Reazioni. Il cardinale Menichelli: «Un'offesa al genere umano»

Enti ed associazioni puntano il dito contro il clima d'intolleranza e di discriminazione diffuso in Italia e in tutta Europa

L'omicidio di Fermo ha sconvolto tutti. Dolore, sconcerto e sgomento ma anche ferma condanna contro l'odio e il razzismo. Sono tante le voci che si sono alzate per la morte del nigeriano massacrato e ucciso per aver difeso la moglie da insulti razzisti.
«Quando si semina vento si raccoglie tempesta, ricorda la Bibbia - ha dichiarato il vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D'Ercole - Se si incita al rifiuto, al rigetto del diverso le conseguenze non sono controllabili e, a volte, assumono gli aspetti più tragici ed impensabili». «Questo fatto tragico - conclude D'Ercole - ci ricorda amaramente che, se non operiamo per creare un ambiente di fraterna solidarietà, la scelta sbagliata e crudele di un momento può rappresentare la rovina di una vita». Per il cardinale Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona, quanto avvenuto è «un'offesa profonda al genere umano».
Si tratta di un omicidio, «frutto di un clima intollerante, purtroppo diffuso non solo nella Marche, ma anche in altre regioni d'Italia e d'Europa», secondo Giancarlo Perego (Migrantes), «che sta trasformando le discriminazioni e le conflittualità addirittura in atti di morte». Una morte assurda, rimarca Perego, «ma preparata da questo clima sociale e politico che si nasconde dietro la mano omicida». «Rifiutare fino ad uccidere i migranti - conclude Perego - significa anche preparare la morte delle nostre città, significa non guardare al futuro».
Secondo il Centro Astalli, ad uccidere l'uomo sono stati «l'ignoranza e il razzismo, e questo ci deve far riflettere - puntualizza - perché non si tratta solo della responsabilità di un singolo. Forse un modo di pensare che serpeggia in una generazione che ritiene che la libertà di espressione contempli anche l'offesa, l'insulto e l'ingiuria e che l'aggravante dell'odio razziale sia solo una sfumatura di linguaggio e non un'arma che uccide la dignità di tutti».
Punta il dito contro il clima di violenza e l'intolleranza verso i migranti che giungono sulle nostre coste anche Marco Impagliazzo (Sant'Egidio). «È un atto grave e disumano - aggiunge - rivelatore di un preoccupante clima di violenza e intolleranza verso chi arriva nel nostro Paese nella speranza di una vita migliore. Come ha affermato papa Francesco, i migranti non sono un pericolo, sono in pericolo». Come molti altri, anche Impagliazzo chiede a istituzioni, media e società civile di vigilare su ogni forma di violenza e discriminazione nei confronti dei migranti e dei rifugiati.
Quello che è successo, sottolinea l'Acnur, «è sconvolgente e scuote dal profondo il principio stesso di protezione internazionale». Un principio che, aldilà degli obblighi internazionali, puntualizza Stephane Jaquemet, delegato per il Sud Europa, «dovrebbe essere radicato in tutti noi come espressione di solidarietà ed empatia».
Sui temi dell'iimigrazione, però, non basta commuoversi, bisogna muoversi. Ne sono convinti don Luigi Ciotti e Carlo Petrini che, dal palco di piazza Duomo a l'Aquila lanciano l'appello. «Serve una grande rivoluzione culturale per affrontare un tema come quello dell'emigrazione - ha detto don Ciotti - Quanto accaduto ci pone domande ed interrogativi su quello che sta succedendo in un'Europa che sta calpestando le sue radici».


[ Daniela Fassini ]