È una scuola dove si impara il valore della convivenza fra persone di diversa nazionalità, etnia e religione, «perché vivere insieme è possibile». Una scuola dove ricevere aiuto e dove imparare a darlo, «perché c'è sempre qualcuno che ne ha più bisogno». Una scuola dove invece che parlare alla pancia delle persone, «come fa certa politica», si è scelto di parlare al cuore, «un organo che sta più in alto, che pulsa e che ci rende tutti uguali». È la Scuola della Pace, un'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio che si rivolge ai bambini delle scuole elementari, dai 6 agli 11 anni, e che viene animata esclusivamente da ragazzi delle superiori, tutti volontari, che hanno scelto di impegnare il proprio tempo libero a favore degli altri, di chi è straniero, di chi soffre e vive in una condizione di povertà, «intesa nel senso biblico del termine, senza alcuna accezione classista».
Questa scuola di inclusione ha permesso allo storico movimento di muovere i primi passi anche a Trieste, a partire dal 1989. «Eravamo un gruppo di studenti del Petrarca - ricorda Emanuela Pascucci, responsabile del progetto e del Centro di solidarietà della comunità fondata da Andrea Riccardi - intenzionati ad andare incontro ai poveri, a tendere loro una mano». Mentre il muro di Berlino veniva fatto a pezzi, questo manipolo di giovani liceali si proponeva di abbattere il muro dell'indifferenza che quasi sempre isola le persone svantaggiate. «Biglietto dell'autobus alla mano - continua Pascucci -, partivamo alla volta di Valmaura per incontrare i figli dei lavoratori della Ferriera, molti dei quali emigrati dal Sud. Diventavamo per loro dei fratelli maggiori, pronti a dare una mano nei compiti e a vivere insieme la quotidianità».
A partire dal 2001, «un anno che ha rappresentato uno spartiacque per la società», la scuola ha iniziato a incrociare il flusso delle migrazioni, a partire da quelle provenienti dai Balcani. La periferia urbana, quella dei quartieri più popolari, è diventata una periferia esistenziale, quella richiamata da Papa Francesco, dove si incrociano le solitudini. Oggi la Scuola della Pace accoglie una cinquantina di bambini, provenienti dai Paesi del Maghreb, dai Balcani e dall'Asia. Due volte alla settimana, nei locali della parrocchia Santa Teresa Bambin Gesù, fra i 20 e i 25 ragazzi delle superiori triestine si prendono cura dei loro bisogni, non solo scolastici. «Accogliamo bambini stranieri - continua Pascucci -, ma anche italiani, perché altrimenti non potremmo parlare di integrazione. Giochiamo, studiamo e conosciamo le rispettive culture di appartenenza».
I bambini della scuola si impegnano anche in favore dei più poveri, mettendosi a disposizione per la preparazione dei panini da distribuire ai senzatetto e "adottando" uno dei tanti nonni che si trovano da soli nelle case di riposo. «Questa esperienza ci riempie, ci fa stare bene - raccontano i due giovani volontari Daniele Plesnik e Francesca Quaia - , ci permette di imparare dal linguaggio universale dei bambini»
t.s.
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