'Tutti abbiamo servito tutti': una lettera dal carcere racconta il pranzo di Natale

SI potrebbe intitolare: la gioia del dare. La lettera pubblicata sul sito "Ristretti" di due detenuti, che il giorno di Natale hanno servito al pranzo di Natale della Comunità di Padova, parla di questo e di molto altro. Parla di una dignità restituita nel servizio a chi è più povero e di una fraternità possibile, sempre. Ne pubblichiamo alcuni stralci.

"Oggi mi è stata data la possibilità di fare del volontariato per alcune ore, anche per una mia scelta, perché il mio pensiero è che ad ogni detenuto va data un'altra possibilità nella vita. L'occasione di fare del volontariato penso possa essere una di queste..... Oggi poter offrire alle persone la nostra disponibilità ci fa sentire uomini. È un modo per restituire alla società qualcosa che le avevamo sottratto, vedere che noi possiamo donare anche una carezza, un sorriso, un gesto d'amore ci rende felici, di una felicità che non avevamo forse mai provato nella nostra vita.

Cos'è stata questa giornata per noi? Ci è stato assegnato il tavolo n. 7; attorno ad esso una trentina di profughi senegalesi, della Sierra Leone, della Repubblica del Congo. Tutte persone fuggite dal loro paese a causa di guerre e conseguenti problemi di sostentamento. Non volevamo parlare della loro sventura che già conosciamo tutti, volevamo donargli un sorriso, un abbraccio, una speranza, parlare la loro lingua, il francese, aiutarli a nutrire fiducia e speranza. Gli abbiamo servito dei pasti caldi, della frutta, il panettone, alla fine dei regali che aveva confezionato la stessa Comunità di Sant'Egidio.

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I ragazzi del tavolo capiscono che siamo dei detenuti che abbiamo servito il pranzo, iniziano ad abbracciarci. A qualcuno gli escono le lacrime. Intervisto anche Caterina, che ci rilascia la sua testimonianza per i detenuti, le sue parola sono state bellissime: Oggi, Tutti abbiamo servito tutti.

Alla fine ci siamo abbracciati tutti. Il cuore si emoziona quando incontro Giulia, una signora padovana davanti alla porta della chiesa. Mi confida con voce sottile: "Sono felice di trovarmi qui oggi. È la prima volta che vengo, gli altri anni li ho passati con mia figlia. Ora lei non c'è più, e sono rimasta da sola. Ma oggi non mi sento più sola, adesso sono qui con voi".

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