Rose, 26 anni, con i figli Karlos e Marita, di 7 e 4 anni, siriani, sono morti annegati il 18 marzo di quest'anno vicino all'isola greca di Lesvos. Josef, marito di Rose, dopo aver visto annegare la moglie e i figli, si è tolto il giubbotto di salvataggio e ha seguito la sua famiglia inghiottita dalle onde. È una storia che non fa notizia, confusa tra le cifre di tanti naufragi.
Domenica 10 maggio i nomi di Rose, Karlos, Marita, Josef, assieme a quelli di molti altri, morti via terra e via mare nel tentativo di raggiungere l'Europa, sono stati ricordati nella veglia di preghiera "Morire di speranza", promossa dalla Comunità di Sant'Egidio, Acli e Associazione Popoli Insieme. Le stime parlano di più di 24mila persone annegate nel Mediterraneo negli ultimi anni.
Il Mediterraneo è oggi una delle frontiere più pericolose al mondo. Un grande cimitero, popolato di croci invisibili e sconosciute. Dall'estraneità deriva distanza e mancanza di compassione. Per questo ricordare nomi e storie, non è un di più. E una prima risposta alla globalizzazione dell'indifferenza di cui parlava Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa il 3 ottobre 2013.
Nei primi mesi del 2015 sono morte oltre 1500 persone dirette in Europa. L'Italia è tornata ad essere un Paese vicino a zone di guerra e, quindi, di arrivo e transito per coloro che cercano salvezza. Che fare? L'operazione Mare Nostrum, terminata a ottobre 2014, ha salvato oltre 170mila persone. Perché non andarne fieri? La sua fine non è coincisa con una diminuzione degli arrivi semmai con un aumento delle morti in mare. E' giusto fare chiarezza.
Accanto poi al dibattito rispetto all'emergenza, occorre avere una visione di prospettiva. In entrambi i casi pesa purtroppo la debolezza dell'Europa, frammentata e spettatrice di tante crisi alle porte. Due su tutte: la Libia e la Siria. Ad oggi, i siriani sono la prima nazionalità di profughi nel mondo, seguiti dagli afgani. Nel 2014 la Siria è stata la prima nazionalità degli sbarcati in Italia; 42.323 persone: uomini, ma anche donne, bambini e persino anziani. Eppure, la Siria non è tra le nostre preoccupazioni. Negli anni '90 una città divenne simbolo della guerra alle nostre porte, Sarajevo. Seguivamo con apprensione la sorte dei suoi abitanti assediati.
Oggi chi si mobilita per Aleppo? L'appello #savealeppo, lanciato dalla Comunità di Sant'Egidio, che ha raccolto tante adesioni, fatto proprio dall'Onu, non si è accompagnato a un cambio di passo dell'iniziativa politica. Spettatori delle guerre, spettatori delle tragedie del mare conseguenti a queste guerre. Per la guerra Josef e la sua famiglia, che erano di Aleppo, si trovavano su quella barca. Non rimanere insensibili alle storie degli uomini aiuta a capire la storia, ad avere un sussulto di coscienza. È necessario avanzare delle proposte che trovino spazio nel dibattito pubblico. Quella di creare postazioni umanitarie nei Paesi di transito ai quali i rifugiati possano presentare domanda per un visto di ingresso nei Paesi europei per "motivi umanitari" è un punto di partenza. Potrebbe ridurre traffici lucrosi, ma soprattutto tante morti.
Monica Mazzucato
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