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4 Julio 2013

Dopo la visita del presidente Obama nel continente

Ma gli africani hanno bisogno di noi o noi abbiamo bisogno di loro?

E' necessario cominciare a ripensare l`Africa nell`orizzonte degli Stati Uniti e dell`Europa

 
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Ricordo un viaggio in Africa dopo l`elezione di Obama: notai ovunque una "obamamania". Tanti locali si intitolavano al presidente o inalberavano il suo ritratto. In Africa ci si aspettava molto dal primo presidente americano d`origine africana. In realtà, durante il suo primo mandato, Obama non ha fatto molto nel continente.
È stato il periodo in cui l`Africa ha conosciuto la forte espansione della presenza cinese. Alcuni osservatori sostengono che George Bush jr abbia fatto di più, come aiuti umanitari, di Obama. Ad esempio si nota oggi un certo ritiro americano dal sostegno alla cura dell`Aids, favorendo le realtà locali. L`Aids resta una piaga del continente, come la malaria. Per vivere, i malati necessitano di cure per tutta l`esistenza, mentre va interrotta la trasmissione del virus da madre a bambino. Forse l`assenza di un vigoroso investimento politico si spiega con il fatto che l`Africa è meno sentita con passione dall`opinione pubblica americana ed europea.
In Occidente c`è la crisi economica, che ci spinge a concentrarci su noi stessi. E poi l`Africa non è solo quella delle guerre, della fame e della malattia. Si dice che oggi ha meno bisogno di aiuti e che questi sono usati male.
È difficile, in Europa, far capire come la cooperazione allo sviluppo è allo stesso tempo un dovere e un interesse anche delle grandi economie in recessione.
L`economia africana cresce molto: nel 2014 il tasso si attesterà al 5,3%. Ma, come notano la Banca africana di sviluppo e l`Ocse, la crescita non basta per creare nuovi posti di lavoro e lottare contro la povertà.
C`è, inoltre, il drammatico problema della distribuzione del reddito: ci sono larghe masse di poveri a fronte di minoranze africane ricchissime. La corruzione attanaglia parecchi Paesi del continente, mentre la guerra o la
Ricordo stagliarsi, in quello stesso sito, la figura dolente di Giovanni Paolo IIguerriglia sono ancora una minaccia per vari Stati. Grandi povertà e grandi opportunità e ricchezze. In questo quadro, la presenza americana ed europea si debbono rimodellare ben lontano dal modello neocoloniale, così da diventare opportunità politica, economica e culturale.
L`immagine di Obama sulla porta della Maison des Esclaves dell`Isola di Gorée in Senegal deve essere il segnale di una nuova stagione. Ricordo stagliarsi, in quello stesso sito, la figura dolente di Giovanni Paolo II. Quella porta del dolore manifesta una (triste ma vera) storia comune.
Ho visitato una casa degli schiavi nell`isola di Zanzibar, utilizzata dagli arabi, anche loro sfruttatori degli africani. Il colonialismo, con le sue colpe, ha creato una storia comune espressa anche dalle lingue e dal meticciato culturale. Bisogna cominciare a ripensare l`Africa nell`orizzonte degli Stati Uniti e dell`Europa. È possibile che nel mondo globalizzato gli occidentali siano divenuti provinciali, dimenticando un continente dalle grandi opportunità e necessità?


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