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25 Juni 2014

Le croci invisibili del Mediterraneo

Il cardinale Vegliò denuncia l`odissea delle migliaia di profughi a bordo delle carrette del mare

 
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Ha affidato alla testimonianza di Jamila, una bambina siriana di io anni, il ricordo di tanti uomini e donne innocenti che trovano la morte a bordo delle carrette del mare: «La spiaggia è affollata - scrive la piccola - non vedo che schiene e gambedi adulti. I grandi sono accalcati e impauriti. Mamma mi stringe forte a sé assieme a mia sorella. Ho paura. Saliamo a bordo e la barca parte». Rievocando così il senso di sgomento e di incertezza che accomuna quanti lasciano la sponda sud del Mediterraneo alla volta dell`Europa, il cardinale Antonio Maria Vegliò ha preso la parola durante la veglia di preghiera sul tema «Morire di speranza», svoltasi domenica sera, 22 giugno, nella basilica di Santa Maria in Trastevere.
Promossa dalla comunità di Sant`Egidio in collaborazione con le Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli), la Caritas italiana, la Fondazione Migrantes e il Jesuit refugee service, la veglia presieduta dal presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti è stata un`occasione per fare memoria delle tante vittime dei viaggi verso l`Europa lungo le rotte del Mediterraneo, che letteralmente - ha fatto notare il porporato - significa «centro del mondo» e da sempre rappresenta un crocevia di popoli e culture. Esso tuttavia «si è trasformato in questi ultimi anni in una drammatica rotta verso l`Europa, in una mappa segnata negli abissi da croci invisibili di innocenti, che hanno perso la vita su quelle "barche che invece di essere una via di speranza sono una via di morte », come ha denunciato Papa Francesco a Lampedusa lo scorso 8 luglio.
Tanti innocenti che avevano il «diritto di trovare un futuro migliore» e invece - ha detto il cardinale - sono stati «condannati dall`indifferenza umana a perdere la propria vita in mare».
Con le stesse parole del Pontefice il cardinale ha chiesto perdono per l`indifferenza di tanti fratelli e sorelle, per chi si è «chiuso nel proprio benessere», per coloro che con le loro «decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi», per tutto ciò che rende le persone «insensibili alle grida degli altri».
Questi sono drammi, ha affermato, che «potevano essere evitati». Si tratta di «tragedie annunciate da ormai troppo tempo e difficili da affrontare nella loro complessità», ma la speranza di «una vita decorosa e di un futuro di libertà per sé e per la propria famiglia merita soluzioni che impegnino l`Europa a difendere i diritti umani e la dignità dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo». TI porporato ha ricordato come ancor prima di rischiare la vita «alla mercé di scafisti senza scrupoli», il viaggio della speranza inizia via terra «per coloro che fuggono da situazioni di guerre, di persecuzioni, di torture e di estrema povertà».
Si tratta di rifugiati e richiedenti asilo somali, eritrei, sudanesi, afghani, siriani di tutte le età, «con un bagaglio enorme di sofferenza».
Sono uomini e donne che camminano per settimane anche attraverso il deserto e «affrontano tanti pericoli di morte, per raggiungere imbarcazioni cli fortuna sulle coste africane».
Il cardinale ha così rievocato il dramma di queste persone che affrontano il mare per raggiungere l`Europa. «Sono dolorose le immagini di barconi in avaria - ha detto - sovraffollati di uomini e donne, con tanti bambini». I più piccoli, ha aggiunto, «sono bimbi di pochi mesi, o di pochi anni, i più grandi sono adolescenti. Piccole testoline, una accanto all`altra, impaurite, stremate, che sempre più numerose fuggono dalla guerra in Siria. Arrivano disidratati, stanchi e con i vestiti bagnati».
Si tratta di una vera e propria «odissea per i più piccoli che non finirà una volta portati in salvo nei nostri porti dalla Marina militare.
Anche per loro, il futuro rimane incerto». L`Italia infatti, ha spiegato il cardinale Vegliò, «rappresenta solo una tappa e questi bambini, spesso non accompagnati, rischiano di cadere vittime nelle reti della criminalità organizzata mentre si fanno strada verso i Paesi del nord per ricongiungersi con parenti o conoscenti».
Il porporato ha concluso chiedendo un impegno condiviso per diffondere «la cultura dell`accoglienza e dell`ospitalità dei Paesi del Mediterraneo, perché questo mare nostrum diventi un simbolo di pace, un luogo di alleanza tra gli uomini contro ogni diffidenza ed estraneità».
Un luogo dove si possa udire «l`eco di espressioni di saluto, di incontro e di pace come: Sizadm, salam alaylcum (la pace sia su di voi). Pax imbiscum, la pace sia con voi».


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