parole del Maestro e tanto meno ne comprendono il senso. Ai due apostoli non importa capire, quel che interessa loro è il posto. E rispondono: «Lo possiamo!». Questa risposta, come la richiesta dei due figli di Zebedeo scatenò l'invidia degli altri discepoli. È istintiva nei discepoli, come del resto in ogni persona, la tendenza a fare da maestri a se stessi, ad essere autosufficienti. Per il cristiano è vero il contrario: il discepolo resta sempre alla scuola del maestro. E anche se dovesse occupare posti di responsabilità, sia nella Chiesa che nella vita civile, resta sempre figlio del Signore, ossia discepolo che sta ai piedi di Gesù.
Ecco perché Gesù raduna nuovamente i Dodici attorno a sé: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così». L'istinto del potere è ben radicato nel cuore degli uomini. Nessuno, neppure all'interno della comunità cristiana, è immune da tale tentazione. Ai suoi discepoli Gesù continua a dire: «Tra voi però non è così». Non si tratta di una critica al potere. Il potere e l'autorità di cui parla il Vangelo è quello dell'amore. E Gesù lo spiega non solo con le parole quando afferma «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore», ma con la sua stessa vita. Dice di se stesso: «il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Così deve essere per ogni suo discepolo.

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