| 15 Desembre 2014 |
Una ponderosa "storia" di monsignor Vincenzo Paglia |
La povertà, oggi come ieri e la terribile domanda che ci pone |
Dal cristianesimo delle origini alla "rivoluzione" di Francesco d'Assisi, fino a papa Bergoglio |
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Racconta papa Francesco che «quando la cosa divenne un po' pericolosa» riguardo alla sua imminente elezione al Soglio di Pietro, il cardinale Claudio Hummes seduto accanto a lui lo confortava e a votazione avvenuta abbracciandolo gli disse: «Non dimenticarti dei poveri!». Fu in quel momento che l'argentino Bergoglio pensò di volersi chiamare Francesco, come il frate di Assisi che otto secoli prima aveva introdotto nella storia dei cristiani una nuova concezione della povertà in opposizione al lusso, all'orgoglio e alla vanità dei poteri civili ed ecclesiastici dell'epoca.
Parte da questo episodio, rivelatore già nel nome della scelta evangelica del nuovo papa, la narrazione di monsignor Vincenzo Paglia nel libro "Storia della povertà. La rivoluzione della carità dalle radici del cristianesimo alla Chiesa di Papa Francesco" (Rizzoli, pp. 625, euro 20), un ponderoso volume che ripercorre la storia di venti secoli di Cristianesimo e di riforme religiose che si intrecciano con le utopie secolarizzate di un mondo senza sfruttati e sfruttatori.
Don Vincenzo Paglia è presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ma è soprattutto conosciuto per essere l'assistente spirituale della Comunità di Sant'Egidio. È un prete, come dice Eugenio Scalfari, che cura anime e cultura e che ritiene che le due cose vadano insieme. Per lui la povertà è l'elemento che unisce i poveri con la cultura e promuove l'umanesimo cristiano.
«Francesco ha compreso - scrive don Paglia all'inizio del suo libro - il cattivo peso che rappresentano le ricchezze per l'annuncio del Vangelo». Spiega poi il vescovo-scrittore che la povertà si è sempre nutrita delle nuove povertà, scorrendo come un fiume ininterrotto lungo i secoli della storia, ingrossandosi fino a straripare e riducendosi qualche volta, ma mai andato in secca.
Rifiutati ed emarginati «La folla dei poveri coincide con le larghe schiere dei rifiutati, degli asociali, degli emarginati», osserva don Paglia e racconta che c'è un momento nella storia bimillenaria del Cristianesimo in cui la profezia della povertà appare nella sua eccezionale forma di cambiamento e questo accade quando Francesco d'Assisi, dopo l'abbraccio con il lebbroso, andò a Gubbio a vivere con i lebbrosi. Una scelta forte che significava la scelta della povertà e della profezia dirompente che ne derivava.
Nella storia dei poveri, partendo dall'inizio del Cristianesimo, si scopre che nei primi secoli i poveri erano considerati i vicari di Cristo in terra, cioè i veri successori degli apostoli, ma poi nei secoli successivi più di qualcosa è cambiato e i problemi della povertà, che diventava povertà "di massa", fecero cambiare la percezione dei poveri, i quali divennero "pericolosi", perché invadevano le città medievali e la paura spingeva i cittadini a non sentirli più come vicari di Cristo.
Sono le stesse paure e indifferenze di oggi, dove inconsapevolmente tutti siamo poveri, deboli e fragili, tutti, nessuno escluso: «I poveri ci rappresentano tutti», dice don Paglia. Lo studio dei documenti storici mostra che ogni volta che i cristiani nel corso dei secoli hanno voluto riprendere la riforma evangelica della vita, hanno stretto sempre un rapporto privilegiato con i più poveri. Quindi riformare veramente la Chiesa - riflette l'autore - vuol dire ritrovare i poveri come compagni di viaggio. In questo senso papa Francesco, sostiene don Paglia, si lega strettamente al filo rosso della storia cristiana, accogliendo l'eredità del Concilio Ecumenico Vaticano II e riportandola nel cuore della Chiesa in questo tempo.
Don Paglia sostiene che anche se nella Chiesa l'amore per i poveri, per lunghi periodi, è diventato un valore di seconda fila, tuttavia non si è mai spento e più volte ha ripreso l'antico vigore ed ha trasformato la Chiesa con una nuova ondata di amore per il prossimo. Il punto di riferimento è sempre l'insegnamento di Gesù, raccolto dai Vangeli, e riguarda il modo di amare Dio: «Volere una Chiesa povera per i poveri significa - sostiene don Paglia nel suo libro - legarsi contemporaneamente al Vangelo, fonte della vita cristiana. Una Chiesa isolata in un castello chiuso, come ha detto più volte papa Francesco, sarebbe destinata a morire. Lui sta prendendo la strada opposta e tutti noi dovremo collaborare, perché quello che lui vuole avvenga». (........)
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