Il Mediterraneo è divenuto un cimitero. Non solo di migranti per motivi economici, ma anche per chi fugge da guerra e insicurezza. Nei primi mesi del 2015, sono sbarcati in Italia 3.248 eritrei, 2.473 somali, 1.866 nigeriani, 1.579 siriani, 737 sudanesi e altri. Fuggono da guerre o situazioni impossibili. Altri sbarcati, come 1.592 senegalesi o 683 ivoriani, cercano una vita migliore. Per giungere da noi, hanno fatto viaggi lunghissimi, attraversando deserti, pagando pedaggi, presi in carico da gente senza scrupoli, umiliati e a volte torturati. Infine, in Libia, i mercanti della morte li hanno imbarcati sui barconi. Quanti sono morti! Perché questi rifugiati debbono compiere viaggi che sono vere e proprie scommesse della vita?
La prima questione non è se siamo in grado di accoglierli. Il Libano (4.500.000 abitanti) ospita 1.500.000 rifugiati siriani. Ci sono 811 mila profughi in Giordania, sei milioni e mezzo di abitanti. Non parlerei di sovraffollamento in Italia. Quando la guerra è alle porte, come quella in Siria e Libia, i vicini ne debbono sopportare il peso. Perché la guerra genera rifugiati. Per questo bisogna riportare la pace in Siria e in altre terre dove si combatte.
Ma ritorniamo alla domanda vitale. Perché questa gente deve rischiare la vita per essere accolta come rifugiati? Lavoriamo per evitare i viaggi in mare e le morti. La proposta, avanzata da tempo da Sant'Egidio e che trova la sua realizzazione con l'impegno della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, è di implementare le vie di accesso regolari per i rifugiati, cui sia riconosciuto il diritto di essere accolti. Per questo bisogna aprire uffici in Nord Africa dove vagliare le domande dei rifugiati, preparare liste e, infine, farli arrivare per via aerea in Europa. Ogni Governo europeo può concedere visti umanitari. Così si potrebbe anche programmare l'accoglienza dei flussi ed evitare l'emergenza. Già Sant'Egidio e gli evangelici italiani stanno per aprire un ufficio in Marocco. Se ne potrebbero fare anche in Libano e altrove. Può divenire un'iniziativa italiana e di ogni Paese europeo, che fisserebbe la sua quota di rifugiati da accogliere. È una concreta alternativa, che si accosta all'opera di cooperazione nei Paesi d'origine. Bisogna creare qualcosa di nuovo e non continuare a subire gli eventi.
Andrea Riccardi
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