Sogni, paure e speranze sotto il muro dell'indifferenza. «Ora è un luogo di dialogo»

E l'accoglienza al Memoriale diventa dialogo tra religioni
Tra i quaranta profughi ospitati al Memoriale della Shoah

Una notte, tra gli immigrati, ospitati da Fondazione memoriale della Shoah e Comunità di Sant'Egidio al Binario 21 della stazione Centrale. Quaranta posti letto, docce, cena e colazione ogni giorno fino al prossimo autunno, come lo scorso anno dal 22 giugno al 14 novembre, con quasi cinquemila persone accolte vicino alla parola «Indifferenza» scolpita nel muro.
Sopra il soffitto di cemento si sentono i treni partire. È un rumore di tuono, solo molto più lungo. E ogni volta è una stretta allo stomaco. Col pensiero alle migliaia che da qui tanti anni fa partirono per Auschwitz e davanti agli occhi quelli che invece sono in viaggio oggi. Come Ahmed che ha 22 anni e arriva dall'Afghanistan: «Nel mio villaggio i talebani hanno tagliato la gola a troppi miei amici. Spero di arrivare in Germania e raggiungere mio fratello. Se non ci riesco so solo una cosa: che a casa comunque non posso tornare».
C'è Joseph che ne ha 29 e per approdare in Italia dall'Eritrea ci ha messo un mese: «È da quando sono ragazzo che sogno di andare a scuola. Ad Asmara però ti è permesso di studiare solo se accetti di fare il soldato. Alla fine sono scappato». È arrivato con cinque amici, il più magro di tutti ha un sorriso che spacca la penombra del Binario 21, si chiama Kayuma ed è al terzo piatto di riso: «London», dice. «E là che voglio arrivare».
Nel tavolo accanto un gruppo di donne, eritree anche loro. Sperano di riuscire a partire presto. Ma quest'anno, con le frontiere bloccate, le parole più ripetute sono proprio queste: «Speriamo», «vedremo», «non so». E' la parte in ombra della serata. L'altra - per dire di ieri - è una porta che si apre e un gruppo di boyscout che entra con le casse di frutta per il dopocena. Duecento persone in meno di un giorno, sono quelle che han chiamato per chiedere «posso aiutare?».
Non tutta l'ombra è fatta di buio. È la seconda stagione del Binario 21 aperto all'accoglienza notturna dei profughi. Fondazione memoriale della Shoah e Comunità di Sant'Egidio ancora insieme per unire accoglienza e testimonianza: 40 posti-letto, docce, cena e colazione ogni giorno dall'altro ieri fino al prossimo autunno, così come lo scorso anno dal 22 giugno al 14 novembre con quasi cinquemila persone ospitate negli spazi accanto al museo che Liliana Segre aveva voluto fosse dominato, al suo ingresso, dalla parola «Indifferenza» scolpita in lettere alte due metri e di fronte a cui questi ragazzi e ragazze provenienti dalla Somalia, dal Sudan, dall'Eritrea, dall'Afghanistan così come lo scorso anno soprattutto dalla Siria si fermano e chiedono «puoi tradurre?». E restano muti a guardare.
Roberto Jarach per la Fondazione e Stefano Pasta per Sant'Egidio spiegano che la principale differenza con l'anno scorso è proprio la questione delle frontiere chiuse. Perché stiamo parlando di uomini e donne la cui meta finale non sarebbe Milano ma quasi sempre il Nord Europa: «Infatti l'estate scorsa quasi tutti si fermavano una notte e il giorno dopo partivano. Quando arrivavano ci mandavano gli sms per dire "ce l'abbiamo fatta". Ora è diverso». Dei quaranta arrivati la prima sera una ventina si è ripresentata qui la seconda, senza alcuna certezza su domani. Dalle nove in poi arriveranno i nuovi inviati qui dall'hub di via Sammartini. Ad aiutarli ci sono - unici assunti regolarmente per la conoscenza dell'arabo, in mezzo al mare di volontari - due egiziani e un marocchino.
La Fondazione ha voluto che «dentro» il Memoriale - ed è la prima e unica installazione di questo luogo non direttamente collegata alla Shoah ci fosse un cartellone fotografico permanente con le testimonianze dell'anno scorso. Cose diverse, ovvio. Ma un simbolo forte. «È la rivincita della storia come insegnamento per il presente», sintetizza Stefano. Con il conforto di alcune cose come la partecipazione solidale di tante realtà diverse: «Tra i volontari - dice - oltre a noi e alla Fondazione ci sono parrocchie, associazioni laiche, al sabato viene la chiesa anglicana, e poi gli amici del tempio induista... L'Italia e l'Europa non son fatte solo di muri», dice. Sopra si sente partire un treno. Trema tutto. Ma si prova a dormire.


[ Paolo Foschini ]