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22 Aprile 2013 | MODENA, ITALIA

Una visita di Agenda Sant'Egidio nelle zone del terremoto in Emilia

A un anno di distanza, con gli anziani di Mirandola e di San Felice sul Panaro e a Rovereto sulla Secchia, dove è quasi pronta una nuova chiesa realizzata con l'aiuto della Comunità di Sant'Egidio

 
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A quasi un anno dal terremoto che il 20 e 29 maggio ha colpito l’Emilia, una delegazione di Agenda Sant’Egidio si è recata in provincia di Modena, per una visita e alcuni incontri, in una delle aree più colpite dal sisma, dove la Comunità di Sant’Egidio è intervenuta per aiutare.

A Mirandola, nell’istituto “CISA”, la delegazione ha incontrato alcuni anziani conosciuti dopo che erano stati “sfollati” a seguito della scossa del 29 maggio. Quasi tutti hanno subito diversi trasferimenti. Dopo la prima scossa del 20 maggio scorso, a causa del crollo o l’inagibilità della propria casa, erano stati trasferiti nelle case di riposo di Parma dove la Comunità di Sant'Egidio li ha incontrati. In seguito alla seconda scossa, sono stati spostati a Mirandola. Passata l’emergenza, la Comunità li ha seguiti nel loro pellegrinaggio da un istituto all’altro e lungo quest'anno l’amicizia fedele ha rappresentato un elemento importante, un punto di riferimento, un sostegno certo, in una situazione di grande disagio, di continui cambiamenti, di perdita di affetti. Il racconto degli anziani è stato particolarmente toccante.

 Visita agli anziani di san Felice sul Panaro giugno 2012

Rosanna racconta che viveva a casa assieme al marito Vilmo, gravemente malato. Dopo il terremoto del 20 maggio ha dovuto lasciare la sua casa e trasferirsi in una casa di riposo. Poi, dopo la scossa del 29 maggio, si è trovata in Provincia di Parma a oltre 120 km di distanza. Anche Elsa racconta il dramma dell’allontanamento da casa a seguito della prima scossa, la separazione dal marito in reparti diversi di un istituto, la malattia e la morte di quest’ultimo, il trasferimento della figlia a 30 km di distanza. Il racconto di Marta della giornata del 29 maggio, fa rivivere la paura, la confusione del trasporto notturno. La cronaca di tante difficoltà umane non piega il buonumore e la speranza.  Antonio, che pure ha subito il trauma del terremoto, dedica ai visitatori un'applaudita filastrocca e conclude: “Io dico che c’è ancora tanta brava gente!”.

San Felice sul Panaro si va a visitare Neria che vive con suo marito Renzo e la madre Giuseppina. Raccontano le difficoltà di due mesi trascorsi sotto la tenda in un campo, dove la Comunità li ha conosciuti, ma anche la generosità e l’aiuto di tanti. E’ un piacere sentire il racconto di Giuseppina che, in seguito al terremoto, non riusciva più a camminare, e dera finita in carrozzina. Oggi, a casa sua, è tornata a camminare perfettamente e prepara uno spuntino per tutti. Neria e Renzo si definiscono fortunati: hanno ancora una casa e pensano ai tanti che la casa non l’hanno più. Ma Giuseppina a 94 anni è tornata a camminare e questa è una speranza per tutti.

E' di questo che parliamo con don Giorgio, il parroco di San Felice. La Comunità di Sant'Egidio ha offerto 20 mila euro, parte della colletta fatta in occasione del terremoto, e altri aiuti sono arrivati da Caritas Liechtenstein, all'associazione da lui presieduta, che si occupa proprio di trovare un alloggio a chi non l’ha. Il meccanismo ideato è semplice ed efficace: si tratta di una sorta di fondo rotativo per garantire gli anticipi sugli affitti a famiglie che, pur avendo un lavoro, hanno perso la casa e non hanno i soldi per anticipare una somma a garanzia.

Infine, la visita a Rovereto sulla Secchia, dove il 25% del paese è andato in frantumi e un altro 50% è lesionato.

Si tratta del paese in cui, il 29 maggio 2012, è morto il parroco don Ivan Martini durante il crollo della chiesa (La Stampa - Il sacrificio di Don Ivan, 30/5/2012). 

Il nuovo parroco, don Andrea, mostra la statua della Madonna che don Ivan era riuscito a mettere in salvo (guarda il video a sinistra).

Poi fa vedere il cantiere della nuova chiesa, alla cui costruzione la Comunità di Sant'Egidio ha economicamente contribuito per circa un quarto dell’importo (70.000 euro).

Don Andrea racconta di una popolazione provata e dispersa: prima del terremoto il suono delle campane della chiesa era il richiamo che radunava tutti la domenica.
(guarda il video a sinistra)

Il grande desiderio di don Andrea oggi è terminare prima possibile la costruzione della nuova chiesa, perché torni ad essere un riferimento per tanti e sia quel segno di speranza che si ricomincia a ricostruire e la vita non finisce. 

E' la risposta concreta  alle parole di Benedetto XVI che, recandosi in questo paese simbolo, il 26 giugno 2012 aveva detto: “Non siete, e non sarete, soli!”. A fine visita don Andrea esprime un  desiderio: sarebbe bello tornare entro un anno in una chiesa e dire: “Il 20 maggio siamo dovuti uscire dalla chiesa, ma noi vi rientriamo per il 19!”.

Baracche provvisorie Chiesa di Rovereto, lesionata dal terremoto

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