Riccardi: «La chiesa di Francesco contro il conservatorismo»

Il convegno
Lo storico ed ex ministro: «I cattolici escono dal passato per cercare la fonte del futuro»

La Chiesa, anche quella salernitana, non ha futuro se non comprende e attua il messaggio di Papa Francesco. L'analisi che lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, propone nel primo giorno di lavori del convegno pastorale diocesano, tenutosi ieri sera nella palestra del seminario Giovanni Paolo II di Pontecagnano e presieduto dall'arcivescovo Luigi Moretti, è dura.
Chiamato a riflettere sul tema «La Chiesa oggi: un ospedale da campo», il relatore interviene contro il cosiddetto "tradizionalismo", il conservatorismo, il clericalismo: «È come avere la verità in tasca - dice - fai quello che hai sempre fatto e ti troverai bene. Così facendo ci stiamo abituando, senza dolore, ad una Chiesa di pochi. Ci stiamo abituando senza dolore, ed è il dolore più grande, ad una Chiesa con pochi giovani. Una Chiesa di pochi, duri, puri, perfetti, ma che come dice il Santo Padre ha uno stile di Quaresima e non vive la Pasqua. I cattolici però, per definizione, non sono tradizionalisti, ma escono dal passato per cercare il futuro. Ecco perché il Papa ci chiede di sintonizzarci con lui, uscendo dal nostro tempo»
Conservare, mantenere le cose come stanno, è certo più comodo. «Il conservatorismo nasce da una pigrizia pratica e spirituale, dal rifiuto del fare fatica per cambiare. Papa Francesco ci dice che dobbiamo abbandonare il criterio del si è fatto sempre così. Il conservatore è come il figlio maggiore della parabola del figliol prodigo, che si disinteressa del fratello, dell'altro, e non vuole seguire il padre nella sua tenera misericordia. La Chiesa deve cambiare per andare incontro all'uomo contemporaneo.
«La Chiesa - aggiunge Riccardi - sembra periferica a questo mondo. Il Papa è spesso sorridente, ma ha la consapevolezza del dramma che stiamo vivendo. Anche la fede diventa periferica, mentre prosperano fedi neoprotestanti. Eppure, anche in luoghi inaspettati, c'è sete di Dio, una religiosità diffusa, anche una religiosità popolare, che necessita di maturazione nel cammino di fede. Ma chi parla con chi ha un senso di Dio, ma non sa dove andare? Il popolo, soprattutto i giovani, ha sete di Dio, ma non ascolta più la Chiesa». La crisi della fede, l'incapacità della Chiesa di rispondere alle domande dell'uomo di oggi genera conseguenze negative per l'intera comunità umana.
«Viviamo - continua lo storico - in una società d'individui, in cui difficilmente si costruisce una famiglia, una società decomunitarizzata, di uomini e donne che vivono soli. E la solitudine genera anche nuovi crimini. Ho letto per esempio che, nel 2015, rispetto all'anno precedente, nella provincia di Salerno i reati commessi sono aumentati del 27%». La stessa salute di una società dipende dalla presenza concreta e attiva dei cristiani, non più chiusi nelle sacrestie. «È l'evangelizzazione - spiega ancora Riccardi - che umanizza le nostre terre. Senza Vangelo siamo uomini meno umani. Per questo noi abbiamo bisogno del messaggio di Papa Francesco. Non rendercene conto è cecità e pigrizia di vecchi che non hanno più interesse per il futuro, ma vogliono solo prolungare il proprio presente». C'è bisogno dunque di una Chiesa che sappia incontrare e capire veramente le persone.


[ Giuseppe Pecorelli ]