Il breviario di padre Hamel tra le memorie dei martiri ci dice che la fraternità è il nostro cammino

Le parole di Andrea Riccardi e l'omelia del vescovo di Rouen, mons. Lebrun nella celebrazione per la consegna del breviario di padre Jacques Hamel a San Bartolomeo all'Isola - Gv 19, 25-27

Sarà conservato a Roma nella Basilica di San Bartolomeo all'Isola, la chiesa di Roma dedicata ai "nuovi martiri", il breviario di padre Jacques Hamel, il sacerdote ucciso nella sua chiesa nei pressi di Rouen in un attacco terroristico lo scorso 26 luglio. La reliquia è stata consegnata ieri nel corso di una commovente celebrazione, presieduta dal vescovo di Rouen, mons. Lebrun e dei familiari di padre Jacques.   

Il saluto di Andrea Riccardi:

 

È con un misto di dolore e di gioia che noi accogliamo il grande dono che la Chiesa di Rouen fa a questa Basilica di San Bartolomeo dedicata ai nuovi martiri. Ritorna il dolore del barbaro attentato che ha colpito un ottuagenario sacerdote debole negli anni ma forte nella fede e nella dignità, il dolore per qualcosa di terribile. Ma anche allo stesso tempo la gioia di avere riscoperto la grandezza e la ricchezza della fede della Chiesa, della Chiesa di Rouen e della Chiesa di Francia, la dignità della reazione animata da pace e responsabilità del suo vescovo, la dignità dolente ma forte della famiglia e lo stringersi di tutto il Paese. Lasciatevi dire ancora il nostro dolore ma anche la nostra partecipe ammirazione.
Padre Hamel è un esempio, la sua vita va letta e capita e, credo, ispirerà molti giovani, non solo francesi ma al di là della Francia. Non aggiungo parole se non una gratitudine a voi tutti. Questa chiesa di San Bartolomeo che Giovanni Paolo II ha voluto dedicata ai nuovi martiri oggi accoglie il breviario di padre Hamel e vede come questi uomini e queste donne che sono stati colpiti nella loro debolezza oggi indicano al mondo una via di pace e alla Chiesa una via di fedeltà sino alla fine. Grazie.

L'omelia di mons. Dominique Lebrun, vescovo di Rouen.

“Donna ecco tuo figlio”. Chi sono i figli di una madre? Sono fratelli e sorelle. Con questa parola Gesù dichiara quello che compie sulla croce. La nuova fraternità. Non di un Padre sconosciuto, di un Padre rivelato da Gesù. Una fraternità nuova ma che si costruisce, che si riceve fin da questa terra, come figli di Maria, che sono i figli della stessa madre, fratelli e sorelle, che hanno un fratello maggiore, Gesù stesso. Nel mistero della croce si compie l'adozione, da parte di Cristo, di questa umanità che Dio, il suo Padre, gli ha consegnato nello stato di peccatori.

Non dimentichiamo che il primo assassinio della storia è quello di due fratelli, che hanno così spezzato il legame di fraternità, che con Cristo, con la sua morte, si ricostruisce, torna di nuovo.
Non è di scarso interesse ricordare che, nella storia dell'umanità, ci fu la possibilità giuridica di adottare un fratello o una sorella. Qualche traccia si trova nella vecchia Grecia, ma anche nell'impero romano. Ma la storia ci dice che questo sparisce: è sparito proprio all'epoca di Gesù. Esiste, per farmi capire, l'adozione giuridica quando dei genitori adottano un figlio o una figlia generati da altre persone, ma esiste anche una adozione spirituale, ma vera, da parte di Cristo. La fraternità è il nostro cammino. Siamo fieri, noi francesi, di avere questa parola in cima ai nostri stabilimenti, alle nostre scuole, ai nostri comuni. E anche, credo, nel nostro cuore: la fraternità. E sono felice che il nostro ambasciatore sia presente tra di noi, perché quello che portiamo, questo desiderio, questa grazia che ci è stata fatta da Gesù sulla croce non è solo per noi, è per tutti. Senza limiti. Perché viene dall'amore di Dio che è infinito.

 
Forse siamo diventati, o proviamo a diventare, fratelli, dimenticando il padre e la madre. Perché questa fraternità che è stata spezzata dalla morte, dall'assassinio, non possiamo viverla senza riceverla come una grazia. 
Oggi tra di noi ci sono le due sorelle di padre Jacques, nel nostro cuore c'è anche il fratello che non è potuto venire per motivi di salute. Sono scioccati, toccati da questa morte, ma portano una speranza. Vedono oggi in questa celebrazione, ma anche da tanti segni in tutto il mondo dopo l'attentato, che la nostra fraternità umana è ancora un piccolo segno di questa fraternità divina che ci è data. 
Si, padre Jacques, diventa un segno di fraternità universale, un fratello universale. 
Ringrazio la Comunità di Sant'Egidio perché non è solo custode di questo santuario, ma lo è perché si è messa al servizio della fraternità universale tra i popoli e nelle nostre grandi città, dove il mondo vive, specialmente attraverso i migranti, i poveri. Grazie di accogliere questa reliquia che vi diamo con il cuore.
Posso confessare che quando me lo avete proposto, qualcosa dentro di me diceva: ma non è troppo presto? Dopo aver sentito il Papa ieri, penso che questo sentimento non era del tutto giusto. Forse questo sentimento nasceva nel mio piccolo cuore, perché vorrei conservare ancora per noi il nostro padre Jacques. Forse lo stesso è per voi, la sua famiglia. Lo so, vi fa soffrire questo distaccarvi dal vostro fratello, ma egli ci è dato come segno di fraternità. E vogliamo prendere questa strada. E posso dire oggi anche con i nostri fratelli musulmani. Questo cammino già iniziato, da tempo, dal nostro beato Charles de Foucauld, dal santo Papa Giovanni Paolo II, che ha voluto riunire ad Assisi attorno alla figura di Francesco le religioni. Sì, vogliamo intraprendere questo cammino di fraternità. Preghiamo perché sia possibile nel nostro cuore. Non è facile neanche per me, ve lo assicuro. Qualche volta mi prende la rabbia.
Avrò il coraggio di interrogare i miei amici musulmani su cosa significhi per loro questo gesto? Porterò la domanda di Papa Francesco di ieri mattina: sarebbe tanto bello che tutte le confessioni religiose dicano che uccidere nel nome di Dio è satanico. Cioè non corrisponde al cuore umano, è solo il segno di questi angeli ribelli, ma non vinceranno. In fondo non hanno vinto padre Jacques. Siamo qui, vivi, sul cammino della fraternità.
Coloro che hanno perpetrato questa violenza in qualche modo sono anch'essi condannati alla fraternità come cammino, al dialogo come espressione di amore, condannati come Gesù stesso è stato condannato, ma nessuno ha potuto mettere nel suo cuore odio, menzogne, orgoglio, nessuno.
Preghiamo il Signore, anche per l'intercessione di padre Jacques perché questa fraternità sia concreta, nelle nostre famiglie. Non è difficile vedere fratelli e sorelle che non si parlano più, non si capiscono più. Però, rimane, dentro il cuore, la determinazione di diventare fratelli.