La prima beatitudine è proprio il regalo di essere insieme in questa casa. Sì, da gioia trovarci assieme, vivere, vedere questa “comunione” tra noi, che scioglie delicatamente tanta tristezza, orienta, rassicura. Nessuno è qui per caso, ma per la rete di amicizia della Comunità di Sant’Egidio, dono di Dio, comunione più forte del tempo, della distanza, dei tanti cambiamenti della nostra vita. E’ un legame non visibile agli occhi, come l’essenziale della vita, ma così vero e profondo. La comunione dei santi è amicizia con i fratelli e le sorelle. Nessuno è solo! Questa affettuosa compagnia ci aiuta a “sentire” il legame che unisce la terra al cielo, tra il mio cuore e chi non c’è più, ed anche a capire quello che unisce pienamente i santi tra loro. Li ricordiamo tutti assieme perché essi sono assieme, in comunione. Ricordarli tutti indica qualcosa che facilmente dimentichiamo o di cui non sappiamo accorgercene, prigionieri come siamo delle nostre tante paure ed abituati a pensarci individualmente: non c’è gioia da soli. Siamo fatti per vivere assieme e non c’è futuro senza gli altri. L’egocentrismo ci fa illudere di trovare risposte ma in realtà ci rende solo individualisti e scontenti. Non è forse vero che quello che ricordiamo di una persona è la bontà, cioè il bene che ha regalato agli altri e ci unisce tra noi? L’amore vince tutte le distanze e ci unisce gli uni agli altri.
I santi sono insieme, come nel mosaico, che ci aiuta contemplare la visione del futuro. Il cielo è d’oro, come una luce unica che si fonda insieme. Sono le tante stelle dei nostri cari che si uniranno nella grande luce dell’amore, si completeranno tra loro, insieme di tutti i colori. L’amore non fa perdere nulla di me e rende piena la mia vita proprio perché la unisce a quella degli altri. Ecco, un po’ di quell’oro lo portiamo dentro di noi: è la persona cara che ricordiamo e che accende lei il nostro cuore di amore perché ci porta a contemplare il volto di Gesù e di Maria, accanto a lei, umanità tutta, accolta ed abbracciata.
Quando siamo feriti dal male, quando proviamo dolore per qualcuno che non c’è più, capiamo quanto è insulsa e insopportabile la cattiveria, il male che disperde le opportunità e produce altra sofferenza. Davanti all’orizzonte enorme della vita sentiamo quanto è necessario volerci bene, aiutarci in quel naufragio che è la malattia. Quante persone sono e si sentono sole nella difficoltà! Quanta poca consolazione! Il contrario della comunione è la divisione, l’indifferenza, il banale pensare a sé. La malattia isola, rende tutti poveri, spoglia di ogni ricchezza. Ed è quello che il male semina sempre tra gli uomini. Chi soffre è solo, sente il fallimento del corpo, il turbamento delle tante domande sul passato ed il futuro, il rimpianto e l’incertezza che angosciano e fanno smarrire; sembra che nessuno possa capire fino in fondo la sofferenza, perché c’è in noi un segreto che è la nostra stessa vita, che non riusciamo ad esprimerlo, come i tanti pensieri che affollano il cuore. Il cielo inizia quando una solitudine è sconfitta. Come all’inizio della creazione, non è mai buono che l’uomo sia solo e Dio non ci abbandona per nessun motivo e non lascia nella solitudine della morte i nostri fratelli. Per questo la comunione è il legame del paradiso!
Chi è santo? I bambini. “Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli!”. Santo è chi non ha paura di amare e non si vergogna di chiedere amore. Santo è chi affronta le difficoltà non perché ha capito tutto ma con la fiducia di un bambino, sicuro che le mani forti del Padre lo salveranno dal cadere e lo porteranno in alto. Santo è chi si lascia correggere dal padre; chi non può stare solo e intuisce che esserlo è una condanna e ne ha timore. Santo è chi è felice perché rende felice il prossimo. Santo non è chi non sbaglia mai, come il fariseo, ma chi cerca il perdono e trova la misericordia del Padre, come le prostitute e i pubblicani. Santo non è chi giudica, ha sempre da ridire, non si accontenta mai, non vuole chiedere aiuto. No, davvero no! Santo è chi non guarda con diffidenza e malizia; chi ringrazia perché riconosce i doni che riceve; chi vede nell’altro sempre un uomo buono, che può cambiare se amato, con la semplicità e l’ingenuità dei bambini, che é quella di Dio.
Possiamo diventare santi. Noi? Io, con la mia storia? Santo è chi rinasce anche se vecchio perché si abbandona al vento dello Spirito che lo rende bambino. E’ molto più facile di quello che crediamo! C’é tanto bisogno di uomini santi, cioè buoni, forti, che non tengono per sé l’amore che hanno ricevuto ma lo regalano agli altri, soprattutto a chi ne ha bisogno. C’è tanta solitudine e sofferenza da consolare e dolorosamente lo abbiamo imparato! Troppa gente è lasciata senza compagnia da uomini diventati materialisti, cioè che per il denaro, le cose, il possedere, hanno perso il cuore; calcolatori, che non sanno più cos’è gentilezza, gratuità, sacrificio. Chi è ricordato come un sant’uomo? (oggi diremmo “una brava persona!”): chi ha amato! C’è bisogno di uomini che vogliono bene per davvero, non per convenienza o solo per un po’. Noi facilmente pensiamo: i santi sono in cielo, perché questo mondo è di chi si impone, di chi pensa a sé, di chi non si lega mai a nessuno fino in fondo; è di chi può fare da solo. No. Questo è il mondo che vediamo e che tanto ci preoccupa, di uomini tristi e aggressivi perché soli e che lasciano soli. No. Noi, discepoli ed amici di Gesù, santi perché chiamati da Lui, crediamo che a volere bene non ci si rimette mai! Il mondo è dei santi, perché chi ama possiede tutto, non perde nulla. Il mondo è dei santi perché un uomo santo, uno solo, può salvare la vita di chi ha bisogno. E chi salva un uomo salva il mondo intero! Non disprezziamo mai quello che possiamo fare per gli altri, anche se ci sembra troppo poco. L’amore dei grandi gesti non convince nessuno e non dura, mentre quello umile, concreto, fedele, e proprio per questo possibile, quello di Gesù, è la vera vittoria. Il Vangelo parla un solo bicchiere di acqua fresca che non sarà dimenticato!
Per questo sono beati quelli che sono nel pianto, beati perché sono consolati. Non stiamo bene perché ridiamo, spesso in una vita finta e povera di amore, ma quando troviamo la risposta, quando il pianto è asciugato da Dio, come il pianto di Maria al sepolcro si trasformò in gioia. Ecco, lei è beata perché non smette di amare. Lo sperimentiamo oggi, che scendono le lacrime per chi non c’è ma che sono consolate da questa presenza che libera dall’altrimenti inestinguibile rimpianto. E’ in piccolo la stessa beatitudine delle lunghe notti in ospedale così piene di cuore ed umanità; è quella beatitudine piena che vivono in cielo. Ricordiamo i nomi, cioè i nostri cari. Il ricordo qualche volta sembra sfuggirci; vorremmo conservarlo completo e non ci riusciamo e a volte ci sembra inesorabilmente destinato a perdersi. Ma la comunione colma quello che a noi manca e lo rende pieno, perché amato tutto da Dio. Portiamo con noi questa comunione di amore, bella e delicata come il fiore che ci sarà consegnato, e comunichiamola a chi è solo, seminando amore come possiamo, più che possiamo, soprattutto dove la terra è più arida!
Le candele che saranno accese sono tanti spiragli aperti sul mistero. Quando cala la sera il sole non muore all’orizzonte, ma illumina altre terre oltre la nostra vista. Così le anime di coloro che abbiamo amato non sono andate a spegnersi nel buio ma ad essere illuminate da Dio. Signore Gesù, gli afflitti sono beati perché consolati da te. Tu ci ami sino alla fine, perché la vita non abbia fine. I nostri cari sono nella pienezza del tuo amore, nella luce senza fine, che illumina la notte del mondo e del cuore. I nostri cari sono santi perché come bambini sono abbracciati e sollevati da te. I nostri cari sono stelle nella nostra oscurità che Tu accendi perché possiamo vedere la tua luce. I nostri cari pregano per noi e noi con l’immenso coro degli angeli e dei santi ringraziamo Te e cantiamo il tuo amore che unisce cielo e terra. Amen
Mons. Matteo Maria Zuppi
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