(....) ATTORNO al tavolo del pranzo di Natale offerto dalla comunità di Sant'Egidio quest'anno saranno in 500, quasi il doppio dell'anno scorso. E tra i poveri della città, per la prima volta siederanno anche loro: commercianti, imprenditori della ristorazione, impiegati. Sono i nuovi indigenti di Palermo. «C'è - spiega Rosario Riginella, presidente del centro - chi non riesce a recuperare il fallimento della propria attività e finisce nella rete degli usurai, chi cade in bassa fortuna per una malattia in famiglia».
Il numero dei bisognosi cresce e ci sono volti nuovi. Cosa succede a Palermo? È solo crisi economica o c'è dell'altro?
«La verità è che siamo tutti a rischio. Il problema più grave è la solitudine. La rete degli affetti attorno a chi cade in bassa fortuna si assottiglia fino a scomparire. Parenti e amici si allontanano, lasciando solo chi ha bisogno di aiuto. Il sostegno dei familiari, degli amici, può rincuorare e infondere la forza di andare avanti. Da soli si fa presto ad abbattersi. Il pranzo di Natale è l'occasione per ritrovarci tutti insieme attorno a un tavolo che è luogo di incontro. In una sala ben addobbata, ricca di colori e calore».
Cortei di precari, l'albero di Natale che rappresenta la città tempestato dalle lettere di lavoratori senza stipendio, anche i giardinieri dell'orto botanico sono in agitazione.
«Ci sono anche lavoratori che si ritrovano senza luce e acqua in casa e vanno a vivere in macchina. Spesso arrivano da noi ma si vergognano a rivelarci la loro identità. All'opera pia Santa Lucia di via Belmonte e alla chiesa Santa Maruzza dei cancelli in piazza Beati Paoli accoglieremo a Natale anche tanti commercianti una volta titolari di botteghe al centro, ristoratori stritolati dai debiti, ma anche pensionati costretti a chiedere un sacchetto della spesa perché la pensione sociale non basta. Sosteniamo già circa 900 persone, ma è un numero destinato a crescere. Altri 300 sono in lista di attesa e arrivano da tutti i quartieri».
Una storia che le è rimasta impressa?
«Un giorno da noi, a chiedere il sacchetto della spesa, è arrivata la moglie del titolare di un ristorante importante della città. L'ho guardata, l'ho riconosciuta e lei si è messa a piangere raccontandomi tutto quello che stava passando».
Cosa fa per questa gente la comunità?
«Abbiamo la pretesa, direi il sogno, di diventare la famiglia di chi chiede aiuto. Il nostro è un atto di accoglienza. Per noi il povero è Gesù. È il percorso che abbiamo deciso di intraprendere nella nostra vita. Dobbiamo ricordarci di sorridere a chi tendiamo una mano. Impariamo a memoria tutti i nomi di chi raggiungiamo in strada, è gente che per settimane non sente pronunciare il proprio nome».
Qual è la cura per chi si trova in difficoltà?
«In questi ultimi due anni stiamo assistendo alle conseguenze della crisi, ma c'è una rinascita dei valori. Ci si sta rendendo conto che la solidarietà può essere la chiave di volta. Sta crescendo il desiderio di aiutare. È vero che i volontari sono di più a Natale, ma il cuore di Palermo batte anche negli altri mesi e in tanti, soprattutto tra i giovani, ci chiedono di partecipare al volontariato».(....)
Romina Marceca
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