Sarà l'anno dei corridoi umanitari?

Immigrati

Un primo corridoio umanitario ha portato in Italia dal Libano mille profughi siriani, grazie alla Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche, la Tavola valdese e il Governo italiano. Ora l’accordo è stato rinnovato per altri mille, mentre a novembre, per 500 richiedenti asilo sudanesi, somali ed eritrei accampati in Etiopia, è partito il primo corridoio dall’Africa realizzato da Sant’Egidio insieme a Caritas, Cei e Migrantes. I corridoi umanitari sono il modello per una risposta solidale, sicura (si viaggia in aereo) e organizzata (all’arrivo si sa già dove si viene accolti) alle migrazioni causate da guerre e persecuzioni. «Sono un segno di speranza per il nuovo anno – dice Marco Impagliazzo – perché a persone in condizioni di particolare vulnerabilità si dà la possibilità di vedere un futuro». Soprattutto, per il presidente di Sant’Egidio, «i ponti e l’apertura sono sempre una speranza, mentre i muri sono la fine della speranza. È la mancanza di speranza che genera chiusura».
I corridoi salvano vite, ma sono una speranza anche per chi li realizza: «L’arrivo di nuove persone arricchisce umanamente e culturalmente le società che accolgono, mostrando che è possibile fondare il futuro sui valori dell’accoglienza e della fraternità e che la globalizzazione può avere un’anima e non essere solo una questione tecnica». Inoltre i corridoi sono «una luce di speranza perché frutto di un’alleanza ecumenica, che indica l’aiuto ai poveri come via per mettere in pratica il dialogo tra cristiani». Negli ultimi mesi del 2017, anche in Francia e Belgio sono arrivati i primi siriani con i corridoi sul modello italiano. «Stiamo lavorando – continua Impagliazzo – per nuovi canali in Spagna e in altri paesi europei. La vera apertura è quella delle tante famiglie e associazioni che si sono offerte di ospitare i profughi, ribellandosi a una chiusura che provoca sofferenza».

Se i corridoi rappresentano la speranza, vi è forte preoccupazione per chi è detenuto nei centri in Libia e per chi in Italia riceverà il rifiuto dei documenti dopo un lungo periodo di accoglienza. Per il presidente di Sant’Egidio, «la mancanza di quote per ingressi regolari per chi emigra per motivi economici rivela l’incapacità europea di dotarsi di politiche intelligenti che corrispondano al mondo di oggi». Continua: «Occorre che l’Europa esca dal vittimismo: i flussi vanno gestiti, ma è miope chiudere le frontiere quando è sotto gli occhi di tutti che siamo un continente invecchiato, bisognoso delle forze – non solo del lavoro – di popolazioni più giovani».

 

 

 

 


[ Stefano Pasta ]