Le recenti tragedie nel Mediterraneo riportano l'attenzione sul dramma dei viaggi della speranza. Uomini e donne di tutte le età, tra loro anche molti bambini, che fuggono da situazioni di guerra, violenza o povertà, in cerca di un futuro migliore. Sono viaggi lunghi e pericolosi nei quali tante, troppe persone perdono la vita.
La Comunità di Sant'Egidio continua a ricordare i tanti che sono morti "di speranza". In questi giorni in tanti, particolarmente nelle periferie di Roma, hanno voluto ricordare le vittime dei naufragi. Come nella Parrocchia del SS. Redentore a Val Melaina (zona Tufello), dove al termine della preghiera è stata avviata anche una raccolta di generi di prima necessità da donare ai migranti di passaggio a Roma.
Sempre nella periferia romana, di fronte alla baraccopoli di via delle Messi d’Oro a Ponte Mammolo, la stessa visitata lo scorso febbraio da Papa Francesco, più di 350 persone di tutte le nazionalità hanno pregato per le vittime dei viaggi della speranza. Alla preghiera, presieduta dal vescovo Di Tora, hanno partecipato gli abitanti del quartiere, insieme agli eritrei e ai somali scampati agli ultimi naufragi, e agli altri residenti della baraccopoli.
Tanta la commozione durante la processione dinnanzi alla croce di Lampedusa, fatta con i legni dei barconi, e mentre si deponevano fiori in memoria dei tanti che non ce l'hanno fatta. I canti eritrei hanno accompagnato la preghiera conclusa con l’abbraccio di pace.
Stessa commozione anche a Civitavecchia, dove più di 300 studenti della Scuola di Lingua e Cultura Italiana di Sant'Egidio e nuovi europei di Genti di Pace provenienti da Roma hanno pregato insieme agli abitanti della città laziale. Una preghiera di fronte al mare, lo stesso nel quale tanti hanno perso la vita, perché il Signore protegga i migranti e nessuno debba più morire di speranza.
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