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il Cittadino

13 Gener 2013

La Giornata mondiale della Pace è stata celebrata a Genova da oltre duemila persone con la partecipazione del Cardinale

Pace: non è utopia, è possibile

La marcia organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio

 
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I nemici della pace non solo l'odio e la violenza, ma anche e soprattutto l'ingiustizia e tutte quelle scelte che feriscono l'ordine sociale e morale del mondo. Anche quest'anno le celebrazioni genovesi per la Giornata mondiale della Pace non sono state un momento puramente formale, ma l'occasione per una riflessione profonda a partire dal messaggio del Papa. Nel pomeriggio del primo giorno del 2013, dentro la basilica dell'Annunziata, come da tradizione la Comunità di Sant'Egidio ha organizzato un incontro per parlare della pace nel mondo e nelle nostre città.

Un pubblico attento e composito - giovani, adulti, anziani, molti immigrati - ha ascoltato la riflessione del cardinale Angelo Bagnasco e gli interventi di un'anziana, Adele, e di un giovane, Giacomo: testimoni di una generazione che ha vissuto il doloroso dopoguerra italiano e di un'altra che oggi vede l'Unione europea ricevere il premio Nobel per la pace, dopo sessant'anni senza conflitti. Nelle loro parole, lo specchio del dramma della solitudine degli anziani, ma anche il desiderio di una città migliore e più solidale: "Nell'incontro diocesano degli adolescenti di aprile - ha spiegato Giacomo - ho iniziato a capire che la costruzione di un futuro migliore passa attraverso l'educazione dei più piccoli per insegnargli a vivere insieme".

A conclusione dell'incontro, più di duemila persone hanno sfidato il freddo e il maltempo per marciare fino a piazza San Lorenzo: tanto bambini, in un corteo coloratissimo e i cartelli con i nomi dei paesi segnati dalla violenza o dal terrorismo. C'è anche chi è arrivato dalle periferie, come Giusy, che ha voluto portare le sue bambine dalle alture sopra Prà: "perché - spiega - per me la pace vuol dire un quartiere dove non devo aver paura a farle scendere a giocare nella piazzetta".

Come ogni anno, la giornata è stata preceduta dal messaggio di Papa Benedetto XVI, letto in piazza san Pietro quella stessa mattina: "la pace non è un sogno, non è un'utopia - ha proclamato il Pontefice - la pace è possibile". Un messaggio articolato e profondo, che parte dall'Europa, ma guarda al mondo, come sottolinea Andrea Chiappori, responsabile di Sant'Egidio a Genova: "il Papa comunica la sua preoccupazione per la pace ad un paese e un continente che vivono in un clima anestetizzato, vittimista, curvo sulla propria crisi. Oggi esistono preoccuparsi molto concrete, certamente, ma è anche necessario sollevare lo sguardo, continuare a guardare al grande mondo e al futuro da costruire come fa Benedetto XVI".

Come ogni anno, il primo gennaio la Comunità di Sant'Egidio ha organizzato manifestazioni e preghiere a Roma e in oltre 650 città di settantacinque Paesi per ricordare tutte le terre che nel Nord e nel Sud del mondo attendono la fine della guerra e la fine del terrorismo. "La lettera del Santo Padre deve essere studiata - ha spiegato il Cardinale Angelo Bagnasco - al di là del cuore caldo, altrimenti rischia di rimanere una serie di pie  esortazioni e di non aiutare nella costruzione del proprio mondo interiore". Per questo il suo intervento è stata un'attenta analisi dei punti principali del messaggio del Papa  "il primo problema è quello di lasciarsi guidare, sgombrando il campo da ogni precomprensione: è un cedere le armi, cioè un non voler impone le proprie idee e i propri interessi.

Questo è il primo passo per comprendere e per comprendere il valore delle cose, per poterle rispettare, per poterle difendere e promuovere per quello che sono e per quello che valgono". Il valore delle cose, infatti, non lo scegliamo, non dipende da noi: le cose, le persone, le situazioni ci circondano. Per questo, se alla base della pace c'è la giustizia "per essere giusti, per rispettare, difendere e promuovere la verità delle cose così come sono è necessario l'amore che si fa dono e sacrificio". E allora bisogna rispettare la vita umana, soprattutto laddove è più fragile: "parliamo spesso degli ultimi - ha specificato l'Arcivescovo con chiarezza - ma gli ultimi degli ultimi sono coloro che non possono oppone agli altri nemmeno la presenza, nemmeno un volto, tanto meno la voce: una società che non li protegge, che garanzie potrà dare di difendere tutte le altre fragilità della vita?".

Circondato dai giornalisti, in questo che è ormai un appuntamento fisso della vita diocesana e cittadina, il cardinale Bagnasco ha risposto a tutte le domande sull'attualità nazionale e cittadina, ma poi, prima di tuffarsi a salutare i numerosi giovani e bambini che hanno aperto la marcia ha voluto ricordare il valore di questa iniziativa: "la marcia per la pace è un augurio, un auspicio insieme al resto del mondo perché la pace non sia solo un sogno, ma diventi realtà".


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