Molto più che in occasione della crisi del debito greco, che ha occupato le prime pagine dei giornali per l'intera estate, l'emergenza profughi di queste ultime settimane pone l'Europa davanti a un bivio, il bivio della solidarietà, e chiama in causa la sua stessa ragion d'essere.
L'Europa se ne è accorta in ritardo: per mesi, per anni non ha voluto guardare il dramma umanitario che si svolgeva alle sue porte, al confine meridionale del Continente, nel Mediterraneo e nel vicino Oriente; ha cercato di minimizzarne la portata, di circoscriverne l'impatto ai soli Paesi frontalieri. Solo quando la brutalità delle immagini trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo ha rotto il muro dell'indifferenza, l'Europa ha smesso di guardare dall'altra parte ed ha reagito con un sussulto di responsabilità.
"Qualsiasi cosa dicano i programmi legislativi o di lavoro, oggi la priorità assoluta è e deve essere rispondere alla crisi dei rifugiati", ha detto davanti all'Europarlamento il presidente della Commissione Juncker, in un discorso che solo qualche cinico euroscettico ha definito grigio e burocratico. "Innanzitutto, ha affermato, si tratta di una questione di umanità e di dignità umana", e poi "di una questione di giustizia nei confronti della Storia", perché "noi europei dobbiamo ricordarci che l'Europa è un Continente dove quasi tutti un giorno sono stati rifugiati".
Umanità, dignità della persona, uguaglianza, giustizia, solidarietà, diritto di asilo, sono al centro della costruzione europea molto più degli spread, dei tassi d'interesse, dei mercati. Sono garantiti dalle disposizioni generali del Trattato di Lisbona che, sostituendo i precedenti protocolli, ha dato vita all'Unione Europea impegnandola, tra l'altro, ad assicurare misure appropriate per quanto riguarda asilo e immigrazione. Evocano valori che possono scaldare i cuori dei cittadini europei più degli indicatori economici, peraltro sempre insoddisfacenti.
Lo si è visto quando sono stati proprio i greci, gli ungheresi, gli austriaci, i tedeschi a dare uno spontaneo e concreto benvenuto alle migliaia di profughi che si accalcavano alle loro frontiere fuggendo dalle guerre, dalla fame, dalla disperazione. Ben prima, erano stati gli italiani - tanti cittadini comuni ma anche i militari della marina, le forze dell'ordine e i settori più lungimiranti della classe politica- a mobilitarsi da Lampedusa alla Sicilia, dalla Calabria alla Campania, per portare aiuto e offrire un riparo ai sopravvissuti alla traversata del deserto, al popolo dei barconi, agli scampati dalle insidie del Mediterraneo.
"I popoli europei, nonostante le loro paure, hanno mostrato un volto piuttosto ospitale verso i rifugiati", ha detto Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, che proprio nei giorni cruciali della crisi era riunita a Tirana in Albania, per discutere di pace, solidarietà e accoglienza in un Incontro internazionale cui hanno partecipato 400 leader delle religioni mondiali. I governanti sono arrivati più tardi, e la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha preso un'iniziativa coraggiosa dichiarando che la Germania non avrebbe posto limiti alle richieste di asilo di chi fugge da nazioni in guerra.
Poi la politica ha ripreso íl sopravvento, i governi hanno tentennato e si è coagulato un fronte, limitato quanto ostinato, di Paesi del Nord e dell'Est europeo, che continua a sollevare distinguo e a presidiare egoisticamente le proprie frontiere. Dopo l'Ungheria, la Slovenia ha reintrodotto i controlli; Austria e Germania hanno sospeso il trattato dí Schengen sulla libera.circolazione; lo spettro di nuovi muri minaccia l'Europa alle radici. "L'Unione europea è nata per abbattere i muri, non per costruirne di nuovi. Se oggi accanto a Italia, Francia, Germania e agli altri fondatori, ci sono altri paesi nella Ue, è perché qualcuno ha abbattuto un muro e dato possibilità di benessere, libertà e futuro", ha detto Matteo Renzi incontrando il presidente francese Hollande. Ora i tempi stringono. Mentre migliaia di profughi risalgono la penisola balcanica, e fra poco premeranno anche sulla frontiera di Trieste, i governi europei torneranno a riunirsi la settimana prossima, ancora per iniziativa di Angela Merkel, per tentare di dare uno sbocco politico alla crisi i manitaria.
Anche le ragioni di chi teme di non poter sopportare un impatto troppo violento dovranno essere tenute nel debito conto; ma non potrà essere ignorato l'ammonimento di papa Francesco: "E' violenza alzare muri e barriere per bloccare chi cerca un luogo di pace, respingere indietro chi fugge da condizioni disumane nella speranza di un futuro migliore". Lo ripeterà, fra pochi giorni, dalla tribuna delle Nazioni Unite. Posta di fronte al bivio della solidarietà, l'Europa deve ritrovare un cuore e una politica, a pena di ridursi ad un condominio litigioso.
Guido Rossa
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