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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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4 Ottobre 2010 09:30 | Reial Acadèmia de les Bones Lletres

Barcellona 2010 - Intervento di Filaret



Filaret


Vescovo ortodosso, Chiesa Ucraina, Patriarcato di Mosca

La Santa Trinità e la Santa Famiglia icone
dell’essere e della salvezza del genere umano

 

Esimi partecipanti e organizzatori di questo incontro!

Vi saluto tutti e vi ringrazio per avermi dato la possibilità di condividere alcune riflessioni su cosa significano per noi le immagini della famiglia nella vita spirituale, personale e comunitaria.

Per prima cosa vorrei sottolineare che tra tutti i significati della parola “immagine” io intendo quello di “icona”: nel lessico cristiano della lingua russa tali sostantivi sono perfettamente sinonimi. Proprio questo ci aiuta a non perdere la nostra identità in un mondo pieno di immagini false del consumo, del piacere e del successo ad ogni prezzo.   

Tutti, nei rispettivi paesi, siamo testimoni del fatto che il contenuto e il senso della vita contemporanea sono ridotti a merce e vengono svalutati. L’essere stesso dell’uomo perde il suo significato originario, che è quello di essere a immagine e somiglianza di Dio, Onnipotente e Creatore di ogni cosa.

I mass-media, la cultura e la pubblicità di massa abituano l’uomo sin dall’infanzia all’idea che la sua personalità sia simile a un vestito:  secondo questa visione diventa facile creare, modificare, rinnovare o cambiare radicalmente sia l’aspetto esteriore che quello interiore. La vita stessa, per tanti, è simile a un gioco nel quale si può entrare con le sembianze di qualsiasi personaggio… Purtroppo però non è sempre facile uscire dal ruolo assunto e la maschera del male, del vizio o della follia può attaccarsi stabilmente al volto.  

Di conseguenza l’uomo non sente più di dover essere integro e determinato: gli basta sembrare di esserlo solo in alcune circostanze. 

Non a caso, tra i detti popolari russi, c’è un consiglio efficace: “quando qualcosa è apparenza, allora bisogna farsi il segno della croce”, cioè ricordarsi di Dio. 

Il senso della vita cristiana è essere degna immagine e somiglianza del nostro Padre celeste. L’immagine dell’uomo perfetto ci è stata mostrata  dal Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, Gesù Cristo. Proprio Lui ci ha insegnato a rivolgerci a Dio, “Padre Nostro”, nella più importante preghiera cristiana (Mt 6,9-13); proprio Lui ci ha incoraggiato, per i secoli e i millenni seguenti, avendo detto: “lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26).

Da allora sino a oggi l’obiettivo della nostra vita e della nostra fede consiste nel rendere la vita e la fede piene di Spirito Santo. Ciò è possibile solo quando diventiamo capaci di percepire il soffio di Dio negli altri.  Come diceva un teologo bizantino, San Massimo il Confessore, l’amore di cui parlano le Scritture è la compenetrazione di Dio nell’uomo e la reciproca compenetrazione degli uomini nella ricerca di Dio.

La Sacra Scrittura è una realtà divinoumana; non è affatto una parola umana su Dio, ma è la Parola di Dio stesso rivolta agli uomini. I libri e i capitoli, le rivelazioni e i versetti, i presagi e le profezie della Sacra Scrittura sull’amore non sono altro che il frutto della sinergia, o della “collaborazione”, degli uomini con il loro Creatore. Inoltre la Parola di Dio è costretta ad essere in un certo senso limitata alla capacità dell’uomo di accoglierla e di trasmetterla agli altri.

Ogni uomo vive all’interno di un ambito socio-culturale concreto. Pertanto la sua religiosità sarà sempre legata all’ambiente culturale circostante. A sua volta anche la buona notizia divina, esprimendosi attraverso la lingua umana, assume le forme espressive e concettuali di una determinata cultura nazionale.      

Il profeta non potrà trasmettere agli uomini il contenuto della rivelazione se essa non sarà legata al contesto culturale nel quale vivono sia l’eletto di Dio, sia il destinatario della rivelazione. Tale destinatario, come testimonia la storia, può essere un gruppo di uomini, un popolo o l’intero genere umano.

Prima che la Rivelazione diventi Sacra Scrittura e patrimonio degli uomini, essa deve essere formulata in una lingua nazionale e calata in un preciso contesto culturale. Proprio per questo motivo la religione è sempre profondamente radicata nella situazione personale di un uomo, nello spazio geografico del suo popolo e nel tempo della sua esistenza storica.  In tale contesto la religione assume questo o quell’aspetto storico, i cui tratti emergono dalla Chiesa terrena.

Il senso dell’esistenza storica dell’uomo risiede proprio in quell’amore di cui parlano i libri sacri delle religioni bibliche: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. [...] Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt 22,37-39).

Nella capacità di manifestare questo amore l’Ortodossia vede lo scopo della vita e lo chiama “divinizzazione”. San Massimo il Confessore ne parla in questi termini: “La divinizzazione è il principio universale e il confine di tutti i tempi, di tutti i secoli, e di tutto ciò che c’è nei secoli dei secoli”. E poi aggiunge un pensiero molto importante: “è anche la via d’uscita da ciò che secondo natura è limitato”. 

Il superamento dei limiti… è il sogno dell’uomo di innalzarsi al cielo, di immergersi nelle profondità, di conoscere ogni cosa, di saper far tutto. In altre parole, è il sogno di ritornare al paradiso perduto, dove l’uomo non aveva alcun limite se non l’avvertimento di che cosa fosse la morte.

La storia e l’esempio della Sacra Famiglia rappresentano l’immagine del superamento di tutti gli ostacoli sul cammino del movimento convergente di Dio e dell’Uomo l’uno verso l’altro.  

La vita di tutti e di ogni membro della Sacra Famiglia rappresenta l’amore nella manifestazione più alta che possa esistere nel mondo degli uomini. Tale amore ha superato tutti i dubbi su di sé e sul bambino nato perché non c’era alcun dubbio su Dio. Tale amore ha superato le difficoltà, i timori e il dolore perché confidava in Dio e nel Suo amore. Tale amore è diventato, in senso pieno e letterale, Amore divino, e per questo si è rivelato capace di abbracciare il mondo intero.

Mi permetto di ricordare il nome di un teologo del XX secolo,  Hans Urs von Balthasar. Egli affermava che di fronte all’uomo vi sono due misteri: il mistero dell’eternità e il mistero del tempo. Il primo ci è rivelato dalla Santa Trinita, il secondo dalla vita della Santa Famiglia. Qui l’eternità è entrata nel tempo e il tempo è stato chiamato all’eternità. Che parole piene di dolore per il mondo usa von Balthasar quando dice che il tempo, separato dall’eternità, uccide! Che pensiero coraggioso vi è nelle sue parole quando afferma che l’eternità, separata dal tempo, non vive!... 

Due menti eccelse delle Chiesa d’Oriente e d’Occidente, due grandi cuori cristiani, Massimo il Confessore e Hans Urs von Balthasar, si danno la mano attraverso i secoli teologizzando sull’amore e sulla solidarietà nel loro senso e nella loro manifestazione più alti. 

Il Signore nostro Gesù Cristo, attraverso la sua vita terrena, la morte di croce e la Resurrezione dopo tre giorni chiama il genere umano alla solidarietà interiore e all’unità con il Creatore. Proprio per questo il concetto cristiano di solidarietà umana ha una dimensione soteriologica, sulla quale si consolida l’azione ecclesiale nella sfera del servizio e della responsabilità sociali.

L’aggettivo latino “solidus” viene tradotto come “solido”. Questo ci dà il diritto di affermare che la solidità delle posizioni cristiane nel mondo dipende in gran parte da quanto gli stessi cristiani sono solidali gli uni con gli altri. 

Possiamo essere d’accordo o no sulle opinioni, sui modi di azione e sulla comprensione degli interessi; possiamo discutere e rimanere sulla nostra visione dei problemi e sulle nostre posizioni per risolverli. Ma tutto ciò non deve minare il fondamento alla radice della nostra solidità cristiana, della nostra solidarietà interna ed esterna.

Nel Nuovo Testamento troviamo una chiara gerarchia dei principi che garantiscono la solidità delle nostre posizioni cristiane nel mondo e nel tempo terreni: “Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità” – testimonia l’apostolo Paolo. E di seguito precisa: “Ma la più grande di tutte è la carità!” (1Cor 13,13)

Ognuno di noi si dichiara a favore della giustizia, ma la giustizia diventa molto discutibile ed è facile che essa si trasformi in violenza quando si cerca di consolidarla senza l’amore. Qui non intendo l’amore umano, che, come è noto, ci mette poco a trasformarsi in odio. La giustizia viene snaturata là dove ci si dimentica della dimensione divina dell’amore per l’uomo.

Noi infatti non possiamo essere così pazienti e benevoli come il nostro Dio. Noi vogliamo sempre affermare la nostra ragione qui e ora! La nostra fede, ai cui fondamenti non rinunciamo di fronte a nessuno e per nessun motivo, ci chiede il rifiuto del compromesso. Noi non possiamo non sperare nel trionfo della giustizia già nella nostra vita terrena, perchè noi siamo persone terrene e la fede e la speranza sono le proprietà più profonde dei nostri cuori umani.   

Ma solo una tra tutte le dimensioni che l’uomo prova è propria anche di Dio: l’amore. Perché l’amore è più grande sia della speranza sia della fede. Io sono sicuro che quando riporteremo in vita nella memoria il ricordo più recondito della famiglia nella nostra vita, allora vedremo in essa il valore del Paradiso come della casa del padre, il luogo di pace e di amore, il luogo del sogno, un sogno realizzato e allo stesso tempo inesauribile. 

Che la cattedrale della Sacra Famiglia in questa meravigliosa città di Barcellona, la sua storia e il suo futuro, siano testimoni della sincerità dei nostri sforzi per vivere in un’unica famiglia con Dio e con tutto il genere umano!  

Grazie per l’attenzione.

Filaret, Metropolita di Minsk e Sluck
Esarca patriarcale di tutta la Bielorussia

 

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Barcellona 2010

Messaggio
di Papa
Benedetto XVI


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