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Dankgottesdienst zum 50. Jahrestag der Gemeinschaft Sant’Egidio

10. Februar um 17.30 Uhr in der Lateranbasilika des Hl. Johannes

Die ersten Personen sind 2018 durch die humanitären Korridore in Italien angekommen. Die neue Phase des Projektes, das zum Modell der Gastfreundschaft und Integration für Europa geworden ist


 
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1 Oktober 2013 09:30 | Basilica di San Bartolomeo all'Isola

Martirio, il dono della Chiesa irakena



Louis Raphaël I Sako


Patriarch von Babylon der Chaldäer, Irak
Per noi cristiani dell’Iraq, il martirio è il carisma della nostra Chiesa, antico di oltre 2 mila anni. In quanto minoranza, siamo continuamente di fronte a delle difficoltà e sacrifici, ma siamo coscienti che, essere  cristiani non è una scelta facile, essere cristiano davvero  vuol dire incorporarsi in Cristo per  essere i suoi  testimoni, e può significare giungere fino alla fine,” al martirio”. Il martirio non è una ideologia o uno scopo come pensano i Mujahidin musulmani, ma è una scelta ed un impegno. Dunque il martirio è una realtà quotidiana.
 
Qui in Iraq si capisce che la fede non è una questione ideologica, o una speculazione teologica, ma una realtà mistica. La fede è un incontro personale con Cristo che ci conosce, che ci ama e a cui ci doniamo totalmente. Credere è conoscere, amare e vivere e condividere. Per lui bisogna andare sempre oltre, fino al sacrificio. Il martirio è l’espressione assoluta  della fedeltà a questo amore. Il 31 ottobre 2011, il p. Wassim, il giovane prete della cattedrale siro-cattolica  in Bagdad si è rivolto ai terroristi e ha gridato: Uccidete me e liberate i fedeli. Sapeva quel che diceva: era il suo impegno  di pastore e d’amore per Cristo e per i suoi”.
 
 Penso che uno non diventa cristiano col battesimo automaticamente , ma diventa cristiano ogni giorno..Da quello che ho vissuto e visto in Iraq  mi ha colpito e sono tante volte rimasto in ammirazione. Ad un padre di famiglia gli hanno portato il suo figlio un ingegnere ucciso, invece di lamentarsi  è venuto a mettersi in ginocchio davanti all'altare  gridando Signore grazie. Tu me l’hai dato e tu lo prendi. Era per me il vero  Giobbe! 
I cristiani del mondo intero possono rinnovare la loro fede e il loro impegno stando a contatto con i cristiani perseguitati in Iraq e altrove. Il loro esempio aiuta a trovare un senso per la vita. Le nostre preghiere le celebrazioni non sono riti magici ma  sono momenti forti e privilegiati di festa, speranza e gioia. L'Eucaristia non è un rito che corre ma un tempo di unione, condivisione, comunione, d'incoraggiamento e d'invio.
Allo stesso tempo, l’amicizia, la solidarietà e il sostegno dei nostri fratelli e sorelle dell’occidente ci dà il coraggio di resistere e restare nella nostra terra e nelle nostre chiese, continuando la nostra presenza e la testimonianza cristiana. Sapere che ci siete vicini, ci spinge a coltivare una vita in comune, in pace e in armonia, con i nostri fratelli musulmani.
Non lasciateci perdere  il nostro coraggio e la nostra speranza.
Nel libro dell’Apocalisse è detto alla Chiesa di Smirne e forse la stessa parola si ripete ai cristiani in difficoltà come in Iraq e in Siria. " non temere… sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona della vita " (Apocalisse  2/10) e  "Coraggio, ho vinto il mondo" (Gv 16, 33).
 
 
I vostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi della loro fede e che hanno sofferto vari tipi di persecuzione hanno bisogno della vostra solidarietà, vicinanza e preghiera. Grazie a Dio di questo dono.
 
I Cristiani in ME sono invitati a continuare la loro testimonianza nella loro situazione concreta e tuttavia le loro difficoltà e la sofferenza di essere un vero segno di speranza e di pace per i loro cittadini. Essi dovrebbero sviluppare un migliore dialogo di comprensione basato sui diritti umani e valori religiosi. Incoraggiamo i laici a essere più coinvolti e attivi nella cultura, sociale, politica dei loro paesi e a non avere paura di rivendicare i loro diritti civili e l'uguaglianza della cittadinanza.

 


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