Studenti e migranti in campo per l'integrazione, In 160 alla sfida sportiva tra calcio e pallavolo

Comunità di Sant'Egidio

Sport e integrazione. È il binomio messo in campo ieri dalla Comunità di Sant'Egidio che ha organizzato, al campo sportivo di via Orus, un pomeriggio dedicato al calcio a 8, pallavolo e staffetta. Una manifestazione promossa per il secondo anno, che la SantEgidio auspica diventi una tradizione. Sono 160 fra volontari, studenti universitari e richiedenti asilo, le persone che hanno aderito e si sono misurate nel torneo di calcio e negli altri sport. L'appuntamento era alle 14 per l'iscrizione e la formazione di quattro squadre contraddistinte da maglie verdi, blu, gialle e rosse, i colori della Comunità.
«Un'iniziativa che nasce dai giovani universitari di Sant'Egidio per i profughi ospitati in città. Ma c'è una rappresentanza dei richiedenti asilo accolti nell'hub di Bagnoli. Le squadre sono miste - spiega Mirco Sossai della SantEgidio - Questo in continuità con l'edizione dello scorso anno e con tutte le manifestazioni che si svolgono in Italia sotto il nome di "Sport for peace". L'estate scorsa a Catania i giochi sono durati tre giorni. Lo sport viene vissuto come integrazione».
Per tutto il pomeriggio i giovani si sono misurati con le diverse discipline sportive creando legami reciproci. La Sant'Egidio non si occupa di accoglienza in prima persona ma mette in campo attività e percorsi di integrazione che non passano solo attraverso lo sport ma anche, ad esempio, per corsi di italiano e attività lavorative. La Comunità si è sempre schierata a favore dell'accoglienza sostenibile, al centro del dibattito di questi giorni. «Abbiamo sempre sostenuto l'idea di accoglienza di Papa Francesco: ogni parrocchia una famiglia - afferma Sossai - Siamo convinti che questa sia una chanche per il nostro paese, forze nuove che arrivano. Si deve lavorare per la cultura della solidarietà e della reciproca conoscenza. Iniziative come "Sport for peace" creano simpatia e occasioni di incontro. Lo straniero è sempre percepito come un'entità diversa, invece i ragazzi stanno insieme, si guardano negli occhi e capiscono che sono tutti senza differenze».


[ Luisa Morbiato ]