L'Onu: «Dimezzare gli sfollati»

Ban apre il primo vertice umanitario. Il Papa: nessuno resti indietro

La sfida è ambiziosa. Quanto urgente. Anzi, "rinnovare" il sistema di assistenza umanitaria in modo da renderlo più inclusivo è una priorità inderogabile. Non è solo una questione di etica, bensì di numeri, scritti nero su bianco dalle Nazioni Unite. Almeno 130 milioni di persone nel mondo hanno necessità di assistenza e protezione. Alla fine del 2015 erano 125: vuol dire che il dato cresce, al ritmo di un milione di nuovi bisognosi al mese. L'anno scorso si è raggiunto il record di profughi dalla Seconda guerra mondiale: 60 milioni. Ben 41.500 persone al giorno - ha calcolato l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) - sono costrette a lasciare il proprio Paese per salvarsi. Con questa consapevolezza, il segretario generale Ban Ki-moon ha convocato a Istanbul 57 capi di Stato e di governo - per l'Italia c'è il sottosegretario Mario Giro e quasi seimila delegati - politici, rappresentanti di Ong, organizzazioni internazionali, associazioni, studiosi - per il Primo summit umanitario mondiale, che si concluderà oggi. Un evento inedito, come la catastrofe in corso. «La sofferenza umana ha toccato dei livelli mai raggiunti dal secondo dopoguerra», ha affermato Ban.
Di fronte all'emergenza, però, nazioni e società non vogliono accontentarsi di denunciare l'enormità della tragedia. L'idea del vertice è quella di proporre un cambiamento concreto. Un primo obiettivo tangibile è stato delineato dallo stesso Ban: «Dimezzare entro il 2030 il numero degli sfollati». La chiave - è evidente - è l'adozione di politiche in grado di prevenire le guerre e fermare quelle in corso. Una questione particolarmente sentita da papa Francesco che, al termine dell'Angelus di domenica, ha ricordato l'appuntamento di Istanbul. «Accompagniamo con la preghiera i partecipanti a tale incontro perché si impegnino pienamente a realizzare l'obiettivo umanitario principale: salvare la vita di ogni essere umano, nessuno escluso, in particolare gli innocenti e i più indifesi», ha affermato il Pontefice. È il terzo riferimento all'evento in 5 mesi: Francesco aveva citato il Summit nel discorso con il corpo diplomatico dell'11 gennaio e durante il viaggio a Lesbo, il 16 aprile. Un'attenzione - ricorda il Sismografo- affatto casuale: il Papa è cosciente della posta in gioco a Istanbul. «Lancio al summit questa sfida: ascoltiamo il pianto delle vittime e di coloro che soffrono. Lasciamo che ci diano una lezione di umanità. Cambiamo i nostri modi di vita, le scelte economiche e politiche», ha chiesto ancora Francesco nel messaggio letto ieri all'incontro dal cardinale Pietro Parolin. Il segretario di Stato - che guida la delegazione della Santa Sede - ha ribadito la necessità del «disarmo» e di «investimenti nello sviluppo» per costruire una vera sicurezza. «Non possiamo negare che molti interessi impediscono soluzioni ai conflitti», ha proseguito, leggendo il messaggio di Francesco, «strategie militari, economiche e geopolitiche sfollano persone e popoli e impongono il dio del potere».
Proprio per questo, il Papa ha sottolineato che le società e ciascun individuo devono fare il «meglio possibile» - inteso nel significato gesuitico di qualunque sforzo - affinché «nessuno sia lasciato indietro» e nessun profugo resti «senza accoglienza». La valorizzazione della società civile - in tutte le sue componenti: caritative, assistenziali, culturali, religiose - è uno dei punti di forza del vertice. «Vi è la volontà condivisa della comunità internazionale di fare un passo in avanti - dice Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, presente a Istanbul-. Auspichiamo, però, che il tema delle migrazioni non sia affrontato solo in termini di emergenza. Questo è il presente. Il futuro si costruisce a partire dall'integrazione». Il Primo vertice umanitario non è stato, comunque, esente da polemiche. A cominciare dall'assenza di Medici senza frontiere (Msf) che, dopo aver lavorato al vertice, alla fine l'ha disertato, definendolo «un'occasione persa». Il presidente del Paese ospite, Recep Tayyip Erdogan, ha chiesto, inoltre, ad ogni nazione di «assumersi le proprie responsabilità» sui profughi e di non lasciare sola la Turchia che ne accoglie quasi tre milioni.
Anche Angela Merkel ha esortato la comunità internazionale ad assolvere i propri impegni. In un bilaterale a margine, però, il cancelliere tedesco non ha risparmiato a Erdogan caute critiche, ricordandogli che la Turchia ha necessità di un Parlamento forte e di media liberi. Un riferimento, per niente velato, al recente giro di vite del presidente. Ancora più esplicito il capo del Parlamento Ue, Martin Schulz, secondo cui Ankara vive un «allontanamento mozzafiato dai valori europei». Un fenomeno - sostengono gli attivisti - evidente anche nell'accoglienza dei rifugiati, spesso rimpatriati in modo abusivo in Paesi in guerra.


[ Lucia Capuzzi ]