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11 Settembre 2017 16:30 | Franz-Hitze-Haus, Oscar-Romero-Saal

Intervento di Orlando Beltran Quevedo



Orlando Beltran Quevedo


Cardinale, arcivescovo di Cotabato, Filippine
Introduzione
Permettetemi gentilmente di far riferimento alla mia persona nel mio intervento. Presenterò i momenti salienti della mia esperienza nel dialogo cristiano-musulmano per la pace negli ultimi 50 anni. Svilupperò quattro livelli di dialogo, cioè:
-  dialogo di vita,
-  dialogo di esperienze religiose,
-  dialogo di scambi teologici,
-  e dialogo di azione politica.
 
A. Conoscere l’altro – dialogo di vita
Credo che il primo requisito per un dialogo cristiano-musulmano per la pace sia “conoscere l’altro”. Come vi sono pervenuto, è stato un processo abbastanza lungo.
Sono stato ordinato nel 1964 come prete missionario nell’ordine degli Oblati di Maria Immacolata. I miei superiori mi hanno subito assegnato l’insegnamento di Teologia Cattolica e Filosofia Morale al Notre Dame College di Cotabato City, Filippine.
Il College, divenuto più tardi Università di Notre Dame, si trova nella provincia musulmana di Maguindanao. Il College aveva decisamente un buon numero di studenti musulmani, sia ragazzi che ragazze. Il College organizzava un orario speciale per loro durante il Sacro Ramadan. Gli studenti musulmani avevano loro specifici insegnamenti di religione islamica con loro insegnanti musulmani.
In un armonioso dialogo nella vita universitaria di tutti i giorni, studenti cristiani e musulmani studiavano insieme, lavoravano e giocavano insieme e a volte si innamoravano gli uni degli altri. Due dei miei studenti musulmani hanno sposato ragazze cristiane. Anche uno dei docenti musulmani della facoltà ha sposato un’insegnante cristiana.
Gli studenti cristiani costituivano una netta maggioranza della popolazione studentesca. Ma i leader studenteschi musulmani erano abbastanza influenti. Due studenti musulmani vennero eletti in distinte occasioni come presidenti del Consiglio Studentesco Superiore.
C’erano molti studenti musulmani nei miei corsi. Insegnavo loro Filosofia Morale o Etica fondata sul Diritto Naturale. Divenni per loro non solo un insegnante, ma anche un consigliere ed un interlocutore. Durante le interruzioni delle lezioni ero solito sedermi con loro sotto gli alberi per conversare con loro su qualsiasi cosa interessasse le loro menti curiose.
Progressivamente imparai da loro che cosa pensavano i Bangsamoro (“la nazione Moro”, come amano chiamarsi oggi), in cosa consistevano le loro pratiche religiose e culturali, i loro costumi e le loro tradizioni, che cosa consideravano prezioso nelle loro vite, quali sogni avevano per il loro futuro.
Dopo dodici anni di insegnamento e di lavoro amministrativo nell’università, avevo fatto significativi progressi nella capacità di vedere e capire le realtà sociali, politiche e religiose dal loro punto di vista e non solo dal mio punto di vista di cristiano.
Appresi le fonti storiche dei pregiudizi e dei preconcetti religiosi e sociali, risalenti ai tentativi spagnoli di soggiogare i Musulmani dal XVI secolo in avanti. Appresi della vittoriosa resistenza dei Musulmani contro ogni tentativo degli Spagnoli di colonizzarli.
All’inizio degli anni ’70, il Fronte di Liberazione Nazionale Moro (MNLF) cominciò una rivoluzione politica contro il governo, mirante a costituire uno stato indipendente. Nell’area di Cotabato alcuni dei leader erano ex studenti dell’Università di Notre Dame. La rivoluzione del MNLF mi chiarì il ben radicato desiderio di autodeterminazione dei Musulmani e le ingiustizie storiche perpetrate nei confronti delle popolazioni Moro in una terra che un tempo avevano posseduto e governato, più di cento anni prima che arrivassero i conquistatori spagnoli.
Questa fondamentale comprensione della cultura e della storia musulmana dei Moro ha costituito certamente un fondamento per il successivo dialogo.
 
B. Dialogo di esperienze religiose
Uno stadio ulteriore nella mia esperienza di dialogo per la pace è costituito dalla condivisione di esperienze religiose.
All’Università di Notre Dame, gli studenti cristiani e musulmani sono soliti ritrovarsi insieme almeno due volte l’anno per una formazione sui valori spirituali. È in questo momento che essi, insieme, vedono l’influenza delle rispettive fedi sulle loro vite. In che modo un musulmano ottiene nutrimento spirituale dalla preghiera e dalla lettura del Corano? Qual è il significato del Ramadan? Della Jihad? Dell’elemosina?
Ugualmente, gli studenti musulmani imparavano qualcosa a proposito dell’influenza della fede cristiana sulle vite degli studenti cristiani, la loro concezione di Gesù come Signore e Salvatore, la loro preghiera e le loro pratiche religiose.
Ero solito partecipare come facilitatore a queste esperienze religiose e non potevo ignorare la richiesta degli studenti di condividere le mie personali esperienze di sacerdote cattolico.
Da vescovo, negli anni ’80, la condivisione di esperienze religiose ha raggiunto un livello più alto con l’organizzazione della Conferenza Vescovi-Ulema (BUC), un incontro di ulema musulmani, vescovi cattolici e leader protestanti a Mindanao, nelle Filippine meridionali.
All’inizio c’era una netta distanza sociale e psicologica tra di noi. La distanza gradualmente è scomparsa, soprattutto in virtù della condivisione di esperienze religiose.
Abbiamo visitato gli uni i luoghi di preghiera degli altri ed abbiamo imparato gli uni dagli altri i valori della preghiera ed il perché noi siamo “popolo del Libro”.
Da questa condivisione sono emersi gradualmente il rispetto di ognuno per il credo religioso dell’altro, la fiducia reciproca, così come le amicizie. Pregiudizi, preconcetti e fondamentali differenze nella cultura e nei credi religiosi sono rimasti. Ma ci siamo resi conto di non essere nemici. Abbiamo rintracciato le nostre radici in una comuna fede abramitica. Eravamo tutti pellegrini verso il Regno dei Cieli. Avevamo speranze in comune nella salvezza alla fine dei tempi.
 
C. Dialogo di scambi teologici
Un’ulteriore evoluzione nella mia esperienza di dialogo per la pace è stato il dialogo teologico. I membri musulmani della BUC erano studiosi di religione, alcuni dei quali erano stati educati in grandi centri teologici islamici del Medio Oriente e dell’Asia meridionale. I vescovi cattolici ed i leader protestanti possedevano una simile formazione teologica.
Ricordo due temi su cui ebbe luogo un fruttuoso scambio teologico. Il primo riguardava le nostre rispettive credenze su Maria, Miryam. Un Ustad (maestro) fu incaricato di presentare Miryam nel Corano. Mi fu richiesto di presentare Maria nella Sacra Bibbia. Molti dei leader cristiani rimasero scioccati nell’apprendere che Miryam è menzionata con più frequenza nel Corano che nella Sacra Bibbia, che in effetti esiste una sezione specifica dedicata a Miryam nel Corano e che nel Corano c’è un esplicito riconoscimento della Verginità di Maria. Nella Sacra Bibbia, Maria può essere considerata la “Donna del Silenzio”, che considera nel suo cuore tutto ciò che era stato detto sul suo Figlio Salvatore e gioisce o soffre in silenzio con Gesù, suo Figlio.
Abbiamo compreso che Miryam è un punto di convergenza per musulmani e cristiani verso la pace e l’armonia.
Un altro importante tema ha riguardato la cura dell’ambiente alla luce del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Un altro Ustad fu incaricato di parlare sulla Creazione nel Corano. Mi venne nuovamente chiesto di parlare sullo stesso argomento come è presentato nella Sacra Bibbia.
Come nel caso di Miryam, ci sono molti punti di convergenza nelle credenze cristiane ed islamiche circa Dio creatore dell’intero universo e circa la responsabilità umana di aver cura della creazione.
Non c’è dubbio che in base alla dottrina ed alla Parola di Dio musulmani e cristiani collaboreranno ad aver cura dell’integrità della Creazione al fine di bloccare il riscaldamento globale. Inoltre comprendiamo che l’idolo del denaro è spesso l’opzione, piuttosto che la volontà di Dio.
 
D. Dialogo di azione politica
Uno degli obiettivi principali della BUC è di infondere la dimensione della fede nella ricerca della pace a Mindanao. Cosa dicono le fedi cristiana e musulmana sulla pace? Su come la fede può guidare il processo di pace?
La BUC è riuscita ad introdurre la celebrazione annuale di una Settimana della Pace a Mindanao, alla fine del Ramadan e all’inizio del tempo cattolico d’Avvento. Ciò è stato supportato da un decreto del presidente del paese. Viene ora celebrata da tutte le istituzioni religiose e da molte amministrazioni locali di Mindanao. Sta facendo crescere nella gente comune la coscienza della necessità di collaborazione da parte di tutti i settori della società nel lavoro per una pace giusta e duratura.
In origine, il Fronte di Liberazione Nazionale Moro combatteva per uno Stato indipendente dalla sovranità delle Filippine. L’accordo di pace firmato dal MNLF e dal governo nel 1996 optò per l’autonomia all’interno della Repubblica invece che per l’indipendenza. Ebbe luogo un’importante frattura all’interno del fronte rivoluzionario Bangsamoro. Il gruppo scissionista prese il nome di Fronte di Liberazione Islamico Moro (MILF) e continuò la lotta armata. Più tardi, per instaurare una pace giusta e duratura, il MILF si decise per l’auto-determinazione nel quadro della sovranità filippina, nel territorio corrispondente all’attuale Regione Autonoma della Mindanao Musulmana (ARMM).
Negoziati di pace tra il governo e il MILF sono andati avanti negli ultimi diciassette anni, con interruzioni e riprese del conflitto armato.
Il mio personale contributo al processo di pace tra governo e MILF si attua con discrezione lontano dalla scena pubblica e piuttosto dietro le quinte. Avevo scritto un articolo che descriveva la triplice radice del conflitto: l’ingiustizia verso l’identità Moro, l’ingiustizia verso la sovranità Moro e l’ingiustizia verso lo sviluppo integrale dei Moro. È stato un lavoro determinante, che è parso aver avuto un’influenza sui gruppi di lavoro e sui sostenitori della pace tanto tra i Musulmani quanto nel governo.
Quando i negoziatori e i sostenitori della pace mi richiedono preghiere e consigli, io sono ben felice di rispondere positivamente.
Il risultato di questo dialogo per la pace è l’organizzazione di un gruppo informale a favore della pace che chiamiamo “Amici della Pace” (FOP). Sono il principale coordinatore di questa ONG, composta da molti leader musulmani e cristiani, nonché dai leader dei Popoli Indigeni. Essi sono influenti leader religiosi, accademici, giuristi ed esperti costituzionalisti e leader della società civile.
Dialogando gli uni con gli altri, monitoriamo il processo di pace, identifichiamo i punti in cui è richiesto il nostro sostegno attivo, accompagniamo con discrezione i redattori del progetto di Legge Fondamentale sul Bangsamoro (BBL), esercitiamo pressioni su influenti membri del parlamento perché approvino l’accordo di pace quando il Presidente lo presenterà al Congresso per l’approvazione.
Alcuni dei componenti di FOP facevano parte della Commissione per la Transizione del Bangsamoro che redasse il progetto di BBL.
Il progetto di BBL è attualmente nelle mani del Presidente delle Filippine. L’approvazione della BBL sembra poter far mancare la terra sotto i piedi all’emergente radicalismo della gioventù bangsamoro. Disillusi dall’inerzia governativa circa l’accordo di pace, i giovani vengono reclutati dal gruppo Maute, collegato all’ISIS, che ha tentato di prendere il controllo di Marawi City come possibile centro di un Califfato.
Se anche una pace giusta e duratura dovesse risultare dal processo di pace, il nostro lavoro come FOP continua. Il nostro obiettivo a lungo termine è la riduzione dei reciproci pregiudizi e preconcetti di musulmani e cristiani. Questi preconcetti sono potenziali detonatori di violenti conflitti. Crediamo che sia necessaria un’azione educativa formale ed informale, in famiglia ed attraverso il sistema scolastico.
Ugualmente imperativo è il dialogo interreligioso per la pace iniziato dai leader religiosi, così che le rispettive comunità si rendano conto dei loro pregiudizi e preconcetti alla luce delle rispettive fedi e li rendano assolutamente inefficaci.
 
E. Considerazioni conclusive – Le qualità di mente e di cuore richieste
Secondo la mia esperienza, per un fruttuoso dialogo per la pace sono richieste le condizioni seguenti. Molte di queste possono non essere presenti proprio all’inizio del dialogo. Esse si sviluppano soltanto nel processo dialogico.
  1. Conoscenza dell’Altro
  2. Ferma adesione alla propria fede religiosa
  3. Rispetto per la fede dell’Altro
  4. Comprensione delle differenze fondamentali
  5. Trasparenza, integrità e sincerità
  6. Apertura all’ascolto
  7. Fiducia nell’Altro
  8. Considerazione delle persone piuttosto che delle idee
  9. Speranza, pazienza e perseveranza
  10. Amicizia
Si dice spesso che dialogare significa avvicinarsi ad un terreno sacro. Bisogna togliersi i calzari. Fondamentalmente, lo spazio sacro è uno spazio di amore per l’Altro, instillato da Dio, nonostante differenze fondamentali. È un dialogo di fede. Pertanto, la preghiera è importante nel dialogo per la pace.
Avendo dimenticato le parole esatte del famoso filosofo del dialogo Martin Buber, intendo richiamarne il contenuto. Una volta ha detto: quando due persone si impegnano in un dialogo autentico e veramente umano, la corrente che li lega insieme è Dio.
Buber ha anche detto: quando l’amore non si identifica col dialogo, se non c’è amore per l’altro ma solo amore per se stessi, il suo nome è Lucifero.
Alla luce delle succitate qualità di mente e di cuore, comprendo come la “Parola Comune” dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo sia così fondamentale nel dialogo per la pace.
Grazie.

 

#peaceispossible #stradedipace
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