“Il sogno di una nuova vita”

Intervista a Sulejman e Yasmine, i primi siriani arrivati in Italia attraverso il progetto dei “Corridoi umanitari”

Sono stati i primi ad arrivare in Italia attraverso il progetto dei Corridoi umanitari. Una iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, delle chiese Evangeliche in Italia e della Tavola Valdese, con la collaborazione del Governo italiano. Un protocollo di intesa raggiunto senza modificare la legislazione sull'asilo, ma utilizzando l’articolo 25 del regolamento europeo dei visti che prevede l’emissione di permessi umanitari a un elenco di soggetti fragili: donne, bambini, malati, in fuga dalla guerra. In questo modo si arriva in Europa senza essere costretti  ai “viaggi della morte” nel Mediterraneo. La famiglia di Sulejman e Yasmine viveva tranquilla ad Homs, nel centro della Siria. Lui lavorava come elettrotecnico, lei faceva lezioni private di inglese e arabo,  due bambini da accudire, Falak e Hussein. La prima con una grave malattia all’occhio, curata in Giordania e ben tenuta sotto controllo. Finché due anni fa, come tanti siriani, hanno raggiunto il Libano, un Paese di 4 milioni di abitanti che ospita un milione e mezzo di rifugiati. E come se in Italia arrivassero 23 milioni di profughi.
Perché siete scappati dalla Siria?
Ad Homs c’erano i bombardamenti, non si poteva andare in giro, la vita era sempre più difficile. Poi un giorno una bomba ha raso al suolo la nostra casa, siamo vivi per miracolo. Siamo dovuti fuggire  all’improvviso, senza niente, avevamo solo gli abiti che portavamo addosso, abbiamo perso tutto quello che avevamo. E ci siamo rifugiati a Tripoli, nel nord del Libano in un garage preso in affitto, perché in quel Paese la spesa per abitare in una casa è altissima e non potevamo permettercelo.
Com’era la vita in Libano?
Mio marito riusciva a fare qualche piccolo lavoretto - dice Yasmine – e così riuscivamo ad andare avanti. Ma il momento più difficile è stato quando ci siamo accorti che a nostra figlia si è ripresentato il tumore all’occhio e si è dovuta operare in Libano. Da quando è scoppiata la guerra hanno chiuso la frontiera con la Giordania e non siamo più potuti andare a fare i controlli, e così si è ripresentata la recidiva senza che ce ne fossimo accorti. Lei era così triste, non potevamo farla curare se non privatamente a carissimo prezzo, possibilità che non avevamo.
E poi cosa è successo?
Un giorno alcune persone della Comunità di Sant’Egidio sono venute a vistarci nel nostro garage. Avevano saputo della nostra storia, e ci hanno proposto di venire in Italia senza passare per il mare. Ricordo ancora i loro nomi: Maria, Simone, Luciano. Ci hanno aiutato a fare i documenti e all’improvviso si è aperto il cielo.  Ricorda il giorno del viaggio da Beirut a Roma?
Si non lo dimenticheremo mai. Avevamo paura perché sapevamo di tanti che erano morti per mare, le notizie ci arrivavano attraverso internet e facebook. La mattina presto sono venuti a prenderci con un bus e ci hanno portato all’aeroporto di Beirut, dove ci hanno dato da mangiare e ci hanno spiegato cosa sarebbe accaduto. Il viaggio con l’aereo è stato bellissimo, i bambini erano contenti e guardavano il panorama dal finestrino. Il mare lo abbiamo visto mentre atterravamo all’aeroporto di Fiumicino, e così siamo arrivati a Roma.
E come vivete ora? 
Abitiamo a Trastevere, la nostra bambina Falak è curata al Bambin Gesù uno dei migliori ospedali pediatrici. E poi andiamo a scuola per imparare l’italiano. Qui abbiamo trovato una grande famiglia.
Pensate di tornare in Siria?
Abbiamo lasciato la nostra patria perché c’era una brutta guerra, ed è terribile vivere e abituarsi alla guerra. Ancora oggi tante persone muoiono, gli uomini vengono arrestati, nessuna zona è più sicura. E poi non c’è più lavoro. No, non pensiamo di tornare in Siria, perché non abbiamo più una casa, non abbiamo più nulla. La guerra cambia tutto, la casa, la vita.
Qual è adesso il vostro sogno?
Vogliamo iniziare una nuova vita per i nostri figli, per il loro futuro. Noi adulti l’abbiamo conosciuta una vita felice,  i bambini no. Sono vissuti solo con la guerra e la compagnia della paura. L’Italia è bellissima e la gente è meravigliosa. Ora vogliamo costruire qui il nostro futuro. Grazie Sant’Egidio, grazie papa Francesco.

 


[ Antonio Mattone ]