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Il Venerdì di Repubblica

20 Febrero 2015

L'inchiesta sul malaffare a Roma ha coinvolto anche il mondo delle cooperative. Così, tra appalti congelati e progetti azzerati, il sistema di accoglienza è saltato. E Termini per molti si è trasformata nell'unico approdo.

Effetti collaterali di Mafia Capitale

 
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ROMA. Comincia a piovere e teli di plastica ricoprono le tende. Olga sguscia dentro, sul materasso circondato da candele accese sotto un'immagine della Madonna. «È un po' disordinata, ma c'è una bomboletta a gas per riscaldarci e fare il caffè». Ivan, il suo compagno, è in giro a cercare abiti dismessi per il mercatino che allestiscono al mattino. Lei, minuta, capelli corti, volto segnato, è ucraina, lui serbo. «Ci siamo conosciuti qui per necessità, ci aiutiamo. Io sono vedova, a casa non torno». Olga faceva la badante, l'anziana è morta e lei non aveva i soldi per pagarsi un affitto. Dei suoi tre figli, la minore è barista a Roma: «Se fa i documenti potrò stare da lei. Ma forse sarei un peso, sono vecchia».
Fine di via Marsala, lembo estremo della stazione Termini verso piazzale Tiburtino. Notte d'inverno, quando il freddo punge e la più grande stazione italiana cambia pelle, da crocevia di viaggiatori diventa un gigantesco rifugio. Sugli ottomila homeless di Roma, quattrocento gravitano intorno al «quadrilatero», come le associazioni che distribuiscono pasti caldi chiamano il perimetro della stazione. Numeri variabili, «liquidi», ma in aumento costante. «La crisi si sente sempre più» racconta Renata Sciachì, da trent'anni nella Comunità di Sant'Egidio. «Gente che aveva una vita normale ha perso tutto e fa i conti con la fine dei risparmi». Quest'inverno, in più, c'è stato
«l'11 settembre della cooperazione»: chi lavora nel settore chiama così il blitz del 2 dicembre scorso che ha dato via all'indagine Mafia Capitale.
Sconvolto il mondo delle cooperative, congelati gli appalti, strozzati i fondi, azzerati i progetti. Trecento posti letto del Comune, cioè il 50% dei ricoveri di emerenza, sono stati bloccati.
«Molti sono tornati disponibili e ad altri si è supplito con l'aiuto del volontariato», spiegano al dipartimento Politiche Sociali del Campidoglio, guidato dal nuovo assessore Francesca Danese. Ma, sempre più Termini attrae come una calamita chi non ha altri posti dove andare.
Sotto a un lampione, in mezzo al piazzale dei Cinquecento, spicca un cumulo di coperte. Il volontario si avvicina: «Scusa Lucia, ti abbiamo svegliato...». Una testa emerge: «Anzi, mi fate compagnia, ho un po' paura». Per questo dorme isolata ma in piena luce. Il ragazzo spiega che al loro centro troverà doccia, lavatrice e taglio di capelli. «Proverò» sussurra lei, ma le mani tremano e il cioccolato caldo si rovescia.
Divisa in zone, Termini configura una mappa delle nuove povertà: anziani, cinquantenni licenziati prima di maturare la pensione, famiglie sfrattate, portieri che con il lavoro hanno perso la casa, immigrati dall'Est Europa e dall'Africa. In via Marsala stazionano ghanesi, nigeriani e indiani in transito per altri Paesi. Una fila di plaid, asciugamani, effetti personali strizzati nelle buste Ikea. Un uomo è avvolto nella stagnola dorata come un enorme uovo di Pasqua. Li sgomberano, loro tornano.
Dal lato opposto, in via Giolitti, c'è una baraccopoli di casette di cartone cucite col nylon che magicamente scompare all'alba. Nei giardini dormono tunisini e algerini, arrivati con lo status di rifugiati dopo le primavere arabe. Alla Vetrata - che non è la sala del Quirinale, bensì l'ingresso principale della stazione - sí accampano i più fragili, i più spaventati. Nel tunnel che taglia in due il complesso, sacchi a pelo sono posizionati tra i piloni, in mezzo a due corsie di traffico. Come si fa ad addormentarsi tra rumore e gas di scarico? «Conto le macchine» risponde il marocchino Alì.
Sul marciapiede si è formata la fila, i volontari della San Vincenzo de' Paoli smistano panini con frittata, vaschette di pasta e ceci, brioche, mandarini e tè bollente. «C'è dentro carne di maiale?» domandano i musulmani. Molti chiedono la seconda razione. Su duecento pasti, un terzo ha destinatari italiani. Quasi tutti dal Sud. Alla mensa di Sant'Egidio cinque anni fa gli italiani erano 90 su mille posti, oggi sfiorano i 300. In aumento i padri separati. Come Livio, che ha lasciato l'appartamento a moglie e figli: dorme in macchina ma deve pagare tasse e rate condominiali. «Poi ci sono i senza dimora «stagionali» - racconta Mario Urbinati della Caritas: «Spesso sono romeni o polacchi ex manovali del mercato dell'edilizia che ora è fermo. Se non si ricollocano, tornano a casa».
I volontari scuotono chi dorme, gelo e alcol in corpo sono una brutta combinazione. Maria è avvolta in uno scialle, indossa scarpe da uomo. Ha alle spalle una «separazione dolorosa», le figlie vengono a trovarla: «In ostello non vado, tengo alla mia libertà, anche se questa non è vita». Per le donne, a volte, la salvezza è la malattia che costringe a ricoverarsi. Aba in un anno e mezzo di lungodegenza ha preso cinque chili, ora fa fisioterapia al braccio stringendo ritmicamente un orsetto di pelouche.
Al piano di sotto, intorno alle scale mobili, i volontari allungano di soppiatto panini al pollo. Molti lamentano una stretta, per motivi di «decoro», sulla distribuzione di cibo all'interno della stazione: niente più piatti, e bisogna fare attenzione anche nel dare i panini. Ferrovie dello Stato, che gestisce un help center dentro la stazione, ha precisato che non c'è nessun divieto. «Abbiamo solo chiesto alle associazioni di coordinarsi per evitare sprechi di cibo e disagi ai nostri clienti» spiega Fabrizio Torella. «La logica del panino sul marciapiede è superata» ragiona, «ormai servono strutture che si prendano cura delle persone». A Guglielmo, per esempio, non dispiacerebbe: «Sono in lista di attesa da un anno per una stanza singola. A 8 euro a notte, con la mia pensione sociale di 636 euro ce la faccio. Lì se disturbi ti cacciano, e fanno bene».
Si è fatta l'ora in cui Termini chiude, tutti fuori. Guglielmo andrà all'Oratorio dell'Angelo Custode, aperto tutta la notte. Altri nei bar o nelle sale d'attesa degli ospedali. Quattro addetti alla sicurezza svegliano un ubriaco: «Dài Buba, non puoi stare qui, non fare finta...». Alla fine lo sollevano di peso. Le commesse dei negozi osservano la scena, forse impietosite, forse sollevate. Un uomo chiede invano un tramezzino al bar che sta chiudendo, si arrabbia: «Allora devo proprio rubare».
«Quando c'è la Messa per Santa Modesta?» chiede un ragazzo. Non è santa, ma è una di loro: Modesta Valenti, morta accanto ai binari nel 1983 dopo ore di agonia, l'ambulanza rifiutò di caricarla perché aveva i pidocchi. Una targa al Binario 1 la ricorda, per gli amici è leggenda: «Io le regalavo le sigarette», «Andavamo insieme da Mammina a prendere i pasti». Scolpito nel marmo della lapide si legge: «Perché nessuno sia più abbandonato». Gli homeless, invisibili ai più, apprezzano l'auspicio. Ma ricordano anche Karim, appena morto di freddo davanti alla chiesa del Sacro Cuore. E Valeria, gentile trans colombiana: il suo cuore si è fermato, il corpo è stato restituito per il funerale quattro mesi dopo perché non aveva documenti né parenti a richiederlo.-


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