Stasera, alle 19,30, nella chiesa di Santa Chiara, in via Garibaldi, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, si terrà una veglia di preghiera per ricordare Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul, i quattro bambini rom morti nel rogo della loro baracca, a Roma, la sera del 6 febbraio.
Un gesto di affetto e di accoglienza per tutti i Rom e i Sinti che, nel nostro Paese, sono messi ai margini e sperimentano la durezza dell’esclusione e della negazione, persino dalla vista. Sgomberati a forza da un campo non autorizzato senza un’alternativa migliore. Spinti a riparare in spazi nascosti, lontani dai centri abitati e, proprio per questo, privi di tutto ed esposti ad ogni sorta di rischio.
Una preghiera che è un abbraccio e una denuncia, un modo per dire che è intollerabile la morte - e una morte tanto atroce - di bambini la cui unica colpa è di essere poveri. Poveri al punto da riscaldarsi dando fuoco all’alcol versato in una pentola. Una tragedia annunciata per chi vive in una baracca di legno e cartone.
Una veglia che è anche un modo per ricordare che i bambini, tutti i bambini, anche i piccoli rom, hanno gli stessi diritti degli altri coetanei. Che sono poi i diritti fondamentali all’acqua, alla casa, alle cure mediche, all’istruzione. Un modo per gridare che si muore anche di noncuranza e di inefficienza, perché a Roma i fondi per la realizzazione di un campo degno di questo nome erano stati stanziati. Stanziati, ma non spesi, forse per ignavia, forse per assecondare l’ostilità diffusa contro i rom al fine di accrescere il consenso politico. Ma anche di questo si muore, anche di questo si uccide. E’ accaduto a Roma, e può accadere ovunque, anche a Catania dove il 24 dicembre scorso un incendio è scoppiato tra le baracche di Zia Lisa. Senza vittime, per questa volta.
Stasera, in silenzio, penseremo a questo, nella veglia di preghiera per Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul e per le loro madri straziate e dignitose, capaci di parole di ringraziamento per i tanti che hanno sentito vicino, a partire dal Presidente della Repubblica la cui carezza si è impressa nei nostri cuori come l’immagine di una possibile Italia migliore.