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14 Februar 2013

"IO ZINGARA, CAVIA DEI NAZISTI"

Rita Prigmore racconta la sua storia agli studenti di Plana e Saluzzo

 
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Rita Prigmore, 70 anni, orgogliosa zingara tedesca di etnia Sinti, che dice «sono zingara è ipocrita usare altre parole», invitata dalla Comunità di Sant`Egidio, oggi racconterà la sua incredibile storia agli studenti del Plana e Saluzzo.
Lo fa per dare voce alle migliaia di vittime Rom e Sinti sterminati da Hitler; per spiegare agli studenti gli esperimenti fatti sui bambini. La sua è una preghiera: «Guardate gli altri senza pregiudizio riconoscendo che in ciascuno di loro c`è un essere umano. Non importa se disabile o di colore diverso. È solo il cuore ciò che conta».
Lei è stata usata come cavia da piccina. A differenza della sua gemella (morta a sei settimane in un esperimento per cambiarle il colore degli occhi) è sopravvissuta. Ha consegnato la sua testimonianza al museo dell`Olocausto perchè il ricordo di quanto accaduto non debba ripetersi in nessuna parte del mondo.
Ha scoperto la verità sulla sua vita dalla madre quando aveva già 36 anni. I nonni erano molti ricchi e fabbricavano cesti per i vignaioli. Il padre  Gabriel era un musicista, la madre Theresia lavorava in una fabbrica di caramelle ed era ballerina e attrice, vivevano tutti a Wuerzburg. Nel 1933 i genitori entrarono a far parte del piano di sterilizzazione in difesa della razza ariana. Sua mamma era incinta di due gemelle: le fu permesso di partorire a patto che una volta messo al mondo lasciasse le sue creature alla clinica universitaria di Wuerzburg, nelle mani del dottor Werner Heyde neurologo e psichiatra che conduceva ricerche sui gemelli. Così accadde, le neonate erano nella clinica e ogni tanto i genitori potevano vederle. Quando i coniugi vennero inseriti nel programma di deportazione la mamma scoprì che le bimbe non ne facevano parte. Si precipitò in clinica e trovò la piccola Rolanda di 6 settimane con la testa fasciata e morta.
Impazzita dal dolore riuscì a rapire Rita e a fuggire. Venne però rintracciata e la piccola per un anno servì da cavia. A guerra finita tornò a casa sfinita dal dolore.
Solo da adulta, la madre, che aveva dato vita ad una organizzazione sinti di diritti umani, le svelò la verità.
Rita vive ancora a Wuerzburge gira il mondo raccontandosi: «Lo devo alla mia gente, a mia madre e a mia sorella nata con gli occhi verdi e morta con occhi azzurri, vivo anche per lei».


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