L'intervista al vescovo ortodosso Iona di Obuchiv e vicario dell'eparchia di Kiev Iona sul convegno "ortodossi e cattolici sulla via della carità" che si è svolto a Roma il 24 marzo 2014, pubblicata sul sito ufficiale della Chiesa ortodossa ucraina
Carità senza proselitismo. Il vescovo Iona sul viaggio a Roma
«Gli amici dei poveri si comprendono bene l’un l’altro, perfino se parlano in lingue diverse e appartengono a culture differenti»: queste parole, dette lo scorso autunno da un italiano a Kiev, hanno trovato ancora una volta conferma questa primavera.
Il presidente del Dipartimento sinodale per gli affari giovanili della Chiesa ortodossa ucraina, il vescovo di Obuchiv Iona, è da poco tornato da Roma, dove ha preso parte all’incontro annuale «Ortodossi e cattolici sulla via della carità». Questo convegno è promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, famosa in tutto il mondo per la sua attività a favore della carità.
Il vescovo Iona ha raccontato del suo viaggio e delle impressioni sulle relazioni cattolico-ortodosse al sito «Ortodossia in Ucraina».
– Vladyka, lei è tornato da poco dall’Italia. Con quale missione ha visitato il paese?
– Sono andato in Italia con la benedizione del locum tenens della cattedra metropolitana di Kiev, il metropolita Onufrij, su invito della Comunità di Sant’Egidio, un’organizzazione caritativa cattolica. Essa esiste già da qualche decina di anni, e in seguito all’iniziativa di alcuni giovani laici che volevano servire Cristo in maniera attiva è nato un movimento. Hanno deciso di orientare i propri sforzi nel servizio al prossimo, in primo luogo nell’aiuto ai senzatetto.
Con il passare del tempo questa organizzazione ha iniziato a operare in tutto il mondo. Da non molto tempo «siamo diventati amici» con i rappresentanti ucraini di questa comunità.
E così mi hanno invitato a prendere parte alla conferenza annuale «Ortodossi e cattolici sulla via della carità». All’incontro ho raccontato dell’organizzazione del servizio sociale in Ucraina da parte del nostro dipartimento sinodale per gli affari giovanili. In quest’ambito abbiamo accumulato un’esperienza abbastanza grande. Inizialmente lavoravamo con i giovani entro i confini dell’attività del monastero. Dopo che mi hanno affidato il compito di dirigere il dipartimento sinodale per gli affari giovanili della Chiesa ortodossa ucraina, siamo riusciti a svilupparci a livello di tutta l’Ucraina. Cosicché c’era di che raccontare.
Oggi è complesso perfino elencare tutto lo spettro di attività dei nostri giovani… Nella mia relazione ho raccontato di come tutto è iniziato, di come è cresciuto il nostro movimento di volontariato e di che cosa si occupano oggi i nostri giovani.
– Vladyka, in ambiente ortodosso si guarda con qualche diffidenza a qualunque contatto con i cattolici. Lei come giudica tali rapporti?
– Anch’io, come persona di formazione monastica, ho alcune prevenzioni, in particolare verso un fenomeno quale l’ecumenismo. Ma cerco comunque di lasciarmi guidare dalle parole di san Paolo: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono».
In questo caso vediamo l’esperienza di come dei cristiani mettano in pratica il comandamento di Cristo sulla carità non a parole ma con le opere. E noi abbiamo di che imparare da loro. La Comunità di Sant’Egidio lavora in molti paesi ortodossi: c’è una rappresentanza anche a Mosca, a Kiev e in altri Stati dove l’ortodossia è la religione maggioritaria.
L’attività di questa organizzazione non ha niente in comune con il fenomeno del proselitismo. Su questo piano i cattolici conducono una politica molto ponderata e assennata.
Certamente, ci sono casi in cui le persone, lavorando con la Comunità, giungono a Cristo ed esprimono il desiderio di battezzarsi nella Chiesa cattolica. Ma se ciò, ad esempio, accade in Ucraina, a tali persone si risponde: «Sa, lei è un ucraino, una persona di cultura ortodossa, e deve accogliere il battesimo nella Chiesa in cui hanno partecipato spiritualmente i suoi antenati».
Così, i membri della Comunità tracciano chiaramente il confine tra il lavoro sociale, le opere di carità e il proselitismo.
– Fa piacere sentire un tale esempio di rispetto reciproco e di collaborazione. E che i cristiani trovino punti di contatto per testimoniare al mondo l’amore e l’unità dei discepoli di Cristo…
– Un’altra cosa che mi ha molto impressionato dei membri della Comunità di Sant’Egidio: è interessante che, a differenza di altre analoghe organizzazioni di orientamento sociale, la Comunità di Sant’Egidio indirizzi tutti i suoi sforzi in primo luogo alla preghiera.
Ogni sera alle 20:00 in una delle chiese di Roma o di un’altra città dove vivono membri di questa organizzazione, si raccolgono per la preghiera comune. È un rito laicale: cantano i salmi, cantici spirituali, leggono la Sacra Scrittura, un commento al brano letto.
È interessante che ogni sera nella preghiera partecipano tutti i membri della Comunità. Vi si può incontrare sia il commerciante, sia il professore, sia l’insegnante, sia il medico, sia l’autista... Cioè, questa non è una riunione di persone «elette», che hanno un particolare ministero e conducono un modello di vita fuori del comune. Sono presenti tutti. Insieme con i propri parenti, amici, si riuniscono ogni sera e pregano affinché il Signore benedica le loro opere buone, li aiuti a compiere i suoi comandamenti e a divenire migliori.
È importante notare che la Comunità è chiamata in onore di Sant’Egidio, un santo che appartiene ai tempi della Chiesa indivisa. Egli ha vissuto prima del tragico scisma tra le Chiese cattolica e ortodossa, ha operato nel sud della Francia ed è considerato protettore dei poveri e dei diseredati.
Quando il gruppo di persone che aiutava i poveri è cresciuto, è sorta la necessità di trovare una sede dove fosse a tutti possibile incontrarsi insieme. A tale scopo fu concessa all’organizzazione una chiesa romana praticamente inutilizzata, intitolata a Sant’Egidio. I membri della Comunità hanno accolto ciò come un segno divino e in tal modo hanno acquisito un protettore celeste.
Oggi questa organizzazione non aiuta soltanto i poveri. I membri della Comunità si occupano sia della costruzione della pace, sia della lotta contro l’AIDS, sia di molti altri progetti di carità.
Ma, come ho già detto, in primo luogo i membri della Comunità pregano. E mi sembra che in questo sia la loro forza. Il loro successo in tutto il mondo è reso possibile dal fatto che si accostano al proprio servizio dal punto di vista spirituale: compiendo opere buone, essi cercano di mettere in pratica il comandamento di Cristo.
E noi tutti dobbiamo capire che il nostro aiuto e l’impegno per il prossimo non è qualcosa di soprannaturale. Così deve vivere e agire ogni cristiano.
Intervista del protodiacono Nikolaj Lysenko
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