A un anno dalla visita di papa Francesco all’isola di Lampedusa, e in concomitanza con ulteriori sbarchi di profughi sulle coste italiane, sabato 11 luglio la Comunità di Sant’Egidio ha ricordato anche a Genova tutti i migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Con il suo carico di storie drammatiche, la preghiera “Morire di speranza” è divenuta un punto di riferimento per tanti: immigrati, giovani, cittadini che cercano parole per affrontare lo sgomento di fronte alle tragedie del mare.
A Genova, insieme a Sant’Egidio, hanno organizzato la preghiera la Caritas diocesana e l’Ufficio diocesano Migrantes, con la presenza del monsignor Marino Poggi, vicario episcopale per la Testimonianza e il Servizio della Carità e direttore della Caritas, del direttore della Migrantes, monsignor Giacomo Martino insieme alla Chiesa copta ortodossa e ai Greco-cattolici ucraini. La basilica dell’Annunziata era piena: in rappresentanza del Sindaco l’assessore a Legalità e Diritti Elena Fiorini, studenti liceali e universitari, adulti, anziani e tanti, tanti immigrati di prima, seconda terza generazione tra cui l’invito alla cerimonia si è diffuso con un veloce passaparola.
Molto rappresentate le comunità eritrea, etiope, ucraina, nigeriana. Sul fondo della chiesa, raccolti in rispettoso silenzio, anche diversi marocchini e senegalesi: sono musulmani, ma hanno sentito il bisogno di unirsi al ricordo comune, in particolare nel pieno di un tempo di digiuno e preghiera come quello del Ramadan. Molti di loro hanno una storia avventurosa alle spalle, quasi tutti il nome di un parente o di un amico da ricordare. Alcuni semplicemente sono stati spinti dal desiderio di esserci, per stare vicini con la preghiera a chi, appunto, è morto di speranza.
Dopo l’ingresso in basilica di una croce realizzata con il legno di barche naufragate vicino a Lampedusa, tutta l’assemblea ha riascoltato le parole pronunciate da papa Francesco sull’isola siciliana per fermarsi poi di fronte al ricordo dei nomi e delle storie delle vittime dei naufragi nei viaggi della speranza. Jorge Lopez, sacerdote salvadoregno della Comunità di Sant’Egidio commenta il brano del Vangelo di Marco in cui Gesù ricorda i comandamenti dell’amore per Dio e per il prossimo: «il desiderio che abbiamo tutti, quello di una vita serena – spiega – spesso si scontra con un mondo di uomini che non sanno piangere e commuoversi per il dolore delle vittime. Stiamo perdendo la capacità di consolare: e quando perdiamo questa capacità, il mondo diventa terribile».
|