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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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17 Novembre 2008 16:30 | Hilton Cyprus - Achera Hall

Inervento di U Uttara



U Uttara


Monaco buddista, Myanmar - Birmania

Saluti calorosi alle Vostre eccellenze, Signore e Signori.

Vorrei innanzitutto ringraziare gli organizzatori di questa conferenza di così lieto auspicio per avermi invitato a parlare, e auguro a tutti coloro che vi partecipano una vita molto felice e piena di pace.

L’argomento di cui parlerò oggi è il “21° secolo del monachesimo”. Io sono cresciuto nel Myanmar, per gran parte della mia vita come monaco buddista. Pertanto ciò che dirò si baserà in gran parte sulla mia esperienza nel Myanmar. La gente del Myanmar è molto cordiale, molto umile, amante della pace, e segue il modo di vivere del Buddismo Theravada.

Prima di parlare del 21° secolo del monachesimo vorrei raccontarvi qualcosa del 20° secolo.

Durante il 20° secolo la leadership dei nostri monaci più autorevoli aveva un ruolo molto importante, ed il paese nel suo complesso trasse un grande beneficio dalla loro saggezza.

Possiamo constatare che dall’inizio e fino alla metà del 20° secolo i buddisti amarono e rispettarono i loro monaci, e seguirono i loro consigli e la loro guida. Per esempio, la maggioranza dei buddisti di tutto il paese visitavano il loro tempio almeno una volta alla settimana, nel giorno di sabato, per ascoltare il discorso Dhamma tenuto dal monaco, per meditare, e per osservare 5 o 9 precetti.

Fino al 20° secolo i templi buddisti impartivano l’istruzione primaria ai bambini del paese, ed erano posti dove gli adulti potevano incontrarsi e socializzare.

Per dirla in breve: i templi buddisti diventarono dei centri nevralgici per la gente; posti dove la cultura buddista e bisogni umanitari trovavano uno sviluppo congiunto, attraverso il consiglio e la guida dei monaci anziani.

Possiamo notare che durante il 21° secolo la maggior parte dei leader del nostro paese non avevano avuto un’istruzione nei monasteri buddisti; essi erano buddisti, ma sono stati educati in scuole private. Inoltre essi sembrarono scoraggiare il vecchio sistema educativo monastico. Perciò il sistema scolastico del paese da quello antico pian piano s’è trasformato in quello presente, in cui i laici possono frequentare le scuole pubbliche, i college e le università, ma i giovani novizi e i monaci ordinati no. Questo cambiamento nella politica riguardo alla pubblica istruzione ebbe come risultato un minor numero di novizi, e meno adulti che presero l’abito. Nelle zone rurali e meno popolate, per esempio, si possono trovare solo pochi monaci che mantengono le tradizioni.

Qual’è stato il danno che questo cambiamento ha portato con sé? La vecchia educazione impartita dai monaci insegnava alla gente ad essere veritiera, onesta, amante della pace e ad avere rispetto per gli altri. Il nuovo sistema educativo è meno rigido riguardo a tutte queste regole importanti. Ciò ha portato la gente ad essere meno onesta, più ingorda, molto aggressiva e più incline alla corruzione. Il danno che ne consegue è che la gente si trova a dover soffrire perché sono peggiorate l’educazione, la salute, il benessere ed, in generale, il livello di vita.

Ci sono ancora alcuni che preferirebbero il vecchio stile di vita improntato sul monachesimo, e che sarebbero contenti e felici con una tale benedizione per la loro vita. I nuovi monasteri sono, a differenza di quelli antichi, meno rigidi, badano meno alla disciplina e sono meno progressisti, e ciò, in un certo modo, si riflette nell’instabilità dei partiti politici, e in chi sta al governo.

Entrando nel 20° secolo, siamo stati testimoni del fatto che la salute, il benessere ed il livello di istruzione delle persone sono decisamente in declino; la maggior parte sta lottando per sopravvivere in modo decente, e ciò ha coinciso con il fatto che la gente ha cominciato a richiedere un cambiamento di regime dalla dittatura militare monopartitica ad un sistema democratico multi-partitico.

I monaci ed i monasteri nel Myanmar non hanno nessun aiuto da parte pubblica. I monasteri ed i monaci buddisti hanno vissuto unicamente sulla generosità della gente buddista. Il monaco esce per mendicare cibo, medicine, vestiti ed un alloggio. Il ricco come il povero danno secondo la generosità del loro cuore.

Myanmar una volta godeva lo status di paese pieno di ricche coltivazioni di riso. Ciò risaliva a tanto tempo fa, quando fioriva l’educazione monastica buddista. Ora il Myanmar è un paese dal terreno roccioso, che sta sulla lista dei “paesi meno sviluppati” delle Nazioni Unite. La sua maggioranza povera può appena permettersi ad essere generosa. Nonostante siano poveri, continuano a sostenere i monaci ed i monasteri. Questa situazione, naturalmente, colpisce tutti i monaci, sia in via diretta che indiretta.

Come abbiamo visto di recente, i giovani monaci del Myanmar hanno iniziato a reagire a questa situazione, ed hanno condotto dimostrazioni pacifiche a Yangon ed in altre parti del paese, con risultati drastici. Mai prima nella storia del paese è successo che un venerabile monaco, che camminava per la strada a Yangoon cantando ‘metta sutta’, versi di amore e di buon auspicio per il popolo, venisse ucciso, come è accaduto a settembre 2007. Siamo tutti stati testimoni di questa orribile scena attraverso i media internazionali, ed abbiamo la responsabilità di evitare che ciò possa accadere di nuovo.

E’ mio parere personale che in questo 21° secolo noi monaci buddisti non ci possiamo più limitare a rimanere chiusi all’interno dei recinti dei nostri templi ad insegnare ai giovani novizi e ai giovani monaci. Raggiungere la gente per strada e conoscere le sue sofferenze quotidiane è divenuto una necessità.

Per lo stesso motivo è ora, anche per noi leaders buddisti, di lavorare insieme con gli altri leaders religiosi per la pace e la prosperità nel mondo.

E’ anche mia opinione che l’instabilità della nostra situazione politica e l’andamento economico che conosce alti e bassi a livello mondiale rende difficile per le persone rivolgersi verso le proprie religioni e culture. Perciò non è una sorpresa trovarsi con meno persone che frequentano le preghiere del sabato e la meditazione.

Perciò sono dell’opinione che è giunto il tempo in cui i nostri leader buddisti non dovrebbero soltanto occuparsi di filosofia buddista ma anche essere coinvolti negli affari della gente, allo scopo di portare la pace e la prosperità per tutti.

Ci sono anche buone ragioni affinché i nostri leader buddisti lavorino a stretto contatto con altri leader religiosi per lavorare per la pace nel mondo e la prosperità.

Recentemente i nostri scienziati ci hanno giustamente lanciato un avvertimento riguardo al deterioramento del clima nel mondo, e giustamente in seno alle Nazioni Unite molti governi stanno lavorando per giungere ad una soluzione coordinata. I nostri leader buddisti dovrebbero anch’essi essere coinvolti in questo processo, ed anche promuovere la pace nel mondo e la prosperità.

In questo 21° secolo stiamo facendo esperienza di molte difficoltà, tra cui gli sconvolgimenti meteorologici come l’uragano Nargis che ha distrutto gran parte della nostra regione del Delta, crisi economiche ed il terrorismo. Questi possono essere risolte soltanto con uno sforzo comune da parte dei leaders di tutte le religioni e di tutti i governi. Perciò faccio appello a tutti questi leaders a lavorare insieme per la pace e la prosperità nel mondo.

Vorrei ora concludere il mio intervento auspicando che un giorno tutta l’umanità si rispetti ed ami a vicenda, che possiamo praticare la nostra fede nella pace e nella tranquillità, e che siamo tutti felici e soddisfatti.

Vi ringrazio tutti per la vostra cortese attenzione.



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