«Un seme di speranza per ritrovare la nostra storia»

L'intervista
Padre Mourad: così si può aiutare la ricostruzione

«Questo progetto (la possibilità di studiare offerta dalla Università Cattolica di MIlano a cinque giovani rifugiati siriani) vuole dare la possibilità ai giovani siriani di continuare gli studi universitari, di poter realizzare i loro sogni, malgrado la guerra bruci i sogni di tutti. Avere una buona formazione è anche un'opportunità perché questi giovani tornino nel loro Paese per aiutare a ricostruirlo, a trovare un buon avvenire perché la guerra distrugge tutto: l'uomo, l'anima, la società, la morale oltre che le infrastrutture», spiega padre Jacques Murad. Il 12 ottobre dell'anno scorso il sacerdote siro-cattolico - primo monaco a unirsi a padre Paolo Dall'Oglio nella comunità di Mar Musa - dopo essere stato per 5 mesi in mano al Daesh, tornava libero con una rocambolesca fuga in moto. La passione per la sua piccola comunità cristiana di Qaryatayn ora senza terra e senza chiesa (il suo monastero di Mar Elian, affiliato a quello di Mar Musa, è stato distrutto dai terroristi nell'agosto del 2015 mentre il sacerdote era in ostaggio) e la tenace speranza di una prossima ricostruzione morale riempie i giorni di padre Jacques Murad, il primo monaco a unirsi a padre Paolo Dall'Oglio (pure lui rapito e di cui si sono perse le tracce dal luglio del 2013) nella comunità di Mar Musa fondata dal gesuita italiano.
«Questa guerra in Siria - continua padre Murad - attua una metodica distruzione delle città. Se ci sono molte foto delle macerie di Aleppo, io ricordo quando ha visto Qaryatayn dopo mesi di detenzione con tutti i palazzi distrutti e disabitati, senza segni di vita. Oggi la Chiesa e l'Università Cattolica offrono questa opportunità a giovani che provengono tutti da città passate al ferro e al fuoco. Una offerta molto generosa e coraggiosa che dimostra come la Chiesa e l'umanità siano una cosa sola, che la fine della guerra si realizza grazie alla buona volontà e l'aiuto di tutte le persone, le organizzazioni, le università che decidono di aiutare il popolo siriano.
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Questo legame tra Mar Musa e l'Università Cattolica potrebbe aprire altri ponti?
Ho molti sogni di speranza in rapporto all'Italia e all'Europa. Prima di tutto trovare altre università che prendano a modello questa iniziativa. Inoltre spero che attraverso i corridoi umanitari avviati dalla comunità di Sant'Egidio e dalla Chiesa valdese si possano assicurare dei luoghi sicuri dove i profughi, invece di prendere la via del mare e trovarvi la morte, possano vivere in pace nella speranza che la guerra finisca presto.
Lei che ha dichiarato di aver perdonato i suoi rapitori: come costruire la pace in Siria?
Io credo fermamente nel dialogo, alla ricchezza della nostra storia comune di musulmani e cristiani. Il popolo siriano che ha già vissuto altre guerre ha sempre saputo come rivivere insieme, restaurare le relazioni. Se hai un buon cuore e sei un credente, cristiano o musulmano, hai la forza e il coraggio di vivere il perdono, di avere sull'altro lo sguardo di Dio. Tutto quello che avviene oggi in Siria non è legato alla società, non è una scelta del popolo e delle religioni: quando le grandi potenze decideranno di finire questa guerra che loro hanno voluto, subito gli alauiti mangeranno con i sunniti e i sunniti visiteranno i cristiani. Questa è stata la mia esperienza: appena scappato a Qaryatayn dal Daesh i primi a soccorrermi sono stati gli imam miei amici e il mio monastero di Mal Elian è stato distrutto non perché un luogo di "infedeli", ma perché era un simbolo di incontro, dialogo e convivialità.


[ Luca Geronico ]