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7 Settembre 2015 | TIRANA, ALBANIA

All'incontro internazionale di Sant'Egidio a Tirana lo Spirito di Assisi si confronta con i grandi problemi dell'umanità

Gli interventi nella giornata centrale di dibattito – Il ministro Gentiloni chiede corridoi umanitari e accoglienza europea per una quota di migranti

 
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TIRANA – Nella giornata centrale dell’Incontro Internazionale “La pace è sempre possibile”, che ha visto lo svolgimento di 18 dei 27 panel in programma, i partecipanti sono stati messi di fronte alle sfide del mondo globale: la pace o la guerra, il terrorismo internazionale, le migrazioni di massa, le diseguaglianze sociali, le minacce all’ambiente naturale, il ruolo delle religioni e della politica per la costruzione di un’umanità solidale. Lo “spirito di Assisi” che è il filo conduttore del convegno, nella fedeltà all’ispirazione originaria di Giovanni Paolo II, è stato declinato secondo la sensibilità delle centinaia di leader religiosi presenti e messo a confronto con i conflitti di diversa origine che affliggono il mondo moderno. Il risultato di questa analisi articolata e plurale convergerà domani nell’Appello di Pace di Tirana 2015, che verrà consegnato ai leader religiosi e alle personalità politiche di Europa, del Mediterraneo, dell’Asia e dell’Africa che parteciperanno alla cerimonia conclusiva nel piazzale ai piedi della piramide, già costruita per celebrare il regime comunista di Henver Hoxha e che oggi è un simbolo dell’Albania democratica che vuole entrare in Europa.

“Spirito di Assisi” significa dialogo, tolleranza, ruolo pubblico delle fedi.  Un importante panel di oggi, sul tema “Immaginare la pace. Il ruolo delle religioni e della politica”, presieduto dal giornalista del “Corriere della Sera” Antonio Ferrari, ha visto la partecipazione del ministro degi Esteri italiano Paolo Gentiloni, del Patriarca siro ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente Ignatius Aphrem II, del Cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in Nigeria, e del rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico “Marshall T. Meyer” di Buenos Aires e grande amico di papa Francesco. Il ministro Gentiloni ha dichiarato di apprezzare la proposta, rilanciata da Sant’Egidio da Tirana sulla scorta dell’appello del papa, di una sponsorship europea e in particolare italiana per l’accoglienza ai profughi e ai migranti. “Penso che la creazione di corridoi umanitari e l’accoglienza a livello europeo di una quota di immigrati legali possa contribuire alla soluzione del problema. Certo il problema non si risolverà semplicemente, innanzitutto perchè stiamo parlando di un fenomeno di dimensioni talmente enormi sul piano economico e demografico che certamente l’Europa dovrà fare i conti con questa questione per i prossimi dieci o venti anni”. Intanto, l’Italia lavorerà perchè la proposta sulla redistribuzione dei migranti che domani presenterà la Commissione europea “vada a buon fine”. E il presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati Mario Marazziti, che ritiene urgente la convocazione di una conferenza mondiale sui migranti,  ha rilanciato la sua proposta legislativa tendente a consentire la presentazione di richieste di asilo presso i consolati e le ambasciate europei dei paesi di transito.

Gli esponenti delle religioni, ha detto il rabbino Skorka, “dovrebbero fungere da coscienza  dei leader politici”, ponendo con forza le questioni che riguardano la giustizia e la pace”; dovrebbero fare “come gli antichi profeti d’Israele: portare la tradizione religiosa ad avere una influenza sulle questioni attuali”.

Purtroppo, però, le parole di pace delle religioni non sempre vengono accolte con simpatia. Una ferma denuncia delle sofferenze inflitte dal cosiddetto Stato Islamico ai cristiani in Medio Oriente, in Asia e in Africa, è stata fatta dal metropolita di Vologda e Kirillov (Patriarcato di Mosca) Ignatij: “Nel cosiddetto Stato Islamico sta avvenendo un vero e proprio genocidio di carattere religioso. Un cristiano su quattro è oggi vittima di discriminazione nel mondo”. E si è chiesto polemicamente: “La società civilizzata, formatasi nelle tradizioni della cultura e della visione cristiane, soffre per tutto ciò? Mi sembra che in Europa e in America non si dia molta attenzione a questo tema”.

Del resto, in questo inizio del XXI secolo il martirio “cambia il mondo del cristianesimo”, come dice il tema di un altro panel: il vescovo ortodosso Epiphanius della Chiesa copta egiziana, ha rilevato che  sono cambiati i perseguitati, non più soltanto i missionari, ma semplici fedeli, uomini, donne e perfino bambini; e si sono moltiplicati i persecutori: non solo Stato ma anche le sette religiose fanatiche che nion accettano chi è diverso da loro. Comunque, oggi come nei primi secoli: “il sangue dei martiti è il seme dell’unità che auspichiamo tra le Chiese cristiane”. E il vescovo cattolico albanese George Frendo ha ricordato che attualmente nei suo paese si sta svolgendo il processo di beatificazione di 40 martiri, molti dei quali caduto sotto il regime comunista.

In un altro panel, Mauro Garofalo, responsbaile delle relazioni internazionali per la Comunità di Sant’Egidio, sulla scorta della denuncia di papa Francesco: “Siamo di fronte a un nuovo conflitto mondiale, ma a pezzetti”, ha svolto una panoramica sulle guerre in corso nel mondo, e ha sottolineato come “l’impegno per la risoluzione dei conflitti sia la conseguenza di ciò che la Comunità vive in ogni parte del mondo”: un “artigianato paziente e globale”, che ha dato risultati concreti non solo in Mozambico, nell’Africa subsahariana e a Mindanao, ma in molti altri paesi del mondo, visto che “in 25 anni in tanti sono venuti a bussare alle porte di Sant’Egidio per trovare una risoluzione dei conflitti”. Nello stesso panel, l’arcivescovo cattolico nigeriano Kaigama ha dato conto dei  piccoli passi verso la pace in un paese martoriato dai fondamentalisti di Boko Haram, dove però si è innescato un processo elettorale positivo. E Dyonisius Jean Kawak, arcivescovo ortodosso della Chiesa sira, ha ricordato che in una terra colpita da un conflitto che dura da 5 anni, la cosa fondamentale è “educare alla pace”, perchè “fare la pace è un lavoro da portare avanti ogni giorno”, “bisogna avere l’aiuto della comunità internazionale, bisogna fermare il finanziamento diretto ed indiretto agli estremisti e fermare l’afflusso di armi e combattenti”.

Un altro filone di approfondimento è stato quello della globalizzazione, del predominio dei mercati e, ad esso connesso, quello della tutela dell’ambiente. Romano Prodi, già presidente della Commissione europea e due volte capo del governo italiano, ha detto di apprezzare la globalizzazione “perchè senza di essa un miliardo di persone non sarebbe arrivato ad una vita decente”, ma ha anche osservato che con essa “è aumentata la diseguaglianza”, poichè “da quando si è avuta l’affermazione del modello Reagan-Thatcher  per il quale chi mette le imposte perde le elezioni, prima sono state colpite le classi più basse e ora la classe media”. Nello stesso panel mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone, ha sostenuto che “la logica del dono sembra scalzata dalla logica della finanza e del denaro; il mercato sembra ingovernabile; ma una società così organizzata non può che vivere di paura, e addossare le nostre paure agli elementi di disturbo, come è accaduto con i profughi”.

Nel panel sui problemi ecologici (“Una nuova alleanza fra umanità e ambiente”), presieduto dalla giornalista e regista italiana Maite Carpio, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha ricordato che “in un mondo profondamente interdipendente e profondamente diseguale, non si può immaginare se non una gestione globale delle emergenze ambientali”. Riferendosi poi all’enciclica “Laudato sii” di papa Francesco, il ministro ha affermato che la politica “non può non farsi carico della cura della casa comune; non può non collocarsi sul versanmte indicato dal papa, in risposta a questa sfida”.