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30 Novembre 2013

Di seconda generazione, non stranieri

Scuola dei "nuovi italiani" occasione da non sprecare

 
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 Il Ministero dell’Istruzione ha di recente pubblicato uno studio statistico sugli Alunni stranieri nel sistema scolastico italiano, con dati aggiornati allo scorso anno scolastico. È un contributo che fotografa la ricaduta nelle nostre classi dei cambiamenti in atto nel mondo dell’immigrazione. È ormai evidente, infatti, la netta stabilizzazione della presenza di migranti in Italia. Si è chiusa la tumultuosa stagione degli arrivi sempre crescenti – e spesso mediatizzati in funzione propagandistica o sensazionalistica. 

 Si è aperta una stagione diversa, quella di una presenza più stabile, che ci chiama a confrontarci non tanto con il nuovo arrivato, bensì con persone che avranno già trascorso una non piccola parte della loro vita qui in Italia. L’immigrazione è un fenomeno da assumere sempre più come normale, strutturale, costitutivo del profilo italiano da un punto di vista demografico, ma anche economico e culturale. E qui s’impone il dato dell’accresciuta presenza delle «seconde generazioni» tra i banchi di scuola.

 È proprio a scuola che ci si accorge di come cambi questa presenza che, per semplicità, definiamo «straniera». Anche se non lo è. È una presenza sempre più numerosa nelle scuole italiane: nell’anno 2012/13 gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati 786.630, ovvero 30.691 in più rispetto a quello precedente. Ma tale aumento continua a contrarsi nel tempo. Il 4,1% in più di cui si parla oggi non è paragonabile a quello degli inizi del millennio, quando l’incremento annuo si aggirava attorno al 15%. Non solo. L’incremento complessivo degli alunni stranieri è dovuto essenzialmente ai nati in Italia senza cittadinanza italiana, che rappresentano ben il 47,2% degli alunni stranieri totali (di contro, i nuovi ingressi si attestano al 3,7%). «In altre parole – sottolinea il Rapporto Miur – mentre negli anni precedenti l’incremento della presenza degli stranieri nelle scuole italiane era dovuto principalmente all’immigrazione, più di recente l’evoluzione del fenomeno vede un incremento degli stranieri di seconda generazione». 

 Si tratta di alunni che, pur avendo genitori stranieri, sono romani, milanesi, napoletani… Se in Italia non ci fosse lo ius sanguinis, ma una qualche forma di ius soli, crollerebbero i dati relativi alla presenza di stranieri nelle nostre scuole.

 C’è poi una riflessione sul tema delle criticità emerse in merito al ritardo scolastico. L’Ufficio statistico del Miur ha evidenziato che il 38,2% degli studenti stranieri si trova in una situazione di ritardo scolastico rispetto all’11,6% degli alunni con cittadinanza italiana; una percentuale che s’innalza con l’età, giungendo al 67,1% della scuola secondaria di II grado rispetto al 23,9% degli italiani. C’è qui una sfida che la nostra scuola deve essere in grado di cogliere e di vincere. Senz’altro impostando azioni mirate all’integrazione e alla prevenzione della dispersione e dei ritardi nei percorsi di studio. Ma anche indicando come via privilegiata quella dell’iscrizione del nuovo alunno alla classe corrispondente alla propria età anagrafica.

 Ci sono casi o situazioni problematiche certamente di fronte a cui la scuola ha l’autorità di decidere diversamente, ma si tratta di non abusare di tali eccezioni. Colpisce constatare che già a 7 anni quasi il 9% delle iscrizioni di non italiani venga "ritardato" di un anno (assegnazione non alla II, ma alla I classe); una percentuale che sale al 13%, poi al 17%, e così via, anno dopo anno. Non stupisce che alla fine più di uno studente straniero su tre debba percorrere un curriculum scolastico in salita.

 Abbiamo di fronte a noi una platea di migranti sempre più stabili. Studenti non italiani che parlano la nostra lingua, conoscono la nostra storia, respirano la nostra cultura letteraria, artistica, musicale. È una svolta importante nella "nostra" vicenda migratoria. Ed è una grande occasione. L’occasione di una prospettiva nuova, non più impaurita, non più inconcludente, bensì lungimirante e fattiva. Che punti a un’integrazione maggiormente accompagnata e costruita, e faccia della cultura la vera via dell’integrazione. È un’occasione da non sprecare.

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