La città di Trento ha accolto la mostra “Noi, l’Italia”, 150 opere e testi realizzati dai Laboratori d’Arte della Comunità di Sant’Egidio e l’installazione-scultura tavoloItalia dell’artista Anton Roca.
L’inaugurazione del 16 marzo è stata affollatissima e numerose sono state le presenze istituzionali tra cui gli Assessori alla Cultura e ai Servizi Sociali del Comune di Trento e l’Assessore all’Istruzione della Provincia.
La mostra sarà esposta fino al 22 aprile nello splendido Palazzo Calepini, sede della Fondazione Caritro, main sponsor dell’evento.
Per l'occasione è stata presentata l’edizione inglese del catalogo della mostra “us, Italy”.
Nel suo intervento di apertura Simonetta Lux, critica d’arte e curatrice della mostra, ha ripercorso il lavoro fatto insieme nei Laboratori d’Arte sottolineando come il compito dell’arte contemporanea sia quello di svelare e di essere in relazione con i problemi del mondo attraverso un linguaggio che nessun altro linguaggio può dire.
“L'obiettivo- ha continuato- è quello di far capire l’intelligenza dei disabili mentali. Sono stata sorpresissima di scoprire in loro la gioia di poter lavorare per gli altri (i loro quadri supportano il progetto DREAM) ma anche la felicità di aiutare e di uscire dal pregiudizio, cioè dalla chiusura da parte della società e di tutti noi”.
Il nostro grande progetto – ha concluso – è superare il rifiuto della diversità che è nel mondo, attraverso la capacità di mettere in scena con i mezzi dell’arte, anche lavorando insieme ad artisti accreditati, come Anton Roca e César Meneghetti, e comporre e costruire un mondo nuovo."
Alessandro Zuccari, professore di Storia dell’Arte Moderna alla Sapienza, Università di Roma, che fin dall’inizio ha accompagnato il lavoro dei Laboratori, riprendendo da Simonetta Lux la definizione di questo lavoro come di una “grande opera d’arte relazionale”, ha spiegato come "essa sia frutto di una riflessione e come esprima la consapevolezza ormai definita e chiarita di un percorso che mostra non solo come sia necessario abbattere tutte le barriere, non solo quelle fisiche, ma anche quelle culturali - perché in fondo abbattere non è poi tanto difficile - ma che cosa invece sia necessario realizzare. Il lavoro - ha continuato - è stato proprio quello di cominciare a relazionarsi con persone che venivano considerate marginali, che venivano definite dalla loro disabilità, quindi dal deficit fisico,mentale e psichico,e cominciare a considerarle persone. E’ un percorso che è in continua evoluzione. Dobbiamo tutti relazionarci, e questa relazione fa sì che tutti siamo persone che hanno una loro dignità, che hanno diritto alla formazione, all’istruzione, all’espressività, anche alla libera creatività”.
Ha concluso esprimendo la felicità di tutti di essere arrivati a Trento, “città del nord che ci rimanda all’Europa, perché l’Italia unita non può essere disgiunta da una visione europea… Uno sguardo al nord come al sud, perché non si può pensare al futuro se non in questo mondo di relazioni”.
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