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21 Junio 2015

Tiburtina: la solidarietà agli eritrei

Mobilitazione di Caritas, parrocchie e famiglie romane. La situazione torna alla normalità dopo l'emergenza. Centro Baobab, punto di riferimento per centinaia di migranti «Eccezionale la risposta della città» Fibbi: chiusura delle frontiere ha aggravato i problemi

 
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Jones è eritreo. È diretto in Germania. Per lui, come tanti, Roma è solo di passaggio. Aspetta di avere i soldi per il viaggio in treno. È alla ricerca di un paio di pantaloni e vuole parlare con la volontaria impegnata a smistare alcune delle centinaia di buste piene di viveri e vestiti arrivate in questi giorni.
E' l'ora di cena al centro Baobab di via Cupa, a due passi dalla stazione Tiburtina. «Ora la situazione sta tornando alla normalità - dice don Marco Fibbi, parroco di San Romano - ma nelle scorse settimane qui c'erano circa 800 migranti. Tutto è iniziato intorno al 12 aprile, quando sono arrivati gli sbarchi maggiori. Tantissimi eritrei, una volta arrivati a Roma, sono stati accolti al villaggio di Ponte Mammolo, gestito da loro connazionali. Il 10 maggio erano in 450 - racconta don Marco -. Il giorno dopo il campo è stato sgomberato, così il Centro Baobab è diventato l'unico punto di riferimento. La chiusura delle frontiere poi, ha prolungato quest'emergenza».
La cena doveva essere all'aperto ma la pioggia ha rovinato il programma. C'è confusione ma ordinata: i volontari, tantissimi, si occupano di far rispettare la fila per la cena. Uomini, donne con bambini, donne incinte, ragazzi che si spacciano per maggiorenni quando non lo sono. Ognuno di loro, in questi giorni, ha trovato un pasto caldo, un luogo per riposarsi, ha conosciuto tanta solidarietà, una parola buona, un sorriso. «Non sono state giornate semplici - ammette Daniel Zagghay, responsabile del Baobab -. Questo è un centro di accoglienza per 200 migranti, gestito da migranti. Non ci siamo mai
occupati di chi transita ma, vista l'emergenza di questi giorni, abbiamo deciso di "sfidare" le istituzioni e aprire il centro a chi era di passaggio a Roma. Abbiamo avuto non pochi problemi, tra cui il collasso della rete fognaria, ma alla fine siamo riusciti ad accogliere tutti».
L'emergenza è stata affrontata interamente da volontari, parrocchie e dalla rete della Caritas romana. «La città non è stata informata - dice don Marco - e, evitando sterili polemiche, è stato evidente che le istituzioni non si aspettavano un flusso di tale portata. Solo la scorsa settimana, quando i media hanno iniziato a parlare della situazione nelle stazioni, allora, i cittadini si sono mobilitati e hanno iniziato a portare viveri e vestiti. Senza sosta».
«La risposta di Roma è stata eccezionale e bellissima - ammette Zagghay -. Per noi che viviamo ogni giorno questa realtà la vera scoperta è stata proprio la città, la sua parte invisibile, fatta di persone solidali, sensibili che hanno voluto affrontare i problemi di chi ha bisogno, mettendoci la faccia». Solo da qualche giorno, proprio per dare man forte al centro di via Cupa, è arrivata la Croce Rossa che, all'interno dell'atrio est della stazione Tiburtina, ha allestito una tendopoli da 140 posti. Intanto, anche ora che l'emergenza è finita, la corsa della solidarietà non si arresta. Caritas Roma continua a cucinare la cena tutte le sere, per circa 700 migranti. «Non siamo all'anno zero - è il commento di monsignor Enrico Feroci, presidente di Caritas Roma -: le emergenze di questi giorni ci chiedono di rinnovare il nostro impegno».
Per i migranti di via Cupa anche le parrocchie della zona si coordinano tra loro per portare viveri e vestiti. I parrocchiani di 
Sant'Ippolito hanno riempito due pulmini con latte, molto richiesto, e biscotti e ora hanno iniziato una nuova raccolta di vestiario, in particolare biancheria intima. La Comunità di Sant'Egidio ha aperto un nuovo punto di raccolta nel centro scout di via Sant'Ippolito 15, a 500 metri dal Baobab, per ricevere i doni portati dalle famiglie. Ogni sera, dalle 19 alle 21, organizza un'animazione per i bambini ospiti. Il Comune di Roma, come reso noto dall'assessore alle Politiche sociali Francesca Danese, ha realizzato in via Cupa un punto informativo per i migranti.
«Non possiamo fermarci - dice Aimen, libico, da quattro anni in Italia per studiare, che appena ha saputo dell'emergenza ha deciso di andare al Baobab per aiutare -: alcuni di questi migranti percorrono migliaia di chilometri di deserto per arrivare al mare. Sono tornato due mesi fa nella mia terra e la situazione è disastrosa. Non potevo rimanere fermo. Anche se la mia speranza è quella di tornare in Libia. È il mio Paese, è casa mia, e so che un giorno tornerò».



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