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Dankgottesdienst zum 50. Jahrestag der Gemeinschaft Sant’Egidio

10. Februar um 17.30 Uhr in der Lateranbasilika des Hl. Johannes

Die ersten Personen sind 2018 durch die humanitären Korridore in Italien angekommen. Die neue Phase des Projektes, das zum Modell der Gastfreundschaft und Integration für Europa geworden ist


 
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9 September 2014 09:30 | Auditorium BNP Paribas Fortis

Intervento

Philippe Ouédraogo


Cardinale, Arcivescovo di Ouagadougou, Burkina Faso

 Introduzione 

Prima di affrontare il tema di questo intervento, “Solidarietà: parola-chiave del nostro tempo”, è opportuno definire subito la nozione di solidarietà che racchiude una certa complessità.
La parola “solidarietà” deriva dal latino solidus (massiccio) e dall’espressione latina in solidum (interamente). In origine apparterrebbe al linguaggio giuridico per significare il rapporto obbligatorio che lega tra loro dei creditori (solidarietà attiva) a dei debitori (solidarietà passiva), con conseguenti diritti e doveri. Progressivamente il termine “solidarietà” si è evoluto per designare il legame sociale di impegno e dipendenza reciproche tra persone, così impegnate verso altri, generalmente membri di uno stesso gruppo legati da una comunanza di destino (famiglia, villaggio, professione, impresa, nazione, ecc.). La solidarietà implica dunque l’accettazione volontaria della natura sociale dell’uomo e la manifestazione concreta di questa natura attraverso comportamenti che tengono conto dei bisogno degli altri. 
Per il Magistero della Chiesa la solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di intenerimento superficiale per i mali subiti dal prossimo o da persone lontane. Secondo Papa Giovanni Paolo II essa è al contrario “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti” (Giovanni Paolo II, Enciclica Sollicitudo rei socialis, 1988, n.38). Il termine “solidarietà” largamente usato nella dottrina sociale della Chiesa, esprime l’esigenza di riconoscere nell’insieme dei legami che uniscono gli uomini e i gruppi sociali tra di loro, lo spazio offerto alla libertà umana per provvedere alla crescita comune condivisa da tutti (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 194).
 
I. Riferimenti biblici ed ecclesiologici
Per i cristiani, il fondamento della solidarietà si trova nella creazione e nell’alleanza in cui Dio si fa compagno dell’umanità. Il punto di riferimento ultimo di questa prospettiva è Gesù di Nazareth, l’Uomo-Dio, solidale con tutta l’umanità peccatrice fino ad offrire la sua vita per la felicità e la salvezza di tutti (Eb 5,1-10).
E come esprime efficacemente il santo Papa Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Sollicitudo rei socialis, Gesù di Nazareth fa risplendere davanti agli occhi di tutti gli uomini il legame tra solidarietà e carità, e ne illumina tutto il significato: “Alla luce della fede, la solidarietà tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione. Allora il prossimo non è soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l'azione permanente dello Spirito Santo. Egli, pertanto, deve essere amato, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Signore, e per lui bisogna essere disposti al sacrificio, anche supremo: «Dare la vita per i propri fratelli» (1Gv3,16)” (Giovanni Paolo II, Enciclica Sollicitudo rei socialis, 1988, n.40).
Alla sequela del suo Maestro e Signore, la Chiesa ha la missione di essere “realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (Gaudium et Spes, n.1). Così nella sua dottrina sociale, il principio di solidarietà ha assunto progressivamente un posto vieppiù importante.
Nell’Enciclica Quadragesimo anno di Pio XI (1931), seguita dal decreto conciliare Gaudium et Spes (1965), tutta la Chiesa è invitata ad essere solidale con il genere umano. Così tutti i fedeli laici delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi spirituali o apostolici dovranno essere formati in vista di condurre un’azione solidale in una partecipazione responsabile alla vita e alla missione della Chiesa e del mondo (cfr. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 29, AAS 1989).
Il Vangelo di Gesù Cristo chiama ad una solidarietà attenta ai diritti legittimi di ogni uomo e di ogni donna come di ogni popolo. E la dottrina sociale della Chiesa incita a passare all’azione per promuovere “il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti”, dovendo essere la carità la fonte di questa solidarietà.
 
II.   Per un mondo solidale
Cristo ha voluto entrare nel gioco della solidarietà umana assumendo la natura umana attraverso la sua Incarnazione. Perfeziona e completa il carattere comunitario dell’umanità intera con una solidarietà soprannaturale e ne fa dunque una sola famiglia (AL, n.8). In questa prospettiva, il mondo non è nient’altro che un villaggio (villaggio globale), un mondo interdipendente e solidale. La Chiesa, in quanto Famiglia di Dio sulla terra, ha la missione di essere un segno vivo e uno strumento efficace della solidarietà universale in vista di stabilire nel mondo attuale una comunità di giustizia e di pace dalle dimensioni planetarie. Ma questo mondo migliore verrà solo se viene costruito su fondamenta solide, su sani principi etici e spirituali come:
  • lo sviluppo integrale e solidale
  • la globalizzazione della solidarietà
  • la promozione della “civiltà dell’amore”.
 
1° Uno sviluppo integrale e solidale   
Nella situazione mondiale attuale, si constata l’esistenza di nazioni ricche e prospere che vivono nell’opulenza accanto a nazioni svantaggiate bloccate nella povertà. Bisogna che i paesi ricchi prendano coscienza che essi hanno la responsabilità di sostenere gli sforzi dei paesi che lottano per uscire dalla loro povertà e dalla loro miseria. Questo è possibile soltanto con un soprassalto di solidarietà, tanto necessaria per uno sviluppo durevole, pegno di un’umanità riconciliata, nella giustizia e nella pace. Come sottolinea opportunamente Papa Paolo VI, “lo sviluppo è il nuovo nome della pace” ed è essenzialmente “il passaggio da condizioni di vita meno umane a condizioni di vita più umane”. Questo passaggio implica, oltre ai valori economici, l’acquisizione della cultura, il rispetto della dignità degli altri, il riconoscimento “dei valori supremi, e di Dio che ne è la fonte e il termine” (cfr, Paolo VI, Populorum progressio, AAS 59, 1967; Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, AAS 80, 1988).
Bisognerebbe operare per consolidare le relazioni socio-politiche tra le nazioni, e prestare un orecchio più attento e compassionevole alle grida di angoscia delle nazioni povere che invocano aiuto in vari campi: l’educazione, la salute, il fardello pesante del debito, l’orrore di conflitti e guerre fratricide con le loro conseguenze disastrose. Lo sviluppo a vantaggio di tutti risponde all’esigenza di una giustizia su scala mondiale che garantisca una pace planetaria e renda possibile la realizzazione di un “umanesimo plenario” governato da valori spirituali. 
 
2° Globalizzare la solidarietà
Nella sua esortazione post-sinodale “Africae Munus”, Papa Benedetto XVI attira l’attenzione di tutti sulla sfida della globalizzazione: “La verità della globalizzazione come processo e il suo criterio etico fondamentale sono dati dall'unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene. Occorre quindi impegnarsi incessantemente per favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n.42, AAS 101, 2009; cfr Africae Munus, n.86, AAS 101, 2009).
Da parte sua, la Chiesa – mater et magistra – auspica che la globalizzazione della carità giunga sino a iscrivere “nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n.36, AAS 101, 2009; cfr Africae Munus, n.86, AAS 101, 2009). Inoltre le nazioni più ricche e forti dovrebbero evitare la tentazione della dittatura del pensiero unico che vorrebbe imporre ad ogni costo ai più deboli la propria visione o ideologia sulla vita, la cultura, i valori etici, la politica, l’economia… questo costituisce una forma di imperialismo capace di compromettere una cooperazione solidale, rispettosa ed costruttiva. Bisogna apprezzare e incoraggiare la cooperazione bilaterale tra gli stati, come gli organismi internazionali, le organizzazione non governative e le diverse associazioni che operano a promuovere la globalizzazione della solidarietà, riflesso concreto della carità/amore proposta dal Vangelo. Il principio della destinazione universale dei beni invita a coltivare una visione dell’economia ispirata a valori morali che permettano di non perdere mai di vista né l’origine né la finalità di questi beni, in modo da realizzare un mondo giusto e solidale. (cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 174, 2008)
 
3° Costruire la “civiltà dell’amore”
La solidarietà è uno dei principi fondamentali che orienta e guida la Chiesa nella sua visione cristiana dell’organizzazione politica e sociale (cfr. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 10 AAS 83, 1991, n.805-806). Questo principio è illuminato dalla legge dell’amore che deve caratterizzare la vita dei discepoli di Cristo. Soltanto la forza dell’amore può infatti trasformare il mondo e orientarlo verso il bene. “Il comportamento della persona è pienamente umano quando nasce dall'amore, manifesta l'amore, ed è ordinato all'amore” insegna la Chiesa (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n.580, 2008). Da qui la necessità di impregnare i rapporti sociali e tutti i settori della vita umana di questa forza d’amore per rendere la società più umana, più degna della persona. Bisognerebbe sempre, in questo senso, rivalorizzare l’amore nella vita sociale facendone il riferimento costante e supremo di ogni azione a livello politico, economico e culturale, perché tutto sia ordinato al rispetto della dignità umana e al bene di tutti. Insomma, vivere la solidarietà autentica nel senso evangelico corrisponde ad edificare, secondo un’espressione di Papa Paolo VI, la “civiltà dell’amore”. Soltanto un mondo modellato da questa civiltà dell’amore potrà godere di una pace autentica e duratura, attraverso lo sviluppo integrale dell’uomo e la salvaguardia del Bene comune. Così nel nostro mondo attuale la solidarietà insegnata dalla Chiesa si afferma come la strada maestra che conduce alla nascita di un mondo nuovo, un mondo di giustizia, di amore e di pace.
 
Conclusione
Solidarietà: parola-chiave del nostro tempo, questo è uno dei temi scelti per uno dei panel di condivisione nel corso di questo incontro di Anversa, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Tra i temi che oggi suscitano un interesse generale compaiono la giustizia, la pace, la solidarietà tra i popoli…
La solidarietà internazionale costituisce senza dubbio un valore positivo e una sfida per la cultura moderna. Il mondo prende sempre più coscienza dell’interdipendenza di tutti gli uomini e di tutti i popoli in una necessaria solidarietà. E qui si manifesta con evidenza il ruolo tanto salvifico e profetico del Vangelo che chiama ad una solidarietà attenta a favore di tutti, al dono totale che esprime il rispetto e l’amore: la carità e l’amore costituiscono le vere fonti della solidarietà per l’edificazione di un mondo di riconciliazione, di giustizia e di pace.
 
 
 

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