Meno burocrazia, più stabilità. Calato il sipario sulla stagione mediatica degli sbarchi, della paventata invasione, dell'emergenza infinita, è tempo ormai di favorire l'integrazione di chi è in Italia da anni e qui intende costruire il futuro dei propri figli. E allora le chiavi per avviare «un'efficace politica migratoria» sono due: «La semplificazione della normativa», appesantita oggi da procedure gravose e onerose, e «la stabilizzazione del soggiorno», a partire dal riconoscimento della cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia. Il presidente della fondazione Cei Migrantes, monsignor Paolo Schiavon, vescovo ausiliare di Roma, lancia l'appello.
Lo fa alla presentazione del Dossier statistico immigrazione, realizzato dalla Caritas e dalla fondazione Cei Migrantes. «Non sono numeri», è il titolo scelto per questa 22a edizione. Un'apparente contraddizione, per un dossier statistico che fonda la sua autorevolezza tutta sui numeri. Ma sono numeri intessuti di «passione civile», sottolinea il ministro della Cooperazione e integrazione Andrea Riccardi, intervenendo alla presentazione assieme a coordinatore del dossier, Franco Pittau, e a monsignor Giancarlo Perego del comitato di presidenza del dossier. «Il ministro Riccardi non è stato reticente - dice monsignor Schiavon - quando ha riconosciuto che gli immigrati vedono la loro vita regolata da norme gravose, alle quali si aggiungono lentezze e ritardi burocratici, sia per l'ottenimento del permesso di soggiorno che per il rilascio di altri certificati».
Allo stesso tempo «non è trascurabile il problema dei costi dei permessi, ritenuti sproporzionati». L'altra rotta da seguire è quella della stabilizzazione, sottolinea il presidente di Migrantes: «È nell'interesse dell'Italia assicurare la stabilità del soggiorno degli immigrati e questo vale, a maggior ragione, per i figli nati in Italia da genitori stranieri, come richiesto dalla specifica proposta di legge popolare, sopportata da oltre 100 mila firme del mondo sociale ed ecclesiale, ma senza esito in Parlamento». E, auspicio allora è che nel 2013, «anno europeo della cittadinanza e anno di inizio di una nuova legislatura, si ponga nuovamente mano» a questa riforma. Il ministro dell'Integrazione sottoscrive l'appello. «Tutto il discorso immigrazione deve passare da un'impostazione difensiva, e dunque emergenziale - dice Andrea Riccardi - a una visione prospettica e dunque di priorità e opportunità». Dove priorità è «l'investimento sull'immigrazione», e opportunità è «il "ringiovanimento" del Paese».
Riccardi abbozza un bilancio del suo lavoro. Cita la regolarizzazione, che ha fatto emergere 135 mila posizioni in nero. Ma avverte: «Chi non si è inserito nel ravvedimento operoso incorrerà nei rigori della legge». Poi confessa il suo rammarico per la mancata approvazione della legge cittadinanza dei figli degli immigrati: «E davvero un peccato che si sia creata in Parlamento un'impasse legislativa a questo proposito». Questo governo tecnico avrebbe potuto fare di più? «La disseminazione delle competenze in materia fa sì che una cultura nuova, nel governo del fenomeno, fatichi a vedere la luce». Riccardi confessa che «lavorare su alcuni obiettivi è una fatica, perché in Italia ci sono troppe frammentazioni, mentre servirebbe una cultura dell'insieme». Molto resta da fare. «Si potrebbe andare verso una nuova legge che in parte ripensasse il Testo Unico del 1998.
L'immigrazione in questi 14 anni è cambiata e parecchio». Poi c'è «il riconoscimento dei titoli di studio» e gli «accordi di previdenza coi Paesi di provenienza, perché oggi gli immigrati anziani devono dimostrare di lavorare anche a 80 anni, in quanto la legge sul permesso di soggiorno non contempla altre possibilità». Riccardi ricorda un altro intervento del governo, immateriale ma altrettanto importante: «Rivendico all'esecutivo il merito di aver contribuito a un rinnovamento del linguaggio e dei toni utilizzati nei confronti dei migranti. E questo è importantissimo».
Lo studio
Presentato ieri l'annuale Dossier statistico immigrazione, realizzato dalla Caritas e dalla Fondazione Cei Migrantes. L'appello del vescovo Schiavon: per creare un'efficace politica migratoria occorre semplificare la normativa, appesantita oggi da procedure gravose e onerose, e stabilizzare il soggiorno
QUI LOMBARDIAA MILANO UN MINORE SU 5 È FIGLIO DI GENITORI STRANIERI
La regione italiana che ospita il maggior numero di persone straniere è laLombardia, dove gli immigrati regolari, a fine 2011, erano ben 1.178.000, pari al 23,5% del totale nazionale. Solo nel comune di Milano, gli stranieri iscritti all'anagrafe sono ormai 236.855 con un'incidenza sul totale della popolazione del capoluogo pari al 17,7%. Nel 2010, la percentuale aveva raggiunto il 16,4%. Questo significa, rilevano Caritas ambrosiana e Migrantes, che nella metropoli più di 1 residente su 6 è immigrato. Ma il rapporto aumenta ulteriormente se si prendono in considerazione i minori (0-17 anni): più di 1 su 5 a Milano è figlio di genitori stranieri. Essi sono 45.793 (in aumento rispetto ai 43.292 dell'anno precedente). Le aziende straniere operanti in Lombardia, hanno in prevalenza titolare rumeno (7.854), cinese (7.607), egiziano (7.520), marocchino (6.803) e albanese (5.315). Più della metà degli imprenditori stranieri in Lombardia sonoimpegnati nel settore artigianato (58,4%).
LA TENDENZA
LA STIMA: NEL 2065 GLI STRANIERISUPERERANNO i 14 MILIONI
«È il mondo della strada, di chi è in cammino che ha appassionato in questi ultimi anni la Migrantes. Al tempo stesso è il mondo della diversità, dell'altro che è al centro dell'interesse della Migrantes, sapendo che la "salvezza è sempre altrove", viene sempre da fuori, come ci ha ricordato un grande filosofo e storico come Michel de Certau». Ha usato queste parole il direttore della fondazione della Cei, monsignor Giancarlo Perego, per richiamare la missione e lo stile che caratterizzano l'impegno dell'organismo della Chiesa italiana. Si tratta di un impegno crescente visto che il numero di immigrati nel nostro Paese è in continuo aumento.
Gli italiani lo sanno ma mostrano, secondo l'Istat, un atteggiamento ambivalente verso gli immigrati. Da una parte ritengono che siano troppi, dall'altra «riconoscono che sono trattati peggio degli autoctoni, nonostante la loro presenza sia arricchente». In ogni caso, viene evidenziato dal Dossier presentato ieri, secondo le previsioni sul futuro demografico del nostro Paese, «nel 2065 la popolazione complessiva (61,3 milioni di residenti) sarà l'esito di una diminuzione degli italiani di 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite e 40 milioni di decessi) e di un saldo positivo di 12 milioni delle migrazioni con l'estero (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite): in questo nuovo scenario demografico gli stranieri supereranno i 14 milioni.