Aleppo vuol dire pace

Andrea Riccardi / Religioni e civiltà
Aver distrutto questo patrimonio dell'umanità ha significato uccidere la speranza di conviverein Siria. Solo la sua ricostruzione apre al futuro.

Un'amica, proveniente dal Libano, mi ha regalato un libro fotografico, stampato nel 2004. È recente ma prezioso, perché ha fotografato un mondo che non esiste più. Quello di Aleppo, la più bella città della Siria, luogo reale e simbolico del vivere insieme, ormai distrutto. Ho capito perché spesso i libri conservano quello che gli uomini distruggono. Il libro è Alep, curato dal poeta siriano Adonis e dal fotografo brasiliano Carlos Freire: le immagini di un'Aleppo passata, perché oggi è un inferno tra cumuli di rovine, bombardata e divisa tra ribelli e governativi. Le fotografie di Freire ritraggono l'Aleppo di pochi armi fa, prima della guerra: la città orientale, quella della cittadella, dei suk e caravanserragli, delle scuole coraniche e dell'intrico di vie, dove tutto era, allo stesso tempo, monumento e vita. Ritraggono pure l'Aleppo nuova, cresciuta disordinata nel dopoguerra, senza perdere il suo carattere, in cui tutte le minoranze sono di casa.

(continua a leggere)


[ Andrea Riccardi ]