«Il quinto pezzo alla montagna lo fioriscano rose e fior». Ha colpito la citazione che papa Francesco ha fatto del Testamento del capitano, famosa canzone di montagna che ricorda un caduto della Prima guerra mondiale. Sono stati circa 700.000 i morti di questa guerra, ma della maggior parte di loro non è stato ritrovato o conservato il corpo: a Redipuglia sono sepolte solo 40.000 spoglie di soldati identificati. Non è un caso che il papa argentino di origini italiane abbia scelto di celebrare il centesimo anniversario della Prima guerra mondiale ricordandone i caduti con una visita a questo famoso sacrario.
«Questo anniversario - ha scritto nel messaggio da lui inviato qualche giorno fa al meeting "La pace è il futuro" organizzato dalla Comunità di Sant`Egidio ad Antwerpen in Belgio - ci insegna che la guerra non è mai un mezzo soddisfacente a riparare le ingiustizie e a raggiungere soluzioni bilanciate alle discordie politiche e sociali.» In definitiva ogni guerra, come affermò papa Benedetto XV nel 1917, è una «inutile strage». Questa decisa condanna della guerra prende spunto da un evento del passato ma è stata scritta guardando al presente. «Se pensiamo agli innumerevoli conflitti e guerre, dichiarate e non dichiarate, che oggi affliggono la famiglia umana non possiamo rimanere passivi di fronte a tanta sofferenza, a tante "inutili stragi"».
La familiarità di Jorge Bergoglio con i poveri lo ha reso esperto di molte sofferenze, spingendolo a guardare gli eventi della storia nella loro prospettiva che, secondo il Vangelo di Matteo al capitolo 25, è quella del Regno di Dio. Proprio grazie a questa sua esperienza, Francesco ha grande realismo e lucide visioni. «Siamo nella Terza guerra mondiale, ma a pezzi» ha detto nel volo di ritorno dal suo viaggio in Corea, fotografando in modo inquietante ma veritiero il mondo attuale quale appare dall`Ucraina al Medio Oriente, dalla Libia alla Nigeria. Bergoglio, però, non accetta con rassegnazione questa situazione. «La guerra non è mai necessaria, né inevitabile. Si può sempre trovare un`alternativa: è la via del dialogo, dell`incontro e della sincera ricerca della verità».
Francesco non esclude che si debba fermare l`aggressore. Ma «quante volte, con questa scusa di fermare l`aggressore ingiusto, le potenze hanno fatto una vera guerra di conquista! Dopo la Seconda guerra mondiale, è nata l`idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere: "Come lo fermiamo?" Soltanto questo, niente di più». Fermare l'aggressore non significa tornare alle guerre di conquista.
Prima di Francesco, Giovanni Paolo II ha parlato di «ingerenza umanitaria». È solo un modo diverso per parlare di guerra? A questa domanda si danno oggi risposte diverse. Molte cose, però, sono indubbiamente cambiate rispetto a cento anni fa. La Prima guerra mondiale ha rappresentato il culmine della guerra tradizionale, combattuta prevalentemente tra Stati europei, a base territoriale e tendenzialmente omogenei sotto il profilo nazionale. Segnò la fine dei grandi imperi multinazionali e iniziò la diffusione in tutto il mondo del modello dello Stato nazionale europeo, per regolare i cui rapporti la guerra è diventata in modo sempre più evidente un mezzo "inutile".
Oggi si impone invece la novità dell`Isis, uno Stato che non c`è, che pretende contraddittoriamente di conquistare un territorio specifico sulla base di un principio universalista - il Califfato era tradizionalmente il riferimento comune a tutta l`umma dei musulmani - e che non tollera le minoranze, perseguitando cristiani, yazidi, curdi ed altri. Il grido degli oppressi chiede di fermare la violenza omicida. Forse non è solo per motivi propagandistici se oggi Obama non parla di guerra ma di azione antiterrorista: l`Isis è una disastrosa conseguenza di una guerra tradizionale, quella di George Bush contro l`Iraq di Saddam Hussein.
A Redipuglia Francesco incontra il premier Renzi, che ha appena visto il cardinale Parolin e gli altri neocardinali italiani. È facile pensare che prevarrà un clima di cordialità, più difficile invece prevedere la sostanza dell`incontro tra un papa così fuori dagli schemi ecclesiastici e così severo verso i politici e un presidente del consiglio così lontano dalle tradizionali questioni fra Chiesa e Stato e così estraneo ai legami del passato tra cattolici e politica. La novità di papa Francesco costituisce potenzialmente una risorsa importante, anzitutto sul piano delle prospettive internazionali, per un paese stanco e ripiegato come l`Italia. La politica italiana, però, non sembra essersene ancora accorta. C`è da augurarsi che nell`incontro tra Francesco e Renzi a Redipuglia qualcosa cominci a cambiare.
Agostino Giovagnoli
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