Domenica 3 novembre, duemila persone, adulti, anziani, bambini e moltissimi giovani, hanno percorso insieme la strada dalla Sinagoga al Teatro Carlo Felice, attraversando i luoghi in cui avvenne, tra il 2 e il 3 novembre di settant’anni anni fa, la cattura di decine di ebrei genovesi.
La marcia "Non c'è futuro senza memoria", organizzata dalla Comunità Ebraica di Genova e dalla Comunità di Sant'Egidio ha visto la partecipazione di tanti genovesi, di molti immigrati e anche la presenza di rappresentanti della comunità islamica. La processione, iniziata con la preghiera in ricordo delle vittime della Shoah, guidata dal Rabbino capo nel Tempio di Passo Bertora, e dalla testimonianza di Gilberto Salmoni, sopravvissuto alla deportazione nei lager, è stata accompagnata dalle luci delle fiaccole e dai cartelli con i nomi dei campi di concentramento nazisti in Europa.
L’ incontro al Teatro Carlo Felice, ha visto la partecipazione del presidente del Centro Primo Levi, Piero dello Strologo, del sindaco Marco Doria, di Andrea Chiappori della Comunità di Sant'Egidio, di Ariel Dello Strologo in rappresentanza della Comunità Ebraica e del giornalista e scrittore Gad Lerner.
«Bisogna fare la fatica di immedesimarsi: di chiedere che cosa avremmo fatto noi allora, di riportare quella memoria all’oggi», ha affermato Gad Lerner. E lo ha fatto complimentandosi per la grande presenza di giovani: «Tanti di voi sono impegnati nella solidarietà, nella difesa dei diritti – ha detto rivolgendosi agli studenti – questo significa lavorare per dare un futuro a questa memoria».
Nel silenzio della sala sono stati ricordati i tragici eventi di quel novembre 1943: la cattura in Sinagoga, avvenuta con l’inganno, la detenzione di intere famiglie nel carcere di Marassi, la deportazione verso Auschwitz, la ricerca sistematica da parte dei nazisti delle famiglie che erano riuscite a scampare alla prima razzia. Sono stati poi letti tutti i 261 nomi degli ebrei genovesi deportati.
Il sindaco Marco Doria ha voluto ricordare nel suo intervento il nonno materno, ebreo di Verona che fu colpito dalle leggi razziali e morì in clandestinità a Milano nel 1944.
Andrea Chiappori, della Comunità Sant’Egidio, ha notato come ogni anno aumenti la partecipazione a questa marcia: «Aderire – ha spiegato – esprime la scelta di non perdere la memoria, ma di spendersi perché chi viene dopo la raccolga». E anche lui ha rivolto un accorato appello ai giovani «a non appiattirsi nella banalità e nelle ideologie, a non giustificare mai il male che si incontra, a non abbassare la guardia di fronte all'antisemitismo e al razzismo. Perché dalla ferita del 3 novembre 1943 nasca anche una sensibilità alle ferite e ai dolori di oggi». |