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4 Září 2008

L'arcobaleno di Sant' Egidio

Le scuole della Pace sono spazi senza confini dove si incontrano i bambini di tutto il mondo

 
verze pro tisk

SONO I RAGAZZI del Paese dell'Arcobaleno, un mondo dove la varietà dei colori, delle lingue e delle culture è una ricchezza. «Qui vengono giovani da tutti i continenti, solo l'Oceania non è rappresentata - racconta Sergio Casali, 29 anni, animatore di Sant'Egidio - L'ultima arrivata è una bimba cinese».
Colori di speranza. Perché questa incredibile comunità dai mille volti nasce con le Scuole della Pace (un doposcuola aperto a tutti) che la Comunità fondata da Andrea Riccardi nel 1968 ha promosso in Italia e nel mondo. E a Genova le scuole di Sant'Egidio si sono moltiplicate anno dopo anno, fino alle cinque attuali: nel Centro storico, a Begato, a Cornigliano, a Molassana dove la scuola è nata tra i piccoli del campo nomadi ed ha inglobato nel tempo anche italiani e ragazzi di tutte le etnie. Infine tra i sinti di Bolzaneto. Coinvolgendo almeno trecento bambini e adolescenti dall'asilo alle scuole medie.
La Comunità di Sant'Egidio, nata a Roma nel 1968, da più di trent'anni è presente a Genova, guidata dallo "storico" presidente Andrea Chiappori, ed è cresciuta fino a coinvolgere almeno 300 persone in modo diretto in città (sono 40 mila nel mondo), più tantissimi simpatizzanti. Il cuore religioso si rinnova ogni sera, con la preghiera nella chiesa dell'Annunziata e gli appuntamenti delle festività. Il resto va al di là della religione e delle convinzioni politiche. E nessuno chiede conto della fede o del colore della pelle, prima di porgere una mano e dare un aiuto.
«Tutto è nato quasi subito nel segno dei bambini- riprende Casali - il nostro è un approccio senza ideologie che ci permette di entrare, attraverso i figli, nel mondo degli adulti di ogni nazione e religione».
Un pomeriggio alla Scuola della Pace del centro storico, in via Canneto il lungo 21, fianco a fianco alla scuola di italiano per stranieri "Louis Massignon". Attorno alle 16,30 l'irruzione di un gruppo di bambini e bambine rompe la quiete dell'attesa. Alcuni sono italiani, altri vengono dall'Ecuador, dal Cile, dalle Filippine, dal Brasile, dal Marocco, dalla Romania, dal Senegal o dalla Nigeria. «A Palazzo Ducale, quando abbiamo organizzato un pranzo con i genitori, abbiamo contato 45 diverse nazionalità - raccontano gli animatori - e nella Scuola della Pace del centro storico girano una cinquantina di bambini,». L'arcobaleno rappresenta la diversità dei colori che si uniscono insieme e formano un tutt'uno, ma è anche un simbolo biblico: il segno che annuncia a Noé la fine del diluvio e l'inizio di un futuro migliore. Ed è liberamente riletto in un manifesto programmatico: «Bianco, puliamo il mondo. Rosso, amicizia e solidarietà. Giallo è il sole che ci unisce, verde l'erba su cui giocare. Blu come la notte che non deve fare più paura».
I colori sono diversità che arricchiscono, tanti ingredienti di un unico pranzo. Come quello di Natale, una tavola imbandita con gli spaghetti di soja dei filippini, il cous cous marocchino, la farinata genovese, il riso al pollo dell'Ecuador e la fajolada brasiliana, «piccantissima, fatta tutta con ingredienti originali».
Nei locali della Scuola della pace di via Canneto nascono amicizie altrimenti impossibili. Come quella di Melany che ha nove anni, viene da una famiglia ecuadoriana e sgrana gli occhi nerissimi mentre parla Simone, 17 anni, studente del liceo Cassini che era in prima superiore quando ha iniziato a frequentare come educatore la scuola della pace. «A giugno sono stata ad Albenga con la colonia della scuola della pace - racconta Melany - e ho imparato anche a giocare a pallavolo». Il suo sogno? Giocare, un giorno, con la maglia della nazionale italiana.
Marco Carbonaro, 28 anni, segue soprattutto i ragazzini delle scuole medie, 25 giovanissimi che frequentano il doposcuola del sabato. Oltre a giocare, si improvvisano camerieri o pasticcieri per la merenda che ogni giorno è una sorpresa: «A volte qualche fornaio ci regala la focaccia - riprende Casali - altre volte gli stessi ragazzi hanno preparato una torta: per fare quella al cioccolato c'è voluto un pomeiggio intero, ma alla fine era buonissima». Anche a merenda si impara a ripettare gli altri: «Quando entriamo nel periodo del Ramadan, lo spuntino delle cinque viene rimandato a dopo il tramonto, così anche i ragazzini islamici possono partecipare».
Aiman, 8 anni, a chi gli chiede quale sia il suo Paese risponde sicuro: «Marocco, Ecuador e Italia». Possibile, tutti e tre? «Mamma è ecuadoriana, papà marocchino e io sono italiano». Eccolo, l'orgoglio di appartenere alla nuova patria senza rinnegare affatto le origini. Assan invece, quando si rinnova l'appuntamento annuale del "Rigiocattolo", è sempre il primo a dare il suo aiuto. «Andiamo nelle scuole a raccogliere i giocattoli usati dagli altri bambini - racconta - poi li aggiustiamo e li mettiamo in vendita». Tantissimi genovesi hanno dato il loro contributo, acquistando i giochi usati in piazza De Ferrari alla vigilia delle feste natalizie.
E Assan si diverte come un matto anche partecipando alle visite che i ragazzi dell'arcobaleno fanno periodicamente nelle case di riposo genovesi, portando una ventata di allegria: «Balliamo il tuca-tuca, ascoltiamo musica dei tempi degli anziani e giochiamo tutti insieme a sarabanda» racconta. Eccoli, i ragazzi del Paese dell’arco baleno quelli che tanti genovesi hanno visto sfilare alla vigilia dell'Epifania con i loro cartelli colorati: ognuno con il nome di una nazione in guerra, per ricordare alla città che la pace è una conquista.


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